La violenza sulle donne rappresenta oggi una estesa e grave violazione dei diritti umani con caratteristiche variabili e determinate da specificità associate all’ambiente sociale e culturale di riferimento. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali e culturali e a tutti i ceti economici, e gli abusi e le violenze sono perpetrati nella maggior parte dei casi all’interno del nucleo familiare. L’ampiezza e la multiformità del fenomeno lo rendono difficile da misurare nella sua interezza.
In Italia non esiste un Osservatorio sulle violenze di genere. Dai fatti di cronaca, si stima che nel 2012 il numero delle vittime fosse di 124, salito nel 2013 a 130. Ma nel sommerso persiste una grandissima fetta di popolazione femminile che subisce violenze di genere.
Davanti a questi numeri si impone la necessità di trovare soluzioni che facciano fronte alle necessità individuali delle donne con un approccio coerente e creativo, come auspicato dalla Relatrice Speciale ONU Rashida Manjoo.
Nonostante le recente ratifica della Convenzione di Istanbul, il nostro paese è ancora lontano dalla messa in atto di azioni concrete volte alla tutela delle vittime di violenza di genere.
In coerenza con l’azione 9 del documento congressuale CGIL “Il lavoro decide il futuro”, abbiamo elaborato alcune proposte per la contrattazione di genere, ispirate alla legge organica spagnola 1-2004 e al metodo Scotland inglese, che prevedono interventi coordinati anche a livello delle imprese, e dei datori di lavoro.
La violenza di genere, sia essa fisica e/o psicologica, va ricompresa fra le cause che assumono particolare rilevanza, ai fini contrattuali, tra quelle che interrompono la prestazione lavorativa. La lavoratrice vittima della violenza di genere, dopo opportuna denuncia ai sensi di legge, deve poter accedere ai seguenti strumenti di tutela:
− giustificazione dell’assenza dal posto di lavoro, con diritto al mantenimento del posto di lavoro e della retribuzione;
− riduzione e/o riorganizzazione degli orari di lavoro in un frangente di particolare difficoltà conciliativa;
− mobilità geografica e/o cambiamento sede di lavoro su richiesta della lavoratrice vittima, a tutela della sicurezza sua e della prole;
− accoglimento, nei casi più gravi, delle richieste di aspettativa o congedo straordinario, con mantenimento del posto di lavoro;
− priorità nell’accoglimento delle richieste di part time.
Le lavoratrici dovranno aver diritto di conservare il posto di lavoro e di rientrare nella stessa unità produttiva dove erano occupate prima del verificarsi dell’assenza causata dalla violenza subita, mantenendo le stesse mansioni o equivalenti.
Queste forme di tutela dovranno essere espressamente previste nel CCNL ABI e attuate tramite specifici protocolli e accordi, condivisi tra OO.SS. e aziende.