[Prosegue dall’articolo pubblicato il 7 gennaio 2015]
I risultati rispecchiano in buona parte quanto emerge dalla ricerca condotta da BCG; le imprese italiane intervistate da GfK Eurisko identificano infatti tra i principali
benefici:
-stimolo alla innovazione di prodotto/servizio
-stimolo alla innovazione del processo produttivo
-riduzione dei costi attraverso il risparmio energetico
Quali sono i temi chiave della Sostenibilità:
• le persone: formazione e sviluppo, salute e sicurezza, attenzione verso i dipendenti, piano e azioni sulla diversità;
• la comunità: iniziative a contenuto sociale, beneficenza, azioni di engagement con le istituzioni locali, volontariato professionale;
• il mercato: soddisfazione dei clienti, attenzione al rapporto con i clienti e con tutti gli stakeholder, ricerca e innovazione.
The Economist ha evidenziato, in maniera puntuale che le iniziative realizzate in ambito ambientale, sociale e di governance riguardano principalmente la tutela dell’ambiente (riduzione di consumi energetici ed emissioni); seguono le persone, la comunità e il mercato. L’approccio delle aziende italiane rispetto a quelle internazionali appare meno integrato con il core business e nei modelli organizzativi.
Nei prossimi anni le Aziende realizzeranno interventi in ambito principalmente ambientale, con forti impatti sulla riduzione dei costi, seguiti da interventi su persone, mercato e comunità. È interessante sottolineare che la tipologia di intervento programmato è la stessa degli interventi già realizzati; questo indica una continuità nei programmi aziendali ed una coerenza nella definizione dei programmi di sostenibilità.
Fonte: Economist Intelligence Unit, The sustainable future – Promoting growth through sustainability, The Economist intelligence Unit Limited 2011. Essi sono, nell’ordine:
1) accrescere l’efficienza energetica
2) salute e sicurezza dei dipendenti
3) rendicontazione generale e trasparenza verso tutti gli stakeholder
4) offrire prodotti e servizi ecocompatibili
5) promuovere i rapporti con le comunità locali
6) adesione alle leggi e alle pratiche anti-corruzione
7) riduzione di altri fattori inquinanti
8) riduzione delle emissioni di CO2
9) promuovere la diversity e l’inclusione nel personale dell’azienda
10) riduzione dei consumi idrici
11) trasparenza nella scelta del board e negli incarichi del board
11) trasparenza nella remunerazione del board.
Confrontando le previsioni espresse nel 2009 con gli interventi registrati nel 2012, si rileva in generale che le aziende hanno effettivamente realizzato quanto preventivato. Gli unici scostamenti riguardano le persone, per le quali si è fatto meno di quanto promesso, e l’ambiente, per cui si è verificato il fenomeno contrario.
azioni e programmi (in ordine di priorità)
Tematiche interventi realizzati, interventi in programma:
ambiente • tutela ambientale •
• riduzione dei consumi energetici • riduzione degli impatti ambientali
• riduzione delle emissioni • riduzione dei consumi
• utilizzo di energie rinnovabili • utilizzo di energie rinnovabili
persone • formazione e sviluppo • diversity
• salute e sicurezza dei lavoratori • formazione
• attenzione verso i dipendenti •
• piano e azioni sulla diversità •
• bilanciamento vita privata-vita lavorativa
• salute e sicurezza sul lavoro
• beneficenza • confronto con associazioni locali
• azioni di engagement • beneficenza
con le istituzioni locali • volontariato professionale
• volontariato professionale
mercato • soddisfazione dei clienti • trasparenza
• attenzione al rapporto con i clienti e con tutti gli stakeholder
• ricerca e innovazione
Governance • certificazione SA8000 • codice etico e politiche ad hoc
Come evolve il ruolo della funzione human resources?
