Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Una giornata “vitale”, è il caso di dire, considerando che la violenza è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne in Europa e nel mondo, prima delle guerre, degli incidenti stradali o del cancro.
Le statistiche ci dicono che, con 179 donne uccise, il 2013 è stato l'”anno nero” nel nostro Paese, il più cruento degli ultimi sette, con un incremento del 14% rispetto al 2012. Sempre nel 2013, quasi il 70% dei femminicidi è avvenuto in famiglia, il 92,4% per mano di un uomo.
Parliamo di statistiche ben sapendo che non si è ancora riscontrata una vera volontà politica nazionale a raccogliere dati che possano fornire una rappresentazione qualitativa e quantitativa del fenomeno, che consentirebbe di presentare un rapporto annuale dei risultati e di porre le basi per l’istituzione di un futuro Osservatorio nazionale sulla violenza contro le donne.
Ma la morte è solo la dolorosa punta dell’iceberg del triste fenomeno, quella che non può essere occultata o negata. La violenza è drammaticamente più diffusa e capillare, prende molteplici forme e si manifesta in innumerevoli contesti: dalla violenza fisica a quella psicologica, nei rapporti affettivi o in quelli sociali, in ambito domestico o lavorativo. Donne offese, tormentate, ossessionate, maltrattate, picchiate, violentate dai fidanzati, mariti, compagni, ma anche da uomini respinti o dai padri o fratelli a seguito di scelte di vita non condivise.
La violenza sulle donne non è quindi un’emergenza che si risolve solo con leggi specifiche, comunque necessarie, ma è un fenomeno strutturale della nostra società che attiene ai rapporti tra uomini e donne, e può essere sconfitto solo partendo dall’eliminazione delle discriminazioni delle donne e il raggiungimento di una parità sostanziale.
Richiede quindi una strategia complessa, un approccio integrato che preveda la prevenzione, la protezione e in ultimo la punizione. La prevenzione necessita di un’attenta attivitá di formazione tesa al riconoscimento delle molteplici forme in cui si puó manifestare la violenza. Formazione significa quindi agire nei luoghi deputati a trasmettere i modelli culturali , la scuola, ma anche i luoghi di lavoro.
Bisogna agire sulla cultura del paese, bisogna capire che la legislazione che prevede la neutralità del soggetto non aiuta a eliminare le discriminazioni, che sono necessarie leggi “di genere” che tutelino le donne non in quanto soggetti deboli e vulnerabili, ma in quanto discriminate.
In questa giornata, in Italia come in altri paesi, saranno tante le iniziative messe in campo per sensibilizzare e informare, far pensare e riflettere su una vera e propria tragedia sociale che colpisce le donne in tutto il mondo.
Le donne vittime di violenza possono contattare i centri antiviolenza o chiamare il numero verde 1522 della Polizia di Stato attivo 24 ore su 24.
Una giornata “vitale”, è il caso di dire, considerando che la violenza è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne in Europa e nel mondo, prima delle guerre, degli incidenti stradali o del cancro.
Le statistiche ci dicono che, con 179 donne uccise, il 2013 è stato l'”anno nero” nel nostro Paese, il più cruento degli ultimi sette, con un incremento del 14% rispetto al 2012. Sempre nel 2013, quasi il 70% dei femminicidi è avvenuto in famiglia, il 92,4% per mano di un uomo.
Parliamo di statistiche ben sapendo che non si è ancora riscontrata una vera volontà politica nazionale a raccogliere dati che possano fornire una rappresentazione qualitativa e quantitativa del fenomeno, che consentirebbe di presentare un rapporto annuale dei risultati e di porre le basi per l’istituzione di un futuro Osservatorio nazionale sulla violenza contro le donne.
Ma la morte è solo la dolorosa punta dell’iceberg del triste fenomeno, quella che non può essere occultata o negata. La violenza è drammaticamente più diffusa e capillare, prende molteplici forme e si manifesta in innumerevoli contesti: dalla violenza fisica a quella psicologica, nei rapporti affettivi o in quelli sociali, in ambito domestico o lavorativo. Donne offese, tormentate, ossessionate, maltrattate, picchiate, violentate dai fidanzati, mariti, compagni, ma anche da uomini respinti o dai padri o fratelli a seguito di scelte di vita non condivise.
La violenza sulle donne non è quindi un’emergenza che si risolve solo con leggi specifiche, comunque necessarie, ma è un fenomeno strutturale della nostra società che attiene ai rapporti tra uomini e donne, e può essere sconfitto solo partendo dall’eliminazione delle discriminazioni delle donne e il raggiungimento di una parità sostanziale.
Richiede quindi una strategia complessa, un approccio integrato che preveda la prevenzione, la protezione e in ultimo la punizione. La prevenzione necessita di un’attenta attivitá di formazione tesa al riconoscimento delle molteplici forme in cui si puó manifestare la violenza. Formazione significa quindi agire nei luoghi deputati a trasmettere i modelli culturali , la scuola, ma anche i luoghi di lavoro.
Bisogna agire sulla cultura del paese, bisogna capire che la legislazione che prevede la neutralità del soggetto non aiuta a eliminare le discriminazioni, che sono necessarie leggi “di genere” che tutelino le donne non in quanto soggetti deboli e vulnerabili, ma in quanto discriminate.
In questa giornata, in Italia come in altri paesi, saranno tante le iniziative messe in campo per sensibilizzare e informare, far pensare e riflettere su una vera e propria tragedia sociale che colpisce le donne in tutto il mondo.
Le donne vittime di violenza possono contattare i centri antiviolenza o chiamare il numero verde 1522 della Polizia di Stato attivo 24 ore su 24.
Was this article helpful?
YesNo