1) LA SITUAZIONE TECNICA. Visco, governatore di Bankitalia, scrive: «La Cassa è esposta a un significativo rischio creditizio. L’esame a campione degli impieghi ha fatto emergere, al 31-12-2013, sofferenze per 453,8 milioni di euro e previsioni di perdite per 304,7 milioni. La Carichieti presenta una redditività ampiamente negativa con una perdita di esercizio di 11,4 milioni nel 2013. Il patrimonio di vigilanza, pari a 175 milioni, risulta a fine 2013 appena adeguato al rispetto dei requisiti normativi».
2) FONDAZIONE NEL MIRINO. Bankitalia censura l’ingerenza: «… Il controllo esercitato dalla Fondazione non giova alla dialettica e alla trasparenza dei processi decisionali, anche alla luce di talune situazioni di conflitto di interesse. A tal proposito si evidenzia l’affidamento per 6 milioni di euro concesso dalla banca alla Fondazione stessa».
3) IL CONSIGLIERE DEBITORE. E’ uno dei passaggi più delicati perché riguarda una dinasty imprenditoriale di Chieti. Visco in questo caso stigmatizza: «La mancata acquisizione delle garanzie ipotecarie di crediti per 5 milioni da tempo già concessi alla società (…) riconducibile a un consigliere della Fondazione. Inoltre la posizione non è stata riesaminata alla luce di elementi pregiudizievoli emersi quali la richiesta di informativa dell’autorità giudiziaria».
4) I TRE BIG. Per ora dobbiamo omettere i loro nomi trattandosi di dati sensibili tutelati dalle norme sulla privacy. Ma il rapporto Visco punta l’indice anche su tre big dell’imprenditoria dell’area metropolitana, legata al commercio e alla sanità, da tempo clienti di Carichieti: «Il processo del credito evidenzia persistenti lacune nella gestione dei principali clienti, e segnatamente dei primi tre gruppi di affidati per complessivi 109 milioni di euro. Il gruppo (…), la cui esposizione debitoria è passata da 28 a 31 milioni, tra il 2012 e il 2013, ha continuato a beneficiare di sistematici sconfinamenti autorizzati dal direttore e ratificati dal Cda; il gruppo (…) titolare di una debitoria da tempo sconfinante, ha ricevuto il primo atto di diffida solo il 10 aprile scorso, dopo aver ottenuto ripetute proroghe. Infine i rapporti con il gruppo (…) non sono stati mai riesaminati nonostante i reiterati inadempimenti e l’incapacità delle garanzie acquisite».
5) IL DIPENDENTE. La posizione in Carichieti di Domenico Di Fabrizio, consigliere comunale e autista dell’ex direttore generale Francesco Di Tizio, era già stata presa in considerazione dalla penultima ispezione del 2012 quando Bankitalia lo definì capace di incidere sulle scelte dei Cda di Fondazione e Carichieti. Dimessosi nel gennaio del 2013 per motivi di salute, con un incentivo all’esodo di 120mila euro, Di Fabrizio è stato reinserito in deroga al blocco delle assunzioni dopo un accordo con le rappresentanze sindacali e subito dopo le improvvise dimissioni del presidente Tito Codagnone e la nomina del successore, Mario Falconio. Ma ora Visco contesta al presidente e al direttore generale, Roberto Sbrolli, «di non aver comunicato l’avvenuta riassunzione e, a seguito di richieste di chiarimenti, di aver fornito informazioni non veritiere con riferimento alla data del citato accordo sindacale».
6) L’EX PRESIDENTE. Appare quasi come un semplice inciso, ma Bankitalia non risparmia neppure l’ex presidente della Fondazione, Francesco Sanvitale. Il governatore della banca centrale infatti segnala al ministro Padoan: «L’acquisizione di garanzie insufficienti in occasione dell’ampliamento dei fidi al presidente pro tempore della citata fondazione, il professor Sanvitale».
7) L’ ANTIRICICLAGGIO. E’ tra i capitoli più delicati. «L’azienda risulta esposta a significativi rischi operativi in materia di antiriciclaggio. Le segnalazioni di operazioni sospette sono state evase dalla banca sistematicamente in ritardo. L’azienda è inoltre esposta a rischi legali e reputazionali in relazione a numerosi esposti che lamentano anomalie nella gestione del personale e nei rapporti interni agli organi aziendali».
8) TOCCA AL CDA. La premessa è che «il Consiglio d’amministrazione ha mancato di affrontare con la dovuta incisività gli effetti del deterioramento del portafoglio crediti, trascurando i richiami dell’Organo di vigilanza». Quindi l’affondo: «L’organo, inoltre, non ha accuratamente vagliato la sussistenza dei presupposti per l’avvio di un’azione di responsabilità nei confronti dell’ex direttore, Francesco Di Tizio, deliberando di soprassedervi sulla scorta di pareri legali che indicavano la mancanza di danni per l’azienda».
9) QUINDI AI SINDACI. Cioè al collegio sindacale, mandato a casa insieme al Cda perché, secondo la banca centrale, «non ha rilevato le problematiche presenti nel comparto creditizio. Poco incisiva è risultata la sua sorveglianza sui rischi legali e la reputazione».
10) INFINE IL DIRETTORE. Chiude l’elenco delle accuse Roberto Sbrolli. Ma il capitolo che lo riguarda appare alquanto soft. Ignazio Visco, infatti, informa il Mef del fatto che il nuovo direttore generale «ha manifestato una ridotta autonomia di giudizio in talune scelte concernenti il personale e scarso rigore nella gestione del credito, con particolare riferimento ai citati rapporti facenti capo all’ex presidente della Fondazione», punto e basta. Così Sbrolli, per ora, resta al suo posto. Affiancherà il commissario Sora fino a che questo lo vorrà.