“Nella logica di assicurare un elevato standard di qualità della vita ai lavoratori,applicare soluzioni di work life balance attivando un programma di welfare aziendale”
“Grande attenzione da prestare al mondo dei giovani, in particolare ai progetti di valorizzazione, avviare percorsi di crescita ‘personalizzati’ dedicati ai giovani e ai talenti presenti in azienda”
“Motivazione individuale e valorizzazione della diversità, due driver importanti per la crescita del patrimonio ‘risorse umane’ presente in azienda”
Lo scenario con cui le aziende si confrontano quotidianamente le pone nella condizione di dover affrontare, con crescente attenzione, i temi relativi alle proprie persone. L’aumento dell’età pensionabile, il necessario contenimento dei costi, la nascita di iniziative di welfare aziendale che si affiancano al tradizionale sistema di welfare proposto dallo Stato e la gestione dell’entrata della generazione Y (tutti i dipendenti con un’età inferiore ai 30 anni) all’interno delle organizzazioni, impone alle aziende, e in particolare alle funzioni che si occupano della gestione delle risorse umane, la necessità di individuare soluzioni innovative.
Emerge quindi come gli interventi realizzati dalle imprese per la gestione delle nuove sfide seguano principalmente 4 assi:
-
motivazione e sviluppo della cultura aziendale
-
formazione e percorsi di carriera personalizzati
-
welfare aziendale
-
azioni rivolte all’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa.
È importante sottolineare il fatto che le aziende rispondano a questa domanda rendicontando le iniziative che stanno realizzando in questi mesi facendo molta fatica a proiettarsi nei prossimi anni probabilmente anche per effetto della novità dell’argomento.
Lo scenario con cui le aziende si confrontano quotidianamente le pone nella condizione di dover affrontare, con crescente attenzione, i temi relativi alle proprie persone, individuando soluzioni innovative. Le imprese coinvolte sono però ancora nella fase iniziale dello sviluppo di progetti su tale tematica.
Come si posiziona l’Italia nell’indice di competitività sostenibile?
L’indice di competitività sostenibile è stato elaborato da RGA, in occasione della ricerca condotta nel 2009, al fine di classificare i Paesi sulla base dello loro impegno nei confronti della sostenibilità. Per costruire l’indice erano stati selezionati, all’interno della base dati del Word Economic Forum, gli indicatori che più si avvicinavano ai fattori di successo d’impresa e ai benefici della sostenibilità individuati dalle aziende intervistate. Erano dunque stati scelti indicatori del WEF che rappresentassero le aree relative al mercato, alle persone e alla reputazione. La scelta degli indicatori è stata confermata anche in quella indagine, non solo per garantire la possibilità di un confronto con quanto emerso nel 2009, ma soprattutto perché il mercato è stato individuato dagli intervistati come primo fattore di successo e primo beneficio della sostenibilità, le persone sia come secondo fattore di successo che secondo beneficio della sostenibilità e la reputazione come terzo beneficio della sostenibilità. L’indice di competitività sostenibile è stato calcolato per gli stessi 31 Paesi individuati durante l’indagine precedente, inserendo anche la Russia, al fine di avere, oltre a un rappresentante per i cinque stadi dello sviluppo e alla più ampia rappresentanza dei Paesi sviluppati come l’Italia, anche tutti i Paesi BRICS. Nonostante abbia un PIL tra i primi 10 Paesi oggetto livello di competitività sostenibile. Il confronto tra l’indice di competitività e l’indice di competitività sostenibile conferma l’esistenza di una forte relazione tra sostenibilità e produttività. E’ possibile rilevare come gli Stati Uniti d’America e il Giappone abbiano un elevato PIL e un buon posizionamento in termini di sostenibilità; esiste poi un raggruppamento dei paesi Occidentali (Germania, Gran Bretagna, Francia, Canada) con un valore del PIL confrontabile con quello dell’Italia, ma con un posizionamento in termini di sostenibilità migliore rispetto a quello del nostro Paese.
È interessante notare che i Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), caratterizzati da un’elevata popolazione, un vasto territorio, abbondanti risorse naturali e una forte crescita del PIL, hanno, a eccezione della Russia, un posizionamento in termini di sostenibilità simile tra loro; in particolare, la Russia registra performance peggiori rispetto alle altre quattro nazioni in tutte le aree che compongono l’indice di competitività. Si nota inoltre che, tra le nazioni con un basso PIL, i paesi sviluppati hanno un elevato posizionamento in termini di sostenibilità. L’Italia si posiziona quindi tra i Paesi con un basso livello di competitività sostenibile, ancor più basso dei BRICS, avendo comunque un PIL tra i primi 10 dei Paesi oggetto d’analisi.
