La nostra proposta, partendo dalla necessità di una contrattazione di genere (allegato 1 Lab News N.9), si configura come proposta politica, che investe in modo trasversale tutta la categoria. Alcune delle misure che qui indichiamo, hanno l’ambizione di intervenire sull’organizzazione del lavoro, favorendo donne e uomini nella vita e nel lavoro e producendo come risultato anche un beneficio per le Aziende.
1. Occorre sviluppare e innovare le iniziative di conciliazione, tanto più nel momento in cui le flessibilità orarie vengono messe a dura prova dall’applicazione dell’orario esteso nelle filiali bancarie e dai contrastati tentativi di ANIA di cancellare la riduzione d’orario del venerdì pomeriggio. Abbiamo quindi pensato ai seguenti interventi negoziali:
- Il bisogno dell’impresa di fornire un servizio prolungato alla clientela o alla filiera deve essere coniugato con le scelte personali di lavoratrici e lavoratori in una modalità flessibile di lavoro. L’orario di lavoro “a menù”, ad esempio, si fonda su un modello di regolazione del tempo di lavoro opposto al modello standard tradizionale, che consente la scelta del lavoratore/lavoratrice e dell’impresa tra schemi orari variabili, negoziati e ben definiti, nel rispetto dei tetti massimi previsti dalla normativa (di legge e di contratto). Precisiamo che la realizzazione prevede alcuni passi operativi imprescindibili, che devono obbligare ad un percorso condiviso tra Impresa e Organizzazioni Sindacali in tutte le diverse fasi, con uno specifico demando alla contrattazione di secondo livello per la realizzazione concreta del modello (ad esempio nel caso degli orari di sportello previsto nell’articolo 103 del CCNL ABI). (Allegato 2: orario di lavoro a menù, tratto da Progetto LaFemMe del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).
- La Riforma del Mercato del Lavoro ha introdotto il congedo di paternità di 3 giorni (uno obbligatorio e due facoltativi) in occasione della nascita del figlio. L’applicazione della norma è direttamente esigibile dal lavoratore, tuttavia si rende necessaria la vigilanza da parte delle Organizzazioni Sindacali: la norma ci risulta talvolta disapplicata o impropriamente assorbita nella contrattazione di secondo livello. Inoltre la contrattazione di settore (nazionale e/o integrativa) può e deve ulteriormente ampliare questi giorni di congedo, in linea con le Direttive Europee, favorendo così la condivisione delle attività di cura tra i genitori e la conferma della norma, che è attuata soltanto in via sperimentale fino al 2015.
- La Legge di Stabilità prevede la frazionabilità dei congedi parentali e in questo caso rinvia proprio alla contrattazione collettiva, per definirne le modalità operative. Occorre garantire quanto prima e in modo concreto questa possibilità, atta a favorire l’utilizzo dei congedi da parte del padre oltre che della madre, siglando l’Accordo con le Associazioni datoriali per le modalità di fruizione ad ore.
- Un’altra efficace forma di incentivo alla condivisione delle attività di cura tra i genitori si può ottenere con l’incremento dell’indennità per i periodi di congedo parentale. (Il 30% della retribuzione pagata dall’INPS potrebbe essere integrato fino al 60/80% dalle aziende, eventualmente presentando dei progetti pilota, che utilizzino i finanziamenti previsti ai sensi dell’articolo 9 Legge 53/2000).
- Uno strumento di conciliazione da sviluppare è costituito dal telelavoro. Per quanto sia correttamente disciplinato nel CCNL ABI (ma non in quello ANIA), è necessario rivedere la normativa alla luce delle innovazioni tecnologiche degli ultimi anni, che consentono forme di telelavoro meno strutturate, meno costose per le Aziende e talvolta più appetibili per lavoratrici e lavoratori, che possono utilizzarle in modo temporaneo o saltuario (per esempio il cosiddetto Lavoro Agile o Smart Work, sul quale è prevista proprio in questi giorni la presentazione in Parlamento di una proposta di legge). Il rischio, che stiamo già correndo e che dobbiamo evitare, è che queste modalità di telelavoro siano adottate dalle Aziende in modo autonomo senza un adeguato presidio sindacale.
