Mentre il genio italico nella “settima arte” riceve un meritato premio Oscar a Los Angeles, nel nostro piccolo mondo quotidiano siamo purtroppo costretti a constatare come della fantasia che così splendidamente pervade il film di Sorrentino, i nostri manager non ne abbiano percepito neanche l’odore.
E così, il progetto della “riscossa”, quella rivoluzione organizzativa che doveva stravolgere la comunicazione interna eliminando tutte le duplicazioni gerarchiche e semplificando la filiera di comando, si sta rivelando, possiamo dirlo senza purtroppo timore di smentita, un vero e proprio fiasco. Si tratta di una riproposizione del peggio di tutte le precedenti esperienze di progetti commerciali, con un monitoraggio delle vendite quotidiano e, di fatto, individuale, che, oltre ad essere ai limiti delle norme, è palesemente inefficace.
Ma possibile che, con un management così attento ai risultati, nessuno si sia accorto che il progetto regata e’ un fallimento? Che ormai lo “stalking” quotidiano, passateci il termine, operato dai vari responsabili, viene vissuto neanche più con preoccupazione da parte dei colleghi, ma con una sana indifferenza se non addirittura con insofferenza? Possibile che nessuno tra i tanti responsabili commerciali abbia il coraggio di dire ai propri superiori che in questo modo stiamo perdendo tutte le professionalità, oltre che la pazienza, dei nostri colleghi?
Eppure, per rimanere in ambito cinefilo, anche il ragionier Fantozzi, costretto dal proprio capo all’ennesima visione del film di Eisenstein, ad un certo punto sbottò e trovò la forza di urlare, ” LA CORAZZATA POTEMKIN E’ UNA CAGATA PAZZESCA!!!!”, con successivo rito collettivo purificatore dell’incendio della pellicola.
E invece no, tutti lo pensano, ma nessuno si permette di dire una parola. Non solo, ma tra un “gran premio della montagna” e uno di “gran fondo” (anche qui il pensiero corre alla corsa ciclistica di fantozziana memoria), tra squadre di vari colori che si sfidano a “singolar tenzone”, alcuni titolari si esibiscono in personalissime interpretazioni. Qualcuno, in presenza di un risultato giornaliero di vendite assolutamente rilevante, trova ad esempio il “coraggio” di rimproverare i colleghi per non aver venduto tutti allo stesso modo. Ma come, non conta l’obiettivo? O è più importante che tutti nello stesso giorno, producano lo stesso risultato? Perché, se così fosse, c’è un unico numero giornaliero da produrre per essere sicuri di far tutti uguale: zero.
La spirale di follia prodotta da questo sistema fa vivere tutti male, distrugge il patrimonio di relazioni tra i colleghi e si autoalimenta in maniera perversa, in una specialissima gara a chi la spara più grossa. Arriva a toccare tutti i settori della vita quotidiana nelle filiali: tutto diventa oggetto di ricatto, tutto diventa oggetto di budget. Le ferie non sono più un diritto del lavoratore, ma l’ennesimo terreno sul quale si misura il potere di qualche responsabile arrogante; le valutazioni del personale non vengono più fatte sulla base delle capacità del collega, ma si parte dal presupposto che siamo tutti abbastanza mediocri e poi, forse, c’è qualcuno un po’ meglio, ma a patto che ci sia anche qualcuno un po’ peggio; perfino i trasferimenti non prescindono da elementi di valutazione individuale e addirittura la possibilità di fare straordinario non è concessa sulla base del carico di lavoro, ma sui risultati delle vendite.
Ci chiediamo inoltre a chi giovi veramente una gestione tanto miope delle politiche commerciali. Appare sempre più evidente come la Banca stia scaricando il rischio operativo verso i livelli inferiori della filiera commerciale. Siamo al paradosso per cui i livelli apicali (con retribuzioni quindi coerenti con responsabilità elevate) si preoccupano di richiamare tutti i gestori al rispetto delle norme, ricordando “l’obbligatorietà del servizio di consulenza” e esortando a “evitare ogni
comportamento opportunistico finalizzato alla modifica del questionario MIFID attraverso l’acquisizione di informazioni non coerenti con il profilo del cliente”, salvo poi far finta di non vedere come ciascuna funzione prema verso quella più in basso per rimuovere tutti quei “lacci e lacciuoli” che rendono la produzione meno “fluida e veloce”. La corsa al numero, da realizzare subito e ad ogni costo, genera rischi operativi che ovviamente restano in capo all’ultimo anello della catena, ovvero il più debole. Come diceva qualcuno:
“Nessuno è mai stato licenziato per non aver raggiunto il budget, ma qualcuno è stato licenziato per averlo fatto”
Il sindacato non si sottrarrà al suo ruolo di denuncia e di richiamo al rispetto delle regole, ma tutti i lavoratori si devono sentire coinvolti quotidianamente in una profonda opera di recupero dei valori che ci contraddistinguono, altrimenti il decadimento morale proseguirà senza sosta. Non è un’operazione nostalgica o il tentativo di ritorno al passato che ci deve guidare, ma la convinzione che l’ostinata difesa del valore dei rapporti umani tra i colleghi e della dignità del lavoro siano elementi imprescindibili non solo per ovvie ragioni etiche, ma perché, lo dimostrano i fatti, sono gli unici in grado di produrre valore aggiunto che duri nel tempo, e quindi anche quei risultati economici che sono l’unica guida dei nostri italici manager, capitani coraggiosi che guidano navi non proprie, pronti ad essere i primi ad abbandonare in caso di naufragio.
Roma, 6 marzo 2014 LE SEGRETERIE