Leggiamo che il presidente Bedoni si vanta che, da quando ne è alla guida, Cattolica rappresenta esempio vincente del modello cooperativo, grazie al suo ancoraggio ad un sistema di valori, come affermato in una recente intervista al quotidiano l’ Arena, di cui riportiamo di seguito un passaggio.
“L’importante é distinguere chiaramente tra governance e gestione manageriale e fare in modo che questa risponda nei comportamenti e nelle scelte alla missione strategica di un’impresa cooperativa che non dimentica mai che il profitto non è la sua unica ragione di vita. Lo é invece quella che mi sento di definire la sua profittabilità sociale”.
La distinzione può apparire sottile o ambigua e con le parole, si sa, è possibile giocare ….
“Profittabilità sociale” significa forse “profitto dei soci”?
Se fosse questo che intende il presidente non possiamo che dargli atto… Cattolica non solo fa profitti che distribuisce ai suoi soci, ma si può permettere anche di fare acquisizioni sul mercato (Fata) indebitandosi ad elevato tasso di interesse che è lecito pensare pagherà con parte dei profitti risultato del lavoro dei suoi collaboratori.
E alle lavoratrici e lavoratori determinanti nel raggiungimento di questi risultati? Un “grazie” e via? Una pacca sulla spalla e l’invito a essere orgogliosi di fare parte della squadra che vince (il fumo), mentre i profitti (la polpa) prendono altre strade?
Il CCA è stato il banco di prova del “senso delle parole”….
Dopo averne attentamente esaminato il testo finale, non possiamo che confermarne i tratti distintivi:
I. INSUFFICIENTE
per l’esiguità delle risorse messe a disposizione in rapporto allo stato di salute ed alla ripartizione della ricchezza prodotta tra le diverse categorie di stakeholders
II. INIQUO
per la squilibrata distribuzione delle poche risorse, riservate ad una minoranza di colleghi mentre per altri non sono previsti né armonizzazione né arretrati
Dobbiamo purtroppo constatare che la traduzione dello scellerato accordo di ottobre nell’articolato contrattuale non ha solamente mantenuto quei caratteri ma anche introdotto nuove iniquità e costituito, in alcuni casi, un arretramento rispetto al precedente contratto integrativo ed anche al contratto nazionale.
Schematicamente riportiamo sotto l’elenco degli ulteriori peggioramenti:
1. cancellazione di una giornata di ferie per il 6° livello quadro (ex art. 39 CCNL);
2. GRAVE LIMITAZIONE DELLA FLESSIBILITÀ ORARIA DEL VENERDÌ, con introduzione di un minimo lavorativo di 2 ore e 30 minuti per avere diritto alla corresponsione del ticket e per poter usufruire dei permessi a recupero;
3. tickettone di 250,00 euro prelevato dal pap fisso B, riducendo in tal modo l’accantonamento a TFR;
4. assoluta indeterminatezza sulla tipologia del buono spesa;
5. estensione del favoritismo di assunzione non solamente ai figli degli ex dipendenti cessati dal servizio, ma anche di quelli ancora in servizio che scelgono il part-time incentivato;
6. assenza del cosiddetto “conto sociale” (defiscalizzazione delle spese per asilo nido, rette scolastiche etc etc) che dovrebbe essere definito in seguito.
E’ questo il risultato di due anni di duro lavoro delle altre organizzazioni?
E’ proprio il caso di dire che la montagna ha partorito il topolino.
Nulla di tutto ciò è stato portato a conoscenza dei lavoratori nelle assemblee svoltesi a fine ottobre. Per qualcuno evidentemente si tratta di “dettagli”, ma, per dirla come il prof. Ichino (Il Giorno, 9 gennaio 2014) “in questa materia [la legislazione sul lavoro] il diavolo sta sempre nei dettagli.”
Come Fisac/CGIL ripetutamente e insistentemente abbiamo chiesto alle altre organizzazioni sindacali di organizzare assemblee unitarie in cui tutte le posizioni potessero confrontarsi in modo aperto e rispettoso e torniamo a rivolgerci a loro perché si possa chiudere questa tormentata fase contrattuale e riprendere un lavoro unitario che possa portare ad una progressiva sistemazione di tutte le partite in sofferenza.
Se dovesse tuttavia perdurare il silenzio assordante delle altre sigle non mancheremo di continuare a denunciare lo stato delle cose, sottoponendo direttamente ai lavoratori le intese che altri non hanno evidentemente in animo di presentare.
Milano, Roma, Verona, 23 gennaio 2014
FISAC/CGIL
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