Banco di Sardegna: Una mano lava l’altra… e tutte e due lavano la faccia

La parola crisi deriva dal greco, e significa decisione, scelta. E’ sempre periodo di scelte, ma per il Banco di Sardegna questo momento lo è in particolare. Scelte che solitamente si dà per scontato siano di esclusivo appannaggio del Management e pertanto che da loro dipenda il futuro della nostra azienda.
Il Direttore Generale ha più volte detto che “il Banco siamo noi”, i lavoratori. Da ciò si deduce facilmente che senza il nostro contributo qualsiasi scelta adottata, per quanto geniale e innovativa, non potrà sortire gli effetti desiderati. E la nostra scelta, soprattutto ora, è quanto mai scontata, ed è quella di contribuire nel miglior modo al conseguimento dei migliori risultati possibili, per garantire al Banco ed indirettamente a noi e alle nostre famiglie un futuro dignitoso.
E’ bene però ricordare al Management che, analogamente a quanto detto sopra, tutti i buoni propositi di noi lavoratori nulla possono se le scelte fatte dai vertici non contribuiscono ad agevolare le condizioni lavorative per conseguire i risultati auspicati.
A titolo puramente esemplificativo ma non esaustivo, qui di seguito alcune tematiche che se per il Management possono sembrare di poco conto, rappresentano per la rete la (triste) quotidianità, allargando la “battaglia” quotidiana per i clienti e contro i concorrenti a “scontri” con le inefficienze della propria azienda:
1) Dotazioni tecnologiche: da più parti si segnala l’impatto devastante del passaggio al sistema Windows 7 sull’operatività di filiale: stampanti bloccate, stampe in bianco, rallentamenti nella operatività di sportello. A prescindere da quali siano state le problematiche di ordine tecnico-tecnologico, è evidente a tutti che tale passaggio si sia pianificato con una certa approssimazione (che auspichiamo non si ripeta in futuro), sottovalutando i consistenti disagi arrecati alle filiali. A questi disagi contribuisce la obsolescenza di buona parte delle dotazioni hardware (stampanti e lettori assegni su tutti) e gli ormai insostenibili ritardi nell’assistenza telefonica e gli insostenibili ritardi nell’assistenza telefonica, una vera emergenza che colpisce in egual misura gli utenti, con risposte che spesso superano l’ora, e gli operatori, sommersi da valanghe di richieste. Tutti (piccoli?) ostacoli (tutti centimetri persi, direbbe Al Pacino in “ogni maledetta domenica”, film tanto caro ai motivatori) che ci allontanano dagli obiettivi commerciali con i quali ci confrontiamo quotidianamente. Per tutti questi motivi ben pochi colleghi, se non nessuno, hanno colto l’ironia dei filmati postati sulla intranet con l’obiettivo di ingenerare l’attesa per chissà quale grande rivoluzione in arrivo.
2) Modello Divisionale. Fatta la scelta di dotare tutti i colleghi della rete di un portafoglio clienti, ad oltre un anno di distanza non si è ancora proceduto a dimensionare organici e portafogli su livelli realmente gestibili secondo quanto previsto e richiesto dal Modello adottato. Continuano a permanere situazioni di portafogli sovradimensionati e (raramente) sotto-dimensionati, e risulta incomprensibilmente difficoltoso, se non impossibile ottenere una modifica anche parziale dei ruoli all’interno delle filiali per cercare di compensare tali squilibri. Infine, vista la insufficiente copertura dei ruoli previsti, e pertanto l’evidente impossibilità di sostituire i colleghi in caso di assenze straordinarie (maternità, malattia lunga), svariate situazioni si vanno cronicizzando, con evidenti ripercussioni sui risultati tanto agognati. Vista la situazione descritta, passa in secondo piano la non sufficiente formazione erogata in fase di avvio del modello divisionale, troppo distante dalle reali necessità.
3) “Guerra alla concorrenza”: continuo e prioritario è diventato il sollecito all’acquisizione di nuova clientela. Visto dal basso, somiglia tanto a un invito ad uscire a combattere con le armi spuntate. Un esempio su tutti: da dieci anni la clientela imprese richiede (ed ottiene da altri istituti) conti a pacchetto con spese forfetarie. Questa nostra lacuna implica, in caso di difesa, notevoli perdite di tempo (altri centimetri) per rinegoziazioni personalizzate; in caso di sviluppo, estenuanti negoziazioni prima con il potenziale cliente, e poi con Aree e Direzione Mercati, con ulteriori consistenti perdite di tempo (stavolta metri…). Infine, pare difficilmente comprensibile la logica della strategia adottata in ambito surroghe, dove si accetta di perdere un cliente rifiutando una rinegoziazione minima a fronte di un ridotto impiego di tempo, per poi concentrare risorse sull’acquisizione di nuova clientela alla quale riconosceremmo gli stessi bassi tassi, con notevole dispendio di tempo ed energie.
4) Pressioni Commerciali: Pressioni Commerciali: non vogliamo qui ripetere le ottime argomentazioni di un recente comunicato unitario ma solo mettere in evidenza un aspetto che il management tende a sottovalutare: quando le sollecitazioni superano il limite e diventano pressioni, gli effetti sono i seguenti: i più sensibili, si ammalano, quelli che danno il massimo si arrendono, molti altri perdono gli stimoli, con la conseguenza che non cresce la produttività di nessuno e ne risulta spesso ridotta quella complessiva. Perciò le pressioni commerciali non sono un metodo di governo ma uno degli ulteriori ostacoli al lavorare bene, e vanno annoverate tra le inefficienze di questa azienda.

Per concludere. Comandante (Management), siamo tutti nella stessa barca. Noi (lavoratori) abbiamo tutti voglia di remare (chi più chi meno per carità). Lo facciamo da anni e siamo fiduciosi di riuscire a superare la tempesta. Ma se non ci aiutate a rimuovere, se non tutti, buona parte di questi ostacoli, non saremo mai messi nelle condizioni di rimanere a galla, raggiungere, e perché no superare le altre barche concorrenti.

“Se vuoi costruire una barca non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”.
Antoine de Saint-Exupéry

Comunicato

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