Il Presidente del Consiglio è un gran parlatore.
Qualcuno sostiene persino che parli più di quanto realizzi. Sul Jobs act, ad esempio, ha parlato molto, si è anche contraddetto, col risultato che nel paese c’è chi si aspetta di tutto: dalla cancellazione del precariato, all’estensione a tutti degli ammortizzatori sociali, perfino la ripresa economica e occupazionale. Un diluvio di parole, alcune delle quali minacciose e offensive verso chi osa dissentire.
Non ci dobbiamo meravigliare, è il populismo baby… ha i suoi riti e i suoi linguaggi. Un ragionamento come quello proposto in un bell’editoriale su Repubblica di Nadia Urbinati è roba vecchia per i teoreti del nuovo, anche se il loro pensiero si colloca più nell’800 che nel terzo millennio. Rispetto e competenza non vanno molto nel tempo del sarcasmo e dell’obbedienza.
Tornando al merito, dobbiamo constatare che dopo così tante esternazioni molti si interrogano, altri ancora si convincono, ognuno, come nel film Rashomon di Kurosawa, vede la sua verità e attende fiducioso che si disveli.
Tra tante aspettative e incognite, con la sua intervista al Financial Times il premier ha fatto chiarezza sullo scopo e il contenuto del Jobs act, dicendo:
“…per la prima volta il partito democratico ha votato per dare la possibilità agli imprenditori di licenziare dipendenti senza un giudice …”
Al fondo di tutto, c’è questo !
Non ci sarà neppure un giudice che potrà difendere la persona che lavora da un’ingiustizia. Neppure da quella più grande di tutte: essere privati del diritto al lavoro senza nessun motivo. Il lavoro diventa così né più né meno che una merce .
Non crediamo ci sia molto da indugiare o da discutere su tanta nettezza, si può solo dire se si è o non si è d’accordo.
Dovremo chiederlo sempre d’ora in poi, nelle assemblee o nei dibattiti, in tutti i luoghi dove sapremo e dovremo arrivare per dare a tutti giovani e non, precari e attivi, una corretta informazione, senza cedere alle mode populiste del momento.
Facciamolo noi un sondaggio, per sapere da chi lavora, da chi ha un figlio o un nipote che lo sta cercando, se pensano sia giusto negar loro un giudice…anche in Danimarca.
Ma spieghiamo loro anche che questa crisi può essere battuta, la dualità nel mercato del lavoro può essere ridotta, le ingiustizie verso i giovani esclusi e precarizzati possono finire, si tratta di fare scelte e indicare soluzioni davvero innovative, come quelle contenute nella piattaforma unitaria e nel documento della Cgil. E soprattutto diamo a tutti coloro che vogliono un paese migliore il modo di fare valere la propria opinione.
L’unico modo per farlo è mettersi insieme, è unirsi. Il 25 ottobre serve a questo, ad unire in una prima grande manifestazione. La prima, perché altre ne verranno. La lotta contro le ingiustizie non finisce mai.
Qualcuno sostiene persino che parli più di quanto realizzi. Sul Jobs act, ad esempio, ha parlato molto, si è anche contraddetto, col risultato che nel paese c’è chi si aspetta di tutto: dalla cancellazione del precariato, all’estensione a tutti degli ammortizzatori sociali, perfino la ripresa economica e occupazionale. Un diluvio di parole, alcune delle quali minacciose e offensive verso chi osa dissentire.
Non ci dobbiamo meravigliare, è il populismo baby… ha i suoi riti e i suoi linguaggi. Un ragionamento come quello proposto in un bell’editoriale su Repubblica di Nadia Urbinati è roba vecchia per i teoreti del nuovo, anche se il loro pensiero si colloca più nell’800 che nel terzo millennio. Rispetto e competenza non vanno molto nel tempo del sarcasmo e dell’obbedienza.
Tornando al merito, dobbiamo constatare che dopo così tante esternazioni molti si interrogano, altri ancora si convincono, ognuno, come nel film Rashomon di Kurosawa, vede la sua verità e attende fiducioso che si disveli.
Tra tante aspettative e incognite, con la sua intervista al Financial Times il premier ha fatto chiarezza sullo scopo e il contenuto del Jobs act, dicendo:
“…per la prima volta il partito democratico ha votato per dare la possibilità agli imprenditori di licenziare dipendenti senza un giudice …”
Al fondo di tutto, c’è questo !
Non ci sarà neppure un giudice che potrà difendere la persona che lavora da un’ingiustizia. Neppure da quella più grande di tutte: essere privati del diritto al lavoro senza nessun motivo. Il lavoro diventa così né più né meno che una merce .
Non crediamo ci sia molto da indugiare o da discutere su tanta nettezza, si può solo dire se si è o non si è d’accordo.
Dovremo chiederlo sempre d’ora in poi, nelle assemblee o nei dibattiti, in tutti i luoghi dove sapremo e dovremo arrivare per dare a tutti giovani e non, precari e attivi, una corretta informazione, senza cedere alle mode populiste del momento.
Facciamolo noi un sondaggio, per sapere da chi lavora, da chi ha un figlio o un nipote che lo sta cercando, se pensano sia giusto negar loro un giudice…anche in Danimarca.
Ma spieghiamo loro anche che questa crisi può essere battuta, la dualità nel mercato del lavoro può essere ridotta, le ingiustizie verso i giovani esclusi e precarizzati possono finire, si tratta di fare scelte e indicare soluzioni davvero innovative, come quelle contenute nella piattaforma unitaria e nel documento della Cgil. E soprattutto diamo a tutti coloro che vogliono un paese migliore il modo di fare valere la propria opinione.
L’unico modo per farlo è mettersi insieme, è unirsi. Il 25 ottobre serve a questo, ad unire in una prima grande manifestazione. La prima, perché altre ne verranno. La lotta contro le ingiustizie non finisce mai.
Was this article helpful?
YesNo