Intervista al Prof. Tonino Perna, docente di Sociologia Economica all’Università di Messina
150 anni fa il PIL del Mezzogiorno eguagliava quello del resto del Paese. Come è potuto allargarsi il solco tra Nord e Sud che Svimez quantifica in 400 anni di ritardo ?
Diciamo subito che la valutazione della Svimez sui 400 anni di “ritardo” fa parte di un vecchio approccio allo sviluppo che si basa sulla superata teoria di Rostow degli “stadi dello sviluppo” e su una visione del mondo come una eterna gara non condivisibile, anche perché sappiamo bene tutti i limiti della valutazione del benessere equiparato al PIL! Per quanto riguarda il divario con il Nord del paese possiamo dire che ci sono stati tre periodi in cui questo si è realizzato : a) 1861-1881 è il ventennio di spoliazione delle risorse monetarie, ambientali (vendita dei terreni demanio forestale) del Mezzogiorno, della tassazione sul macinato, del servizio di leva obbligatorio. Il discorso è lungo e c’è una vasta letteratura su questa “colonizzazione interna” (vedi per es. Nicola Zitara, Unità d’Italia nascita di una colonia, Jaka Book, Milano, 1972); b) 1881-1901 è il ventennio della rivoluzione industriale che viene a localizzarsi nel Piemonte e parte di Lombardia e Liguria, si gettano le basi del triangolo industriale; c) 1951-1971 è il ventennio in cui l’Italia diventa una potenza industriale e si compie l’ultima rivoluzione industriale d’Europa nell’area del Centro-Nordest (la Terza Italia, come la definì A. Bagnasco, Le Tre Italie, Il Mulino, 1980). In questo ventennio il Mezzogiorno fa registrare un saldo negativo di 17.000 imprese artigianali-industriali, mentre se ne creano negli stessi settori 112.000 nel Centro Nord-Est. Il divario non è più solo con il Nord, ma con tutto il Centro-Nord sia sul piano economico che su quello dei servizi e della qualità urbana. Nel mio “Lo sviluppo Insostenibile” (Liguori, Napoli, 1994) ho provato a approfondire le ragioni storiche di questo divario che ormai si è consolidato.
Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito alla scomparsa della Cassa per il Mezzogiorno, all’avvento del leghismo e della questione “settentrionale” e infine alla attuale profonda crisi. Quale di questi tre fattori è il più determinante per l’arretramento del Sud ?
Credo che sia la scomparsa del Mezzogiorno come area funzionale allo sviluppo del Paese. Solo pensando ad un altro modello di sviluppo il Mezzogiorno ritroverebbe una sua centralità. Per esempio, se l’Italia puntasse alla sovranità energetica (Risparmio e sviluppo delle Rinnovabili) , alla sovranità alimentare (riduzione del deficit bilancia commerciale, messa a cultura terre incolte), alla promozione del patrimonio storico-archeologico ecc. il Mezzogiorno avrebbe un grande ruolo da giocare.
Al processo di dismissione industriale in atto nel nostro territori e che colpisce grandi e piccole imprese sta facendo riscontro analogo atteggiamento del sistema bancario. La significativa riduzione degli sportelli al Sud (che già sconta un rapporto sportelli/ abitanti che è la metà del dato nazionale) e la minore erogazione di credito, ulteriormente confermata con la crisi, ne sono la prova. Quanto pesa il ruolo delle banche nell’economia e quanto questo mancato ruolo ha pesato nel Mezzogiorno?
Sicuramente hanno inciso : a ) il fatto che per decenni le banche nazionali drenavano risparmio dal Sud e lo reinvestivano nel Nord ( e successivamente nel Centro-Nord-Est), b) il fatto che nell’ultimo ventennio grandi e piccole banche del Mezzogiorno sono state assorbite da banche del C-N. e quindi il cervello della banca si è staccato dal territorio; c) il fatto che i differenziali nei tassi d’interesse e la maggiore difficoltà di accesso al credito hanno fortemente penalizzato le PMI meridionali. La questione del credito è certamente una questione essenziale per le poche realtà produttive del Mezzogiorno. Ma, questo fatto non sembra interessare a nessun governo o forza politica in questo momento. L’unica banca, secondo i miei dati, che investe nel Mezzogiorno più di quello che riceve dai risparmiatori è Banca Etica di Padova. E’ un dato interessante, ma ha un valore simbolico, viste le piccole dimensioni di questa banca.
Quali politiche dovrebbe adottare il sistema bancario nel Mezzogiorno per garantire sviluppo, occupazione e la stessa tenuta dell’economia ?
Non sono un esperto nel campo, ma credo che per il Mezzogiorno l’ideale modello creditizio sia quello del Trentino. Ma realizzarlo dipende soprattutto dalla volontà dei meridionali di riscattarsi.
La politica del governo Berlusconi verso il Sud era a trazione leghista, ma quella del governo dei “tecnici” è davvero tanto diversa?
Peggiore nettamente. Non per perfidia o provenienza geografica dei ministri (per lo più del Nord), ma perché tagliando la spesa pubblica si colpisce quello che Sylos Labini definiva il “motore dello sviluppo” nel Mezzogiorno. In quest’anno di governo Monti le condizioni di vita nel Mezzogiorno sono peggiorate più che nei tre anni precedenti del governo del Cavaliere. D’altra parte questo governo è riuscito a fare “il lavoro sporco” che il Berlusconi non era mai riuscito nemmeno a sognare (vedi ad esempio l’art. 18 o la riforma delle pensioni)!