da repubblica.it – MILANO – L’addio ai contanti ha l’aspetto di una marcia lunga e lenta. Il 30 giugno 2014, infatti, è entrata in vigore la norma che impone a commercianti e professionisti di “accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito”, quando la somma è superiore ai trenta euro: una legge che – tuttavia – non ha spinto l’utilizzo della moneta elettronica, anche perché sprovvista di sanzioni per il mancato utilizzo.
E così chi già aveva il Pos ha continuato ad usarlo, mentre tra quelli che ne erano sprovvisti, solo una sparuta minoranza ha deciso di adeguarsi: d’altra parte la maggioranza dei consumatori neppure sa che il pagamento con il bancomat oltre i trenta euro è un diritto e quindi non lo fa valere. Chi ci prova, invece, trova la resistenza di quanti senza rischiare di incorrere in sanzioni continuano ad aggirare la legge. Risparmiando in questo modo una cifra che oscilla tra i 25 e 180 euro annui per l’installazione del Pos, oltre ai costi variabili legati ai prezzi delle transazioni.
“Il problema non è nelle sanzioni, ma piuttosto nella cultura” dice Sergio Boccadutri, deputato e responsabile per l’innovazione del Pd: “Molti non sanno che le frodi rappresentano lo 0,022% delle transazioni in Italia, una dato inferiore alle media Sepa che è allo 0,039%, eppure tanti hanno ancora paura di essere in qualche modo raggirati. Poi c’è il grande terrore di perdere il controllo della grande spesa, ma oggi si può controllare tutto via internet. Dovremmo fare di più a livello di comunicazione, servono delle pubblicità progresso. Oggi la spinta all’utilizzo della carta di credito è visto solo in un’ottica di lotta all’evasione fiscale, in realtà sarebbe in grado di attivare tante economie di scale facendo risparmiare tutti”.
Basti pensare che secondo gli ultimi dati di Bankitalia la gestione del contante tra le indennità di cassa, i trasporti e la sicurezza costa circa 10 miliardi euro: il 48% è in carico alle banche che a loro volta lo riversano sui propri clienti. Insomma un gatto che si morde la coda. Qualcosa, però, inizia a muoversi. Basti pensare ai nuovi tetti imposti dalla Ue alle commissioni: 0,3% per le carta di credito, 0,2% sui bancomat. In questo modo i margini di profitto si spostano dalle banche agli esercenti che però restano reticenti, anche perché gli istituti di credito non hanno intenzione di rinunciare alla loro fetta di guadagno.
“Eppure – prosegue Boccadutri – i pagamenti mettono in moto notevoli economie di scala: velocizzano lo scambio di beni e servizi, con vantaggi anche per la pubblica amministrazione”. Basti pensare – per esempio – al costo delle fatture non pagate: un studio recente ha rilevato che il 64% dei piccoli e medi esercenti nel Regno Unito ha a bilancio fatture non pagate per almeno 15mila sterline, il 4% per oltre 50mila per un costo complessivo di circa 8,2 miliardi, molto più di quanto costerebbe dotare ogni negozio di un Pos. Peggio: secondo un altra ricerca inglese i commercianti perderebbero oltre 120 milioni di transazioni l’anno per non accettare pagamenti diversi dai contanti.
Dai professionisti, però, è partita una levata di scudi contro l’obbligo di legge, mentre il senatore Piero Aiello (Ncd) ha presentato un disegno di legge che preveda incentivi per chi si mette in regola e sanzioni per chi viola le norme.Un meccanismo – quello degli incentivi – sostenuto anche da Boccadutri che in una proposta di legge suggerisce la “limitazione dell’uso del contante e la promozione dell’impiego di strumenti di pagamento elettronici” anche attraverso “un sistema di detrazioni per i pagamenti elettronici, magari come funziona per le spese medica fissando una franchigia minima, ma resto contrario alle sanzioni punitive. Se l’85% avviene ancora per contanti la questione è puramente culturale”. E probabilmente di infrastruttura.
Nel frattempo anche la Francia si prepara a limitare l’utilizzo dei contanti a mille euro, l’Italia, invece, vorrebbe chiedere alla Bce di togliere dal mercato le banconote da 500 euro che per l’80% sono usare a riserva di valore. Ma il vero limite alla crescita dei pagamenti elettronici è rappresentato dai 14 milioni di persone che non hanno un conto corrente. “La svolta per i micropagamenti – conclude Boccadutri – potrebbe arrivare dal telefonini. Circa il 90% della sim in circolazione è ricaricabile e gli italiani si fidano del cellulare”. D’altra parte il mercato già inizia a muoversi in questa direzione da Apple Pay, a Vodafone e Tim che permettono di pagare attraverso il proprio telefono. Ma con loro ci sono anche le start up come Payleven che con un dispositivo ad hoc riescono a trasformare il telefono in un Pos a tutti gli effetti, ma senza un canone d’affitto: “Si paga una piccola commissione per ogni transazione, la soluzione ideale soprattutto per piccole attività e quelle stagionali” dice l’ad Alberto Adorini