Analizzando nel dettaglio la situazione dell’Italia emerge che nel corso del triennio il nostro Paese, rispetto al panel considerato, ha perso una posizione. In particolare, alle voci “accountability” e ”trasparenza dei consigli di amministrazione” e “investimenti in formazione e sviluppo”, l’Italia è penultima prima dell’Egitto, mentre per “meritocrazia nel top management” è terzultima prima di Egitto e Bangladesh. Consideriamo il fatto che il numero di Paesi inseriti nel report dal WEF nel 2009 è minore rispetto al numero di Paesi considerati all’interno del report 2012, anche se non è possibile individuare con esattezza le cause della discesa dell’Italia in questa classifica. Tuttavia, analizzando le differenze dei posizionamenti dell’Italia tra il 2009 e il 2012 per ciascuno dei 17 indicatori considerati, emerge che è fortemente aumentata l’intensità della competitività nel mercato nazionale, sono aumentati in maniera minore, ma comunque significativa, la qualità delle “management school” e la meritocrazia nei processi di selezione dei manager.
È inoltre importante sottolineare come, nonostante le imprese italiane abbiano aumentato i loro investimenti in R&S rispetto al 2009, si registri una forte diminuzione per quel che concerne la capacità delle imprese di ricorrere all’utilizzo le nuove tecnologie.
Al fine di verificare l’esistenza di un legame tra sostenibilità e competitività è stato confrontato, per ogni Paese, l’indice di competitività globale, calcolato dal World Economic Forum, con un indice di competitività sostenibile. Il risultato di tale confronto, mette in evidenza come questo legame esista e sia molto forte. Tuttavia non è possibile stabilire se sia la sostenibilità a generare un forte impatto sulla competitività, oppure se sia la competitività a determinare la sostenibilità.
L’indice di competitività è costituito da tre sotto-indici che rappresentano i requisiti base (stabilità macroeconomica, sviluppo istituzionale, sanitario e infrastrutturale), l’efficienza (sistema educativo, efficienza e sviluppo del mercato, dei beni, finanziari e del lavoro) e l’innovazione per ogni Paese.
Conclusioni:
La responsabilità sociale è etica o etichetta? Nel 2009 si poneva decisamente sul versante dell’etichetta. Ora si può affermare che qualcosa è cambiato. E’ emerso, infatti, che per le imprese intervistate è il mercato e non più la reputazione, la principale area che beneficia della sostenibilità. Rimane comunque da segnalare che le tipologie di iniziative implementate dalle aziende italiane afferiscono in primo luogo all’ambiente, alle persone e alla comunità e, solo in ultimo, al mercato. Nella situazione odierna è quindi molto difficile, e forse continuerà a esserlo, identificare una “ricetta magica” che delinei un set di azioni e investimenti volti a sfruttare al meglio le potenzialità, in termini di successo sul mercato, delle azioni di sostenibilità.
Che fare dunque? Alla luce dello scenario emerso, che vede un aumento della forbice tra le aziende che continuano i propri percorsi di sostenibilità e quelle che abbandonano il campo, crediamo che esista una soluzione win-win, un investimento che indipendentemente dal contesto e dal settore in cui si opera si ripaga nel tempo. Tale tipologia di investimento è identificata da Eccles dell’Harvard Business School nella” cultura della sostenibilità”, che la riconosce come il principale fattore che ha permesso alle aziende High Sustainability di eccellere sul mercato, raggiungendo perfomance economiche e finanziarie migliori rispetto a quelle Low Sustainability.
Possiamo quindi affermare che la cultura della sostenibilità paga, in ogni caso: sia per quelle imprese che ancora investono nella sostenibilità, preparando il terreno interno per ottenere il massimo dei risultati dalle azioni implementate, sia per quelle imprese ancora alla finestra, in cui questo tipo di interventi possono contribuire ad aumentare il commitment e la motivazione dei dipendenti. Come Einstein suggeriva “non si possono risolvere i problemi con lo stesso modo di pensare che li ha generati”. Investire nella cultura della sostenibilità può quindi essere un primo passo per la costruzione di fondamenta comuni a tutta l’azienda, condizione essenziale per integrare la sostenibilità nel core business aziendale, evitando iniziative calate dall’alto la cui efficacia è a rischio sin dalla loro nascita.