Questo è il comunicato che i sindacati aziendali non avrebbero mai voluto scrivere e che i lavoratori di Banca Etruria si erano augurati (o illusi) di non dover mai leggere!
La nostra Banca dopo più di 130 anni di autonomia è costretta ad arrendersi all’evidenza ed a ricercare un processo di integrazione e/o aggregazione con un altro gruppo bancario che consenta di raggiungere dimensioni aziendali tali da garantire maggiore stabilità per il futuro.
Imputato maggiore, come sempre, la cattiva qualità del credito che ci ha portato a dover spesare circa 800 milioni dal 2009 ad oggi e che necessiterebbe di ulteriori rettifiche per 80 milioni oltre che di un’attenta revisione delle posizioni a incaglio e a sofferenza.
Questi, in buona sostanza, i rilievi e le indicazioni contenuti nelle risultanze dell’ispezione di Bankitalia durata ben 9 mesi e conclusasi nel settembre scorso, e che il Presidente Fornasari ed il Direttore Generale Bronchi hanno rappresentato alle organizzazioni sindacali aziendali convocate, come da nostra richiesta, con urgenza, in coda al CdA di venerdì 13 dicembre.
Nonostante tutte le rassicurazioni ricevute nei mesi scorsi da parte del Direttore Generale (a dispetto dei numerosi allarmi da noi lanciati) ed i proclami di voler perseguire l’autonomia con ogni arma sbandierati a più riprese dal Presidente Fornasari, oggi, dopo due aumenti di capitale ed il collocamento di ben due prestiti obbligazionari subordinati portati a termine con grande successo negli ultimi mesi, ci ritroviamo a questo punto!
Il Presidente Fornasari ci ha garantito che l’ispezione di BANKITALIA non ha messo in rilievo alcuna irregolarità nella gestione, tanto è vero che la risultanza non è il commissariamento.
Nei fatti però il risultato è altrettanto doloroso: perdere l’autonomia e diventare, da domani, una banca in vendita con tutte le conseguenze che questo può comportare in termini di difficoltà di mantenimento dei livelli occupazionali e di incisività nella vicinanza alle economie dei nostri territori di riferimento.
Non vorremmo veder succedere qui quello che altrove è palesemente accaduto, indipendentemente dal mantenimento del marchio, e cioè un territorio divenuto puro campo di raccolta (spesso fino al limite della razzia) per rastrellare capitali da investire in altri luoghi ritenuti più strategici da chi in futuro ci dirigerà. Noi non lo potremo tollerare e guardiamo con rammarico al fatto che la stessa politica, che tanto sbandiera l’importanza del credito, soprattutto per le piccole medie imprese, non sia stata interessata o capace di muovere un dito per evitare che tutto questo accadesse, lasciando alla Banca d’Italia il ruolo non tecnico ma altamente politico di decidere quali banche debbano continuare ad esistere e quali no!
La Direzione ha assicurato che il partner ed il modello di aggregazione non è stato ancora individuato, anche se diverse opzioni sono al vaglio del CdA.

Al tavolo abbiamo sottolineato con forza che nella scelta, ammesso che questa sia veramente ancora opzionabile, la dirigenza di questa banca debba, sopra ogni altra cosa, tenere conto del minor impatto in termini di ricadute sui lavoratori in primis e sul territorio poi.
Crediamo che almeno questo ai dipendenti di Banca Etruria sia dovuto da parte di chi, anche laddove non avesse commesso nessuna irregolarità, ha perlomeno la colpa di aver per troppo tempo sottovalutato la situazione della rischiosità del credito e di aver peccato di grande presunzione nel credere di poter governare la barca in acque così tempestose e contro correnti forti e nemiche.
I lavoratori hanno sempre fatto, con spirito di sacrificio ed abnegazione totale, tutto ciò che gli è stato chiesto di fare; i sindacati aziendali, da parte loro, hanno sempre tenuto in massimo conto nel portare avanti le loro rivendicazioni, il bene dell’Azienda e le compatibilità di sistema.
Come lavoratori ci aspettiamo e pretendiamo la doverosa riconoscenza da parte di chi
andrà a trattare con la controparte perché la scelta cada su quel partner che sarà in
grado di fornire maggiori garanzie occupazionali e maggiori tutele. Come sindacati
aziendali pensiamo ci sia assolutamente dovuta la massima trasparenza e condivisione
nei processi decisionali in questo pericoloso frangente.
Non permetteremo a nessuno di fare i propri giochi prescindendo dal bene dei lavoratori, non lasceremo che anche nella nostra banca chi ha sbagliato o comunque ha fallito nel proprio intento esca di scena con qualche poltrona garantita e con buonuscite milionarie. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e questi occhi vigileranno attentamente e pretenderanno di essere ascoltati sia come lavoratori sia come soci di una banca che è ancora una banca popolare con voto capitario!
Ovviamente, quanto sopra, è frutto di gravi responsabilità e incapacità che necessariamente dovranno essere individuate. Chi ci ha ridotto in questa situazione non potrà non rispondere del proprio operato.
Dai messaggi e dalle telefonate che, da subito, abbiamo cominciato a ricevere dai colleghi, traspare una comprensibile apprensione sul mantenimento dei livelli occupazionali e sulle condizioni di lavoro.
Non possiamo al momento trasmettere nessun segnale di tranquillità se non sul fatto che, anche in questo complicato e doloroso momento della vita della nostra banca, le organizzazioni sindacali aziendali che rappresentano insieme la stragrande maggioranza dei lavoratori, garantiranno il massimo impegno sia nel tenere informati i colleghi, sia nel trattare, quando sarà il momento, le migliori condizioni di passaggio possibili.