- Ancora, proponiamo di incentivare il part-time contrastando, con la nostra azione sindacale, l’esclusione di chi lavora a tempo parziale dalle progressioni di carriera e dagli incentivi (allegato 3: estratto da “La flessibilità paga. Perché misurare i risultati e non il tempo”). Vogliamo produrre un cambiamento culturale, che valorizzi il part-time volontario come nuova modalità di organizzazione del lavoro, che possa coniugare i bisogni di lavoratrici e lavoratori con le richieste dalle Aziende. E’ provato, infatti, che il Work life balance è uno degli indicatori più eloquenti di benessere dei dipendenti e di conseguenza delle imprese, in quanto si riflette sulla produttività. La flessibilità non genera costi aggiuntivi, ma contribuisce a innescare processi virtuosi che soddisfano le esigenze di entrambe le parti coinvolte. In quest’ottica riteniamo che le percentuali massime di contratti part-time, stabilite nei CCNL, vadano rimosse, garantendo anzi una percentuale minima di part-time volontario come diritto delle lavoratrici e dei lavoratori.
- Il part-time non è soltanto lo strumento principe per conciliare vita e lavoro, ma può anche costituire una modalità non traumatica di risoluzione delle tensioni occupazionali. In questa fase storica, in cui il settore denuncia esuberi in maniera allarmante, oltre al part time occorre trovare altre soluzioni alternative ai licenziamenti, come per esempio le giornate di solidarietà volontaria, finanziate dalla parte ordinaria del Fondo di Solidarietà di Settore, che sono un utile strumento per coniugare occupazione e conciliazione, garantendo a lavoratori e lavoratrici una buona copertura retributiva, oltre ai contributi figurativi. E’ necessario che gli accordi innovativi sottoscritti in alcuni gruppi bancari diventino patrimonio comune e siano richiamati nel contratto nazionale di categoria, sviluppando perlomeno delle linee di indirizzo condivise.
2. Occorre operare per la riduzione concreta delle differenze salariali tra uomini e donne. Queste alcune delle misure che suggeriamo di adottare:
- Nel caso di assenza dal servizio, il premio aziendale o premio di produttività (ex VAP o PAP) viene ridotto di tanti dodicesimi quanti sono i mesi totali di assenza. Tuttavia sono salvaguardati dalla riduzione i 5 mesi del congedo di maternità (parte obbligatoria), che non vengono computati a riduzione del premio. E’ necessario salvaguardare anche l’astensione facoltativa, così come definita dal T.U. sui congedi parentali, a beneficio della madre e del padre, come concreto riconoscimento della funzione sociale svolta dalla famiglia.
- Un altro intervento auspicabile riguarda gli incentivi nel settore del credito. Il CCNL ABI stabilisce l’obbligo dell’impresa di segnalare il numero dei premiati distribuiti per classi omogenee. Chiediamo che siano distinte per genere e che l’informativa sia estesa a tutti i contratti collettivi di categoria, in modo da rendere possibile il richiamo ad una coerenza tra le percentuali di presenza di genere e le percentuali di premiati e promossi.
- Un ulteriore intervento retributivo è possibile sul part-time, cogliendo l’esortazione della CES a sovrastimare il lavoro di chi svolge le attività di cura, retribuendolo in misura maggiore rispetto alla paga oraria del tempo pieno e riconoscendone così la funzione sociale. E’ innegabile che in Italia il lavoro di cura familiare svolga una funzione di supplenza rispetto alle carenze dei servizi sociali, producendo valore e contribuendo al benessere della collettività. In quanto tale merita di essere retribuito. Condizione necessaria per operare una contrattazione di genere di portata davvero innovativa è coinvolgere tutta l’organizzazione in maniera trasversale, cancellandone la dimensione di parzialità, che l’ha caratterizzata finora, quel tratto caratteristico di contrattazione residuale e di nicchia. Per questo chiediamo da subito che le Delegazioni Trattanti dei Contratti Nazionali abbiano una composizione di genere equilibrata, al 50 e 50.