Concludiamo oggi la vasta panoramica sul “rientro dei capitali dall’estero”, un tema che ha anche risvolti pratici sull’operatività dei colleghi bancari, senza dimenticare( ovviamente) tutti gli aspetti di legalità connessi alla tematica, ivi compresa quella sul riciclaggio di denaro. Ritorneremo sull’argomento appena vi saranno aggiornamenti normativi.
L’obbiettivo a cui sta lavorando il Governo italiano è far rientrare i capitali italiani dall’estero, questa volta però senza sanatorie come per gli ultimi scudi fiscali. La rotta sembra tracciata con un intervento su due fronti. Sul primo lavora l’Agenzia delle Entrate con una struttura ad hoc: l’Ufficio centrale per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali (UCIFI). Il secondo è invece un intervento legislativo sia sulle sanzioni tributarie per chi si “pente” riportando soldi e patrimoni in Italia, sia sulle soluzioni per circoscrivere le conseguenze relative a reati tributari e antiriciclaggio.
Nel mirino ci sono duecento miliardi di euro da far ritornare, su cui poi recuperare le tasse evase e applicare le sanzioni. Una stima del Sole 24 Ore (partendo da uno studio realizzato nel 2011 da due ricercatori della Banca d’Italia) evidenzia come nel 2008, quindi prima dell’ultimo scudo fiscale, i capitali sotto forma di titoli di portafoglio (fondi, azioni, obbligazioni) detenuti all’estero fossero pari ad una cifra compresa tra i 124 ed i 194 miliardi di euro (di fatto tra il 7,9 ed il 12,4% del Pil). Nello stesso studio si sosteneva che le regolarizzazioni di titoli in portafoglio fossero quantificabili in 60 miliardi di euro. Dal conto erano esclusi gli altri patrimoni portati illegalmente all’estero: denaro contante, depositi in conto corrente, immobili. Così incrociando questa stima con i dati sulla composizione dell’ultimo scudo fiscale, il conto delle attività all’estero non dichiarate dai loro possessori italiani, può essere stimato tra i 157 ed i 197 miliardi di euro. Un flusso rilevante di capitali in uscita nel giro di pochi anni che potrebbe trovare spiegazioni sia in chiave di reazione alla crisi finanziaria sia al naturale aumento di valore della ricchezza già all’estero.
A prescindere dai numeri –alcune stime parlano addirittura di 300 miliardi di euro all’estero- questa partita è destinata a diventare centrale fin dalle prossime settimane. L’eventuale rimpatrio di solo metà dei 200 miliardi, con sanzione premiale tra il 15 ed il 20% porterebbe ad un incasso fino a 20 miliardi di euro. Un gettito cui Governo e Parlamento guardano con molto interesse, soprattutto nel tentativo di allentare la morsa della pressione fiscale e di trovare le risorse per lo sviluppo.
Non a caso il Premier italiano nel discorso per la fiducia in Parlamento ad inizio di ottobre ha parlato di un aggiornamento del lavoro della Commissione costituita presso il Ministero della Giustizia. La Commissione ha concluso un primo studio sull’autoriciclaggio. Nel lavoro si parlava espressamente di “sistemi premiali” per incentivare il rientro. Una questione spinosa riguarda la possibilità che l’autodenuncia del contribuente abbia poi un seguito in Procura perché la violazione delle regole sui reