Il 18 maggio, dopo la lunga sospensione delle relazioni sindacali per la vertenza relativa al rinnovo del CCNL, sono ripresi a Modena – con l’illustrazione del nuovo Piano Industriale da parte dell’AD Vandelli e del DG Togni – gli incontri tra le Delegazioni Sindacali e quelle aziendali del Gruppo BPER.
Nonostante sia ancora presto per comprendere nello specifico tutte le ricadute dei vari progetti contenuti nel Piano Industriale, abbiamo elementi sufficienti per affermare che gli obiettivi perseguiti da BPER, con tale documento programmatico triennale, sono principalmente rappresentati dal contenimento dei costi e – ancora una volta – quelli del personale. Ciò è reso evidente dal numero di esuberi dichiarato, una riduzione di risorse pari a 581, dalla chiusura di 130 sportelli in tutto il territorio nazionale, dall’alleggerimento del peso e delle funzioni di numerose filiali, attraverso la trasformazione in filiali “
Hub & Spoke” o meglio, in italiano, modello capogruppo-agenzie. A ciò si aggiunge la programmata eliminazione di 370 unità organizzative centrali e la chiusura nei Poli di BperServices di cinque strutture di back office e di una di middle office, le cui ricadute, se realizzato integralmente quanto previsto nel Piano Industriale, inciderebbero profondamente sui profili inquadramentali e sulle prospettive di crescita professionale. Tutti questi processi costituiranno – lo ribadiamo – specifico oggetto di confronto e di accordo nelle previste procedure contrattuali.
La chiusura degli sportelli e la trasformazione delle filiali sopra descritta, unite al programmato sviluppo della multicanalità, inducono a ritenere che il Gruppo abbia individuato un target di clientela capace di utilizzare i moderni strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, finendo per penalizzare, invece, un settore ancora non maturo per tali strumenti, come quello rappresentato, per esempio, dagli anziani, dai pensionati, dalle piccole imprese e dagli artigiani che – soprattutto nel meridione e nelle isole – rappresenta una larga parte della clientela del Gruppo. Si scommette, in altri termini, sull’acquisizione di clientela nuova e diversa (ma solo potenziale) e si abbandona a se stessa (con il concreto rischio di regalarla ad altri operatori del settore) quella oggi concretamente esistente, per la quale sarebbe socialmente corretto ed economicamente interessante studiare, individuare e realizzare una gamma di servizi rispondenti alle esigenze dalla stessa rappresentate.
Ci chiediamo se la strategia sottostante a tali scelte sia coerente con la vocazione propria di una Banca popolare che si sostiene di voler conservare e con le affermazioni di principio di BPER in ordine alla particolare attenzione verso il territorio e le famiglie, o non rappresentino, invece, un modo per trasformare definitivamente anche il nostro Gruppo in una specie di “negozio” di prodotti finanziari da banco e di assicurazioni, nel quale si dimentica o si trascura la funzione di tutela del risparmio e di sostegno dell’economia reale di cui il Paese ha particolare bisogno in questo momento e che il sistema creditizio dovrebbe anche costituzionalmente assicurare.
Questo orientamento rischia di peggiorare il clima aziendale e aumentare le pressioni commerciali, già consistenti, nonostante la percezione dei dirigenti del Gruppo che tendono a negare o, perlomeno, a sottovalutare il fenomeno; i lavoratori, infatti, continueranno ad essere chiamati a rispondere a campagne commerciali sempre più spinte, invece che essere formati ed orientati verso la comprensione delle necessità delle aziende, la consulenza, la valutazione del merito creditizio e l’erogazione ponderata ma effettiva del credito.
Da questo punto di vista è significativo un fenomeno che riteniamo paradossale: da un lato BPER afferma che la qualità del credito (e, quindi, del costo in termini di accantonamenti) rappresenta uno dei problemi più gravi per il Gruppo; si dice – da parte aziendale – che superare tale criticità rappresenterebbe il vero core-business. Dall’altro, però, invece che destinare risorse e tempo per perseguire quest’obiettivo, si impegnano i lavoratori in continue e pressanti campagne commerciali, si organizzano gare a premi per la vendita di carte di credito, polizze etc, tanto da precostituirsi il pretesto per esternalizzare la gestione del credito anomalo “perché in rete nessuno lo fa!”.
I carichi di lavoro della rete e la lentezza ed inefficacia di molti processi produttivi rendono evidente la necessità che si concretizzi in maniera più celere e apprezzabile il processo di miglioramento organizzativo e di efficienza, che erano alla base del Piano Industriale precedente e che sono rimasti in gran parte un obiettivo non raggiunto, e che vengano realizzati coerentemente e presto gli investimenti informatici previsti da quello nuovo.
Il confronto tra le parti si apre in questo quadro generale e vedrà impegnati Gruppo e Sindacato nei confronti contrattuali finalizzati a governare concordemente le ricadute sui lavoratori conseguenti alla realizzazione dei progetti contenuti nel Piano Industriale; da parte nostra lo faremo confermando la volontà di tutelare i diritti dei lavoratori e perseguendone costantemente gli interessi, con lo spirito critico e insieme costruttivo che ci ha sempre caratterizzato.
La controparte è perfettamente consapevole del fatto che, qualora il PI si rivelasse nel concreto una pura e semplice manovra sul Personale (riduzione degli addetti, riduzione dei costi, inasprimento delle condizioni di lavoro, aumento dei carichi di lavoro, della discrezionalità aziendale etc), le OO.SS. di Gruppo sarebbero impegnate con determinazione a contrastarne l’attuazione e a cambiarne il segno.
Nel corso dei tre giorni di incontro, oltre alla illustrazione del Piano Industriale e ad un primo sommario confronto sullo stesso, si è avuto il tempo di la necessità di un accordo quadro analogo a quello del 15 settembre 2012 che ha accompagnato la gestione del piano precedente e di dotarsi di uno strumento di gestione del confronto (protocollo per le
relazioni sindacali) che consenta di affrontare questo difficile triennio con una dialettica tra le
parti sempre aperta a tutti i livelli.
Nell’accordo saranno regolati – come nel 2015 – il piano di esodi e di accesso al fondo (periodo di apertura, condizioni di accesso, incentivi etc) e la mobilità sia territoriale che professionale insita nei “cantieri” del Piano Industriale (distanze, regole applicabili, formazione, sostegno economico etc).
Considerate le numerose procedure contrattuali previste (circa 70), e i relativi tavoli di confronto, saremo in grado di avere informazioni puntuali e specifiche su ciascun progetto solo nel momento in cui si aprirà – tempo per tempo – il relativo confronto. Riteniamo indispensabile sin d’ora che ci venga illustrato il progetto nella sua globalità, non limitato alla mera comunicazione della scansione cronologica dei singoli progetti, condizione questa per valutarne da subito e tempo per tempo la coerenza con gli obiettivi annunciati.
Allo stato siamo in grado solo di informarvi che la controparte ha ipotizzato diverse soluzioni relative al perimetro di uscita (esodi e fondo), affermando, comunque, che perimetro arriva a coprire per ora il periodo fino alla prima metà del 2020, ma la tempistica di uscita non sarà immediata; in altri termini, le prime uscite nel fondo, contrariamente alle previsioni non saranno a breve, presumibilmente decorreranno dal 1° gennaio 2017. Esiste altresì l’ipotesi che la durata di accesso al Fondo sia prorogata, ma in questa seconda ipotesi le uscite tale creerebbero disequilibri dal punto di vista territoriale.
E’ doveroso ribadire, comunque, che su questa materia, come su tutte le altre insite nel Piano Industriale, le questioni non sono ancora definite e le soluzioni finali saranno individuate attraverso un confronto serrato tra il Gruppo e le OO.SS. finalizzato al rigoroso rispetto del nuovo Contratto Nazionale (al vaglio in questi giorni delle assemblee dei lavoratori) e, lo ribadiamo, ad individuare soluzioni rispettose dei diritti e delle aspettative dei lavoratori. Per raggiungere questi obiettivi è già stato fissato un articolato calendario di incontri, che riprenderanno il 10 giugno e che continueranno (con incontri bisettimanali) sino alla prima settimana di agosto.
Nell’impegnarci a tenervi costantemente informati dell’andamento del confronto, dobbiamo doverosamente richiamare l’attenzione sul fatto che l’iter di attuazione del Piano Industriale potrebbe essere rallentato e/o modificato per effetto delle presumibili vicende societarie relative alla nuova normativa delle Banche Popolari.
Modena, 27 maggio 2015
Segreterie di Coordinamento Gruppo Banca popolare dell’Emilia Romagna
FABI FIRST/CISL FISAC/CGIL SINFUB UIL C.A. UNISIN