3 – ALCUNI CENNI ALLA MIFID
Prosegue la pubblicazione a cura della Consulta Quadri Direttivi ed Alte Professionalità con un capitolo molto importante dedicato alla Mifid. Vi ricordiamo che in coda all’articolo è possibile accedere ai precedenti articoli.
Fra gli affaires Argentina e Parmalat e la recente crisi di borsa del 2008 s’inserisce la cosiddetta normativa MIFID 14. Essa è rappresentata da alcune normative europee (le due direttive n. 39/2004 e 73/2006, il regolamento n. 1287/2006) e dalle normative nazionali di recepimento, rappresentata in Italia dal decreto legislativo n. 164/2007 (che ha modificato il testo unico finanziario approvato con decreto legislativo n. 58/1998) e due delibere CONSOB n. 16190 e 16191 entrambe in data 29 ottobre 2007 (in materia, rispettivamente, di intermediari e di mercati). Tale complesso di norme ha introdotto una nuova disciplina dei mercati, dei servizi e degli strumenti finanziari.
In queste pagine non ci soffermiamo né sugli aspetti della vigilanza spettante alla Banca d’Italia ed alla CONSOB, né su quelli dei mercati finanziari, ma ci limiteremo ad alcuni cenni sull’operatività finanziaria delle banche. Tale operatività deve svolgersi nei confronti della clientela secondo principi di onestà equità e professionalità; le banche devono pertanto fornire informazioni corrette, chiare e non fuorvianti ed altresì erogare servizi che tengano conto della situazione individuale del cliente 15. Per ottemperare a questi principi, le banche devono impostare l’operatività nel rispetto di alcune procedure.
In primo luogo, le banche devono suddividere la propria clientela in tre tipologie, ai quali sono attribuite tutele decrescenti: clienti al dettaglio, clienti professionali, controparti qualificati 16 17.
In secondo luogo, la nuova disciplina identifica tre distinte tipologie di servizi finanziari: 1) la consulenza fornita della banca in materia d’investimenti, 2) la negoziazione di strumenti finanziari svolta in autonomia dal cliente, 3) la gestione ad opera della banca degli investimenti del cliente 18. Questi servizi finanziari devono essere erogati solo dopo apposite valutazioni.
Così, prima di svolgere i servizi sia di consulenza che di gestione, la banca deve effettuare sul cliente una valutazione di adeguatezza, finalizzata ad accertare talune caratteristiche del cliente – gli obiettivi d’investimento, la situazione finanziaria, la conoscenza ed esperienza in materia finanziaria – al fine di mettere la banca in condizione di effettuare un servizio di consulenza adatto alle esigenze del cliente 19. Si tenga conto che le banche si sono per lo più attivate per svolgere la valutazione relativa alla consulenza, piuttosto che quella relativa alla semplice negoziazione di titoli. Tale valutazione è stata effettuata per mezzo di questionari ed ha condotto alla cosiddette “profilatura” della clientela, che in estrema sintesi identifica il profilo di rischio o meglio il livello di rischio che il cliente è disposto ad assumere.
Leggermente diversa è la situazione per il caso di negoziazione di titoli svolta direttamente dal cliente. Nel caso di mera esecuzione di operazione d’iniziativa del cliente riguardante prodotti finanziari considerati non complessi 20, non occorre valutazione; è invece necessario una valutazione di appropriatezza per il caso di operazioni in prodotti finanziari complessi 21 ed altresì per operazioni proposti dalla banca in prodotti finanziari non complessi, valutazione finalizzata ad accertare se il cliente ha la conoscenza per comprendere i rischi insiti in tali prodotti 22.
Una volta effettuata la valutazione, le singole operazioni in titoli – di acquisto o vendita – vengono consentite oppure bloccate dalle procedure informatiche della banca.
In terzo luogo, la banca ha una serie di obblighi informativi. Si è detto che tali informazioni devono essere chiare, corrette e non fuorvianti. Si tratta di informazioni sulla banca, sulle modalità di gestione degli investimenti, sui singoli prodotti finanziari, sui costi ed oneri degli stessi, sulle modalità di reclamo 23; inoltre le informazioni pubblicitarie devono essere riconoscibili come tali 24. Dopo l’investimento, devono essere fornite informazioni circa l’eseguito dell’operazione ed altresì rendiconti periodici 25.
Infine, le banche devono porre in atto strumenti adeguati per evitare conflitti d’interessi con la clientela, vale a dire in tutti i casi in cui la banca ottiene un guadagno o evita una perdita con conseguente svantaggio per il cliente. Qualora il conflitto d’interesse sia inevitabile, la banca deve segnalarne l’esistenza al cliente.
Alla fine, i principi contenuti nella normativa MIFID appaiono abbastanza intuitivi: essi si basano sulla valutazione del livello del cliente – livello inteso come disponibilità di mezzi finanziari, competenza finanziaria, propensione al rischio – ed alla conseguente erogazione di servizi finanziari proporzionati al livello del cliente medesimo. Una volta individuati tali principi e recepiti nelle procedure interne delle banche, si dovrebbero evitare – almeno nelle intenzioni – tutta una serie di rivendicazioni basate su vere o presunte scorrettezza subite da clienti, che emersero in maniera massiccia in occasione degli affaires Argentina e Parmalat. Tali erano i casi di clienti che dichiararono di aver acquistato titoli speculativi reputandoli assolutamente sicuri o che avrebbero investito per intero i propri modesti risparmi sempre in titoli speculativi, il tutto su suggerimento delle banche.
Ulteriore conseguenza di ciò è la responsabilità più definita dei dipendenti delle banche per il mancato rispetto delle procedure che abbiamo delineato. Si colma insomma un vuoto nella normativa interna delle banche: la valutazione del cliente non è più lasciata alla buona volontà o al buon senso del dipendente di banca in assenza di norme precise, ma è imposta da una normativa statale che deve essere necessariamente recepita dalle banche e che deve essere necessariamente rispettata dai dipendenti delle banche stesse, e come tale possibile fonte di responsabilità disciplinare.
Quanto ciò rappresenti una vera tutela del cliente contro i rischi di borsa è invece alquanto relativo; basti considerare che la delibera CONSOB più volte citata inserisce fra gli strumenti finanziari non complessi le azioni e le obbligazioni (purché non collegate a un derivato); si tratta certo di titoli non concettualmente complessi, ma potenzialmente rischiosi. Alla fine, lo strumento normativo appare del tutto neutrale di fronte alla velleità – più o meno consapevole – del cliente di tentare speculazioni finanziarie, anche se con modesti mezzi e modesta competenza.