da Repubblica – La prima mossa del risiko bancario viene da Desio. Dove il Banco, spa tra le più solide nel cuore della Brianza, ha sborsato 139 milioni per ricapitalizzare la Popolare di Spoleto, entrando a una quota tra il 66,8% e il 72,2% nel gruppo che ha un centinaio di sportelli nel Centro Italia ed è commissariato dal 13 febbraio. Da quando la vigilanza ha detto basta alle chiacchierate gestioni targate Spoleto Credito e Servizi (Scs), la cooperativa locale che controlla il 51%.
La nuova stagione del consolidamento creditizio è così ufficialmente iniziata; molti operatori ritengono che proseguirà presto sugli istituti di taglia medio- piccola. Come la Popolare Etruria, vicina di casa della Spoleto. O nell’inguaiato Nord Est bancario della Popolare Vicenza e della Veneto banca, entrambe da mesi nel mirino di Via Nazionale che pare abbia chiesto alla prima ulteriori accantonamenti su crediti – già raddoppiati nel bilancio 2013 a 432 milioni – e alla seconda di azzerare i vertici guidati dal presidente Flavio Trinca e dall’ad Vincenzo Consoli.
Il merger “alla brianzola” non poteva che essere per contanti: Desio investirà 139,75 milioni per «ripristinare i coefficienti di
solvibilità» della banca spoletina, che uscirà così dal commissariamento e ricostituirà un cda “nordista”. Oltre all’aumento riservato, c’è il conferimento di una ventina di sportelli del Banco Desio Lazio, e la contestuale emissione di warrant gratuiti di pari valore ai soci umbri. Per convincere i soci locali, che detengono la maggioranza assembleare, Desio ha anche finanziato per 15,5 milioni la Scs (a tassi di mercato, si precisa) «per le proprie esigenze di risanamento»; e Scs «si impegna contestualmente a votare a favore» dell’operazione. La cooperativa degli imprenditori locali, al centro di inchieste giudiziarie con ipotesi di reato per appropriazione indebita aggravata, ostacolo alla vigilanza, bancarotta e usura per un giro di crediti facili erogati dalla banca, è esposta per una trentina di milioni in proprio, in gran parte con Monte dei Paschi che della Spoleto è anche socio (26%).
Anche se l’acquirente ha chiesto l’esenzione Opa, i soci avranno i loro benefici: Scs, diluita al 10-12%% dopo l’aumento riservato, potrà mettersi in sicurezza; Mps che scenderà attorno al 6-7% potrà valorizzare la quota come chiede da tempo (è infatti previsto il ritorno in quotazione della Spoleto). In Borsa, dove il comparto credito ha vissuto una seduta di realizzi dopo un 30% di rialzo a marzo, le azioni Banco Desio hanno guadagnato il 2,24% (+82% in un anno). «Con questa operazione, che per noi non comporta sovrapposizioni ha detto Tommaso Cartone, ad del Banco Desio – lavoreremo nel Centro Italia mantenendo un marchio con un buon radicamento, e senza bisogno di ricapitalizzare la Desio, neanche in situazioni di stress poiché il common equity Basilea 3 è oltre il 12%». Sul risiko bancario Cartone aggiunge: «Nuove concentrazioni sono possibili, diverse banche minori non hanno i coefficienti patrimoniali chiesti dalla Bce, e perché sopravvivano serviranno banche più guarnite candidate ad acquisirle». Prima del commissariamento, la Spoleto quotava a una sessantina di milioni; aggiungendo i 139 milioni dell’aumento da chiudere «entro luglio» si arriva sui 200 milioni, che è quanto i brianzoli vorrebbero valorizzare la “nuova” Spoleto.
La nuova stagione del consolidamento creditizio è così ufficialmente iniziata; molti operatori ritengono che proseguirà presto sugli istituti di taglia medio- piccola. Come la Popolare Etruria, vicina di casa della Spoleto. O nell’inguaiato Nord Est bancario della Popolare Vicenza e della Veneto banca, entrambe da mesi nel mirino di Via Nazionale che pare abbia chiesto alla prima ulteriori accantonamenti su crediti – già raddoppiati nel bilancio 2013 a 432 milioni – e alla seconda di azzerare i vertici guidati dal presidente Flavio Trinca e dall’ad Vincenzo Consoli.
Il merger “alla brianzola” non poteva che essere per contanti: Desio investirà 139,75 milioni per «ripristinare i coefficienti di
solvibilità» della banca spoletina, che uscirà così dal commissariamento e ricostituirà un cda “nordista”. Oltre all’aumento riservato, c’è il conferimento di una ventina di sportelli del Banco Desio Lazio, e la contestuale emissione di warrant gratuiti di pari valore ai soci umbri. Per convincere i soci locali, che detengono la maggioranza assembleare, Desio ha anche finanziato per 15,5 milioni la Scs (a tassi di mercato, si precisa) «per le proprie esigenze di risanamento»; e Scs «si impegna contestualmente a votare a favore» dell’operazione. La cooperativa degli imprenditori locali, al centro di inchieste giudiziarie con ipotesi di reato per appropriazione indebita aggravata, ostacolo alla vigilanza, bancarotta e usura per un giro di crediti facili erogati dalla banca, è esposta per una trentina di milioni in proprio, in gran parte con Monte dei Paschi che della Spoleto è anche socio (26%).
Anche se l’acquirente ha chiesto l’esenzione Opa, i soci avranno i loro benefici: Scs, diluita al 10-12%% dopo l’aumento riservato, potrà mettersi in sicurezza; Mps che scenderà attorno al 6-7% potrà valorizzare la quota come chiede da tempo (è infatti previsto il ritorno in quotazione della Spoleto). In Borsa, dove il comparto credito ha vissuto una seduta di realizzi dopo un 30% di rialzo a marzo, le azioni Banco Desio hanno guadagnato il 2,24% (+82% in un anno). «Con questa operazione, che per noi non comporta sovrapposizioni ha detto Tommaso Cartone, ad del Banco Desio – lavoreremo nel Centro Italia mantenendo un marchio con un buon radicamento, e senza bisogno di ricapitalizzare la Desio, neanche in situazioni di stress poiché il common equity Basilea 3 è oltre il 12%». Sul risiko bancario Cartone aggiunge: «Nuove concentrazioni sono possibili, diverse banche minori non hanno i coefficienti patrimoniali chiesti dalla Bce, e perché sopravvivano serviranno banche più guarnite candidate ad acquisirle». Prima del commissariamento, la Spoleto quotava a una sessantina di milioni; aggiungendo i 139 milioni dell’aumento da chiudere «entro luglio» si arriva sui 200 milioni, che è quanto i brianzoli vorrebbero valorizzare la “nuova” Spoleto.
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