Avete firmato con ottime ragioni…
Allora perché – per una volta – non venite a spiegarle in assemblea??? Assemblea unitaria e con il contraddittorio di chi non ha firmato.
Il balletto andato in scena sul finire del 2013 sull’aumento di capitale da fare inderogabilmente a gennaio, senza tenere conto del parere degli azionisti, ci racconta dell’ultimo fallimento di un piano industriale che ha mancato tutti gli obiettivi.
Lungi da noi parteggiare per l’una o l’altra fazione in campo, dobbiamo però rilevare che il rinvio dell’aumento di capitale, come esito dello scontro fra management della banca e fondazione, avrebbe potuto esporre nuovamente i colleghi e l’azienda a difficoltà di tenuta con la clientela.
Mentre solo qualche mese fa anche l’Europa (non solo la Fisac CGIL) bocciava le scelte di Viola e Profumo imponendo “la ristrutturazione del piano di ristrutturazione”, varato poco tempo prima.
In questo scenario la sola costante che è stata regalata ai dipendenti è l’incertezza sul proprio futuro. Invece, del piano di ristrutturazione, l’unico punto centrato rimane quello delle esternalizzazioni, portato a casa con ritardo rispetto alle previsioni e grazie alla fondamentale collaborazione delle sigle sindacali firmatarie, che hanno rivisto improvvisamente la propria posizione sul progetto in questione dopo, lo ricordiamo, una vertenza iniziata unitariamente e proseguita insieme fino a dicembre 2012.
Il tutto avvenuto mentre i dati di fatto ci parlano di un rilancio della banca che rimane una chimera e suggerirebbero ad un management serio, arrivati a questo punto, di andare sino in fondo rispetto alle proprie ventilate dimissioni.
Ma seri dubbi sorgono anche sull’operato delle collaborative sigle firmatarie.
Come si può firmare un accordo senza tener conto che i lavoratori ceduti, ancor più che in MPS, sono per la maggioranza iscritti alla Fisac CGIL?
Si possono cedere lavoratori che non si rappresentano, se non per una stretta minoranza?
Sono consapevoli di cosa significhi firmare per la prima volta in categoria l’impossibilità della “riassunzione”?
Sono a conoscenza che ci sono ancora 3500 esuberi da gestire (per intenderci non basterà il fondo di solidarietà) e che lo strumento potrebbe essere proprio il ricorso alle esternalizzazioni senza garanzie come queste relative ai 1066 colleghi ceduti a Fruendo?
Torino, 3 gennaio 2014 LA SEGRETERIA
Come si può firmare una premessa, come è stato fatto nell’accordo di cessione, nella quale non solo si dava un giudizio positivo del processo di esternalizzazione e del piano industriale, ma si affermava la preesistenza di un ramo d’azienda dotato di autonomia funzionale ed organizzativa?
Perché affermare il falso? Perché sottoscrivere il falso?
Sapendo benissimo che il presunto ramo d’azienda non è mai esistito.
Sapendo altrettanto bene che “DAACA” altro non è che il nome di un contenitore, creato ad hoc per porre in essere la procedura di esternalizzazione e che il ramo d’azienda consolidato di cui parla la legislazione in materia non c’è mai stato.
Forse questa premessa serve solo per meglio tutelare la banca da azioni legali da parte dei lavoratori esternalizzati che stanno già partendo?
Forse perché si intende assumere il punto di vista di Profumo, che chi non genera ricavi, chi non è core in banca dalla banca deve uscire (eppure nei consorzi ci sono anche attività core…)?
Lo stesso punto di vista, guarda il caso a volte, di quando si dice – come il nostro presidente – che altrimenti ci sono i licenziamenti?
Allora i licenziamenti mettiamo Fruendo nella condizione di farli?
A proposito, sanno i sindacalisti firmatari che qualcuno dei loro delegati, grazie alle tutele a loro offerte dalla legge 300, nonostante la bontà dell’accordo da loro perorata, si è ben guardato dal confluire in Fruendo ed è rimasto in MPS?
Che la nostra delegata CGIL del polo di Milano si è invece ritrovata non solo esternalizzata, ma anche trasferita perché il polo di Milano è stato completamente cancellato?
Peraltro, a differenza di altri sindacalisti, non ha sfruttato le tutele di legge ovviamente anche a sua disposizione, dal momento che riguardano le libertà sindacali.
Noi le rivolgiamo qui queste domande perché sappiamo già che in assemblea le sigle firmatarie non verranno, anzi, i loro sforzi si concentreranno sul tentativo di far passare sotto silenzio questo accordo separato, a partire dalle deroghe al contratto nazionale, di cui i lavoratori si accorgono solo quando ne pagano le conseguenze ed esaminano la busta paga.
Ma d’altra parte anche il Monte Paschi, come l’Italia tutta, non è immune dalla crisi della democrazia e della rappresentanza.
Noi da parte nostra continueremo a sostenere che il voto dei lavoratori sia per un sindacato indispensabile e vincolante, sia per firmare un accordo sia per dirimere le contrarietà di giudizio.
Torino, 3 gennaio 2014 LA SEGRETERIA