La nostra Banca dopo più di 130 anni di autonomia è costretta ad arrendersi all’evidenza ed a ricercare un processo di integrazione e/o aggregazione con un altro gruppo bancario che consenta di raggiungere dimensioni aziendali tali da garantire maggiore stabilità per il futuro.
Imputato maggiore, come sempre, la cattiva qualità del credito che ci ha portato a dover spesare circa 800 milioni dal 2009 ad oggi e che necessiterebbe di ulteriori rettifiche per 80 milioni oltre che di un’attenta revisione delle posizioni a incaglio e a sofferenza.
Questi, in buona sostanza, i rilievi e le indicazioni contenuti nelle risultanze dell’ispezione di Bankitalia durata ben 9 mesi e conclusasi nel settembre scorso, e che il Presidente Fornasari ed il Direttore Generale Bronchi hanno rappresentato alle organizzazioni sindacali aziendali convocate, come da nostra richiesta, con urgenza, in coda al CdA di venerdì 13 dicembre.
Nonostante tutte le rassicurazioni ricevute nei mesi scorsi da parte del Direttore Generale (a dispetto dei numerosi allarmi da noi lanciati) ed i proclami di voler perseguire l’autonomia con ogni arma sbandierati a più riprese dal Presidente Fornasari, oggi, dopo due aumenti di capitale ed il collocamento di ben due prestiti obbligazionari subordinati portati a termine con grande successo negli ultimi mesi, ci ritroviamo a questo punto!
Il Presidente Fornasari ci ha garantito che l’ispezione di BANKITALIA non ha messo in rilievo alcuna irregolarità nella gestione, tanto è vero che la risultanza non è il commissariamento.
Nei fatti però il risultato è altrettanto doloroso: perdere l’autonomia e diventare, da domani, una banca in vendita con tutte le conseguenze che questo può comportare in termini di difficoltà di mantenimento dei livelli occupazionali e di incisività nella vicinanza alle economie dei nostri territori di riferimento.
Non vorremmo veder succedere qui quello che altrove è palesemente accaduto, indipendentemente dal mantenimento del marchio, e cioè un territorio divenuto puro campo di raccolta (spesso fino al limite della razzia) per rastrellare capitali da investire in altri luoghi ritenuti più strategici da chi in futuro ci dirigerà. Noi non lo potremo tollerare e guardiamo con rammarico al fatto che la stessa politica, che tanto sbandiera l’importanza del credito, soprattutto per le piccole medie imprese, non sia stata interessata o capace di muovere un dito per evitare che tutto questo accadesse, lasciando alla Banca d’Italia il ruolo non tecnico ma altamente politico di decidere quali banche debbano continuare ad esistere e quali no!
La Direzione ha assicurato che il partner ed il modello di aggregazione non è stato ancora individuato, anche se diverse opzioni sono al vaglio del CdA.

Al tavolo abbiamo sottolineato con forza che nella scelta, ammesso che questa sia veramente ancora opzionabile, la dirigenza di questa banca debba, sopra ogni altra cosa, tenere conto del minor impatto in termini di ricadute sui lavoratori in primis e sul territorio poi.
Crediamo che almeno questo ai dipendenti di Banca Etruria sia dovuto da parte di chi, anche laddove non avesse commesso nessuna irregolarità, ha perlomeno la colpa di aver per troppo tempo sottovalutato la situazione della rischiosità del credito e di aver peccato di grande presunzione nel credere di poter governare la barca in acque così tempestose e contro correnti forti e nemiche.
I lavoratori hanno sempre fatto, con spirito di sacrificio ed abnegazione totale, tutto ciò che gli è stato chiesto di fare; i sindacati aziendali, da parte loro, hanno sempre tenuto in massimo conto nel portare avanti le loro rivendicazioni, il bene dell’Azienda e le compatibilità di sistema.
Come lavoratori ci aspettiamo e pretendiamo la doverosa riconoscenza da parte di chi
andrà a trattare con la controparte perché la scelta cada su quel partner che sarà in
grado di fornire maggiori garanzie occupazionali e maggiori tutele. Come sindacati
aziendali pensiamo ci sia assolutamente dovuta la massima trasparenza e condivisione
nei processi decisionali in questo pericoloso frangente.
Non permetteremo a nessuno di fare i propri giochi prescindendo dal bene dei lavoratori, non lasceremo che anche nella nostra banca chi ha sbagliato o comunque ha fallito nel proprio intento esca di scena con qualche poltrona garantita e con buonuscite milionarie. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e questi occhi vigileranno attentamente e pretenderanno di essere ascoltati sia come lavoratori sia come soci di una banca che è ancora una banca popolare con voto capitario!
Ovviamente, quanto sopra, è frutto di gravi responsabilità e incapacità che necessariamente dovranno essere individuate. Chi ci ha ridotto in questa situazione non potrà non rispondere del proprio operato.
Dai messaggi e dalle telefonate che, da subito, abbiamo cominciato a ricevere dai colleghi, traspare una comprensibile apprensione sul mantenimento dei livelli occupazionali e sulle condizioni di lavoro.
Non possiamo al momento trasmettere nessun segnale di tranquillità se non sul fatto che, anche in questo complicato e doloroso momento della vita della nostra banca, le organizzazioni sindacali aziendali che rappresentano insieme la stragrande maggioranza dei lavoratori, garantiranno il massimo impegno sia nel tenere informati i colleghi, sia nel trattare, quando sarà il momento, le migliori condizioni di passaggio possibili.
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