Mobilità sostenibile: primi passi per spostarsi responsabilmente

ImmagineStiamo assistendo ad un crescendo dell’attenzione sui temi legati all’ambiente, ai cambiamenti climatici e ad i problemi energetici e, oggi più che mai, sembra improcrastinabile la decisione di affrontare in maniera concreta la questione della mobilità sostenibile. Ma per questo occorre una profonda presa di coscienza individuale e il cambiamento dei nostri stili di vita. Dobbiamo essere noi a fare il primo passo. L’Associazione Euromobility ha istituito un Osservatorio permanente sulla Mobilità Sostenibile monitorandd 50 Comuni italiani (capoluoghi di Regione, Province autonome, Comuni con più di 100.000 abitanti). Il contesto italiano ed europeo è attualmente caratterizzato da fenomeni comuni come la crescita delle città  in termini di popolazione ed estensione, una diminuzione della motorizzazione dovuta, certo, alla crisi ma anche ad un cambiamento dei comportamenti e la rapida crescita di sistemi come il bike sharing, car sharing e car pooling.
In Italia c’è purtroppo ancora un ampio divario fra nord e sud che vede il sud in forte ritardo rispetto alle politiche di mobilità sostenibile adottate nelle città del settentrione. A supporto delle scelte sostenibili in ambito di mobilità esistono normative sia a livello nazionale che europeo come il decreto sulla Mobilità Sostenibile nelle Aree Urbane (D.M. 27.03.1998) poi integrato in termini di finanziamenti dal decreto Silvestrini del 2000, l’obbligo di nominare un Mobility Manager per aziende al di sopra
dei 300 dipendenti per unità, l’obbligo per Comuni con più di 150.000 abitanti di istituire coordinamenti fra mobility manager delle aziende e amministratori al fine di individuare politiche sostenibili idonee al territorio e all’utenza. A livello europeo la Comunità Europea ha istituito nel 2009 un Action Plan o Urban Mobility che fornisce linee guida alle autorità locali per sviluppare Piani di Mobilità Sostenibile. Alcuni strumenti ad oggi adottati: 

· Mobilità ciclabile: la bicicletta è il mezzo più rapido e flessibile per gli spostamenti urbani, ma le nostre città, in particolare al sud Italia, sono ancora poco “ciclabili”, impedendo a molti di sceglierlo come mezzo di trasporto. Negli ultimi anni stiamo però assistendo ad un grande sviluppo del cd bike sharing: ne è un esempio positivo il Comune di Milano che con le sue 1400 biciclette distribuite in 100 stazioni situate in posizioni strategiche raggiunge punte massime di 4500 prelievi al giorno.

· Car sharing: anche in questo ambito nel biennio 2008-2009 si è visto un incremento di auto disponibili del 12.9% e del 15%
degli utenti

· Car pooling: se proprio non si può fare a meno dell’auto privata, esiste il sistema di car pooling, ovvero di condivisione del mezzo con persone interessate a percorrere lo stesso tragitto.La mobilità e la CSR Quanti stakeholder sono coinvolti nel processo di mobilità? Quali sono i diversi impatti delle politiche di mobilità adottate nelle aziende del credito in un’ottica di CSR? Vediamo di analizzare gli stakeholder interessati.

· Lavoratori: è indubbiamente lo stakeholder più coinvolto. Il mezzo utilizzato, i tempi di percorrenza, l’impatto economico
sono tutti fattori determinanti per la qualità e le condizioni di lavoro.
· Sindacato: uno degli obiettivi prioritari della FISAC-Cgil è quello di contrattare le condizioni di lavoro anche entrando nel
merito delle politiche di mobilità delle aziende diventa un elemento centrale della contrattazione
· INAIL: secondo i da dell’Istuto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, uno dei costi principali che l’Istituto si trova ad
affrontare è quello dei rimborsi per gli infortuni in inere. Ridurre i rischi significa tutelare la salute dei Lavoratori e permettere una gestione sana del bilancio dell’Inail.
· Enti locali e territorio: una mobilità non governata, non sostenibile significa maggiore usura delle strade, maggiore probabilità di incidente e quindi comporta un aumento dei costi di manutenzione, di controllo e un maggior ricorso ai mezzi di soccorso.
Viene naturale pensare che una mobilità sostenibile possa liberare risorse da rimpiegare in altri scopi.
· Ambiente e generazioni future: i danni all’ambiente causati dalle emissioni dei gas di scarico è sotto gli occhi di tutti: riscaldamento globale provocato dall’effetto serra, malattie dell’apparato respiratorio, “nevrosi da traffico” e malattie metaboliche causate dalle lunghe ore passate seduti in un automezzo

· Azienda: in un periodo di contrazione dei ricavi e con la conseguente necessità di riduzione dei cos amministravi, non è più sostenibile per le Aziende stesse affrontare gli eleva costi di una mobilità che, spesso, è solo il frutto di una organizzazione del lavoro non perfettamente ottimale e derivante dall’incapacità del management di risolvere il problema. Risulta cosi evidente che il Sindacato deve dotarsi della capacità di controllare l’organizzazione del lavoro per proporre alle Aziende soluzioni adatte a costruire una mobilità più sostenibile.

CES
Per il Movimento Sindacale Europeo la polica dei traspor deve necessariamente basarsi su sistemi di mobilità sostenibile che permettano il facile accesso individuale al trasporto in maniera equa, efficiente dal punto di vista economico e che siano diretti a ridurre le emissioni e i rifiuti. Il Libro Bianco sui traspor si pone l’obiettivo di ridurre del 60% le emissioni di gas serra entro il 2050 e, per raggiungere tale obiettivo, l’azione sui luoghi di lavoro è di fondamentale importanza, così come lo è l’azione sull’organizzazione del lavoro. Per questo la CES ritiene essenziale l’elaborazione di piani di mobilità aziendali che non siano solo appannaggio dei mobility manager, ma che siano frutto di confronto democratico con i rappresentanti
dei lavoratori.

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