da “repubblica.it”
L’incasso, 203 milioni per una quota del 60%, sarà integrato entro dieci anni se il Parlamento e il Tesoro sapranno modificare gli assetti proprietari della Banca d’Italia, valorizzando il 2,1% detenuto dalla banca di Biella e Vercelli.
Il Monte dei Paschi sbriglia relativamente in fretta la grana Biverbanca. Comprata ai tempi dei fasti da Intesa Sanpaolo, la quota di maggioranza della rete commerciale piemontese (60,4%) era stata opzionata a fine giugno dalla Cassa di Risparmio di Asti, pronta a offrire 203 milioni. Ma al ritorno dalle vacanze si era creata una situazione di stallo relativa alla proposta di scissione delle quote di Banca d’Italia detenute da Biverbanca (2,1%), una parte delle quali sarebbe rimasta ai senesi. Oggi un cda della CariAsti ha accettato la proposta senese di modificare quel contratto.
Le novità riguardano soprattutto la rinuncia di Mps a impossessarsi della quota parte delle azioni della vigilanza creditizia, in cambio di un’integrazione del prezzo di compravendita che non potrà eccedere i 100 milioni di euro, da pagare se entro 10 anni si saranno verificati “determinati eventi di natura legislativa e/o regolamentare che consentano un incremento del valore di detta partecipazione in Banca d’Italia rispetto al valore di carico e ne permettano la computabilità ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali di vigilanza”. Se fosse sistemata la querelle dell’azionariato di Via Nazionale, insomma, che da anni si trascina senza costrutto tra il Parlamento e le banche italiane vigilate – e al contempo azioniste -, Mps potrebbe avere la sua parte di beneficio. Ci sono dieci anni di tempo, il che dà anche la misura dei tempi dell’evoluzione normativa e degli assetti in oggetto. L’integrazione, a certe altre condizioni e dopo il primo triennio, potrà avvenire direttamente in quote della Banca d’Italia, dal gruppo di Biella e Vercelli verso Siena.
Il contratto di compravendita diventa quindi efficace: Biverbanca passa ad Asti (ma restano nel capitale con quote di minoranza gli enti di Biella e Vercelli) mentre il Monte dei Paschi libera risorse, fa cassa e può dedicarsi a un altro capitol del suo faticoso riassetto. A partire dal confronto con il sindacato interno sulle uscite di personale dal gruppo previste dal piano industriale: 1.600 tagli, su cui oggi si è chiusa la procedura di confronto tra Mps e i lavoratori, senza accordo sulla controproposta dei sindacati, che prevedeva un piano di esodi volontari con un fondo esuberi finanziato da tagli temporanei al costo del lavoro.
Nelle stesse ore, la fondazione Mps, scesa negli ultimi mesi al 35% della banca senese, ha ceduto sul mercato a settembre un altro 1,41% di Mps, circa la metà di quel 2,85% che l’ente aveva in previsione di vendere e quindi aveva iscritto nell’attivo circolante.