da GoNews.it – Quasi 6 miliardi di euro. A tanto ammontano le autorizzazioni all’esportazione di armamenti italiani rilasciate dai nostri governi verso i Paesi in conflitto nel periodo dal 2001 al 2011. Di questi, circa 5 miliardi hanno già realizzato il corrispettivo regolamento bancario. E’ la “boom economy”, l’economia non solo del nuovo miracolo economico rappresentato dall’esportazione di armi made in Italy, ma del loro utilizzo esplosivo nelle zone di maggior tensione del pianeta. Lo rivela un meticoloso studio dal titolo provocatorio: “Boom Economy: banche, armi e paesi in conflitto” che verrà presentato mercoledì 4 marzo, alle 18,00, presso la Sala Consiliare del Comune di Prato. La ricerca, realizzata grazie al sostegno di FISAC-CGIL TOSCANA, è stata condotta dai ricercatori e collaboratori dell’Osservatorio sul Commercio delle Armi (Os.C.Ar.) di IRES TOSCANA (Chiara Bonaiuti, Giorgio Beretta e Franco Bortolotti) col contributo degli analisti di Merian Research (Mauro Meggiolaro e Francesco Zoppeddu). Interverranno Massimo Carlesi (Tavolo per la pace), Matteo Biffoni (Sindaco di Prato), Diego Viti (Segretario Generale Fisac CGIL Prato), Anna Maria Romano (Fisac Cgil Toscana), Fausta Thogersen Saiani (CGIL Prato), Nancy Bailey (rappresentante Commissione per la Pace e i Diritti del Comune di Bagno a Ripoli – Statunitensi contro la guerra Firenze), Marcio Monzane (Capo Dipartimento UNI Finance (Global Union – Settore Finanza), Alessio Atrei (immagini e vignette). Si tratta di un commercio tutto legale – non si tratta qui di traffici illeciti – perché espressamente autorizzato dai vari governi che si sono succeduti alla guida del nostro paese. Ma quali sono i “paesi in conflitto armato” che vengono finanziati e, soprattutto, quante e quali armi italiane vi sono state inviate e quali istituti di credito hanno concesso i loro servizi per le maggiori operazioni in questo lucroso, e ovviamente poco pubblicizzato, business? “Distribuire armi in contesti instabili, fomentando violenza diffusa – ha dichiarato Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia – è prima di tutto un problema di sicurezza”. Soprattutto alla luce dei quasi 900 milioni di euro che l’Italia ha ricavato dalla vendita di armi nelle zone calde del Medio Oriente e del Nord Africa. Armi e milioni che rischiano di finire nelle mani sbagliate, di coloro che sosteniamo di voler combattere. Soprattutto considerato che nel corso della primavera libica tali equipaggiamenti sono stati ampiamente saccheggiati non solo dai ribelli, ma anche da forze jihadiste che hanno minacciato direttamente l’Italia nel corso delle ultime settimane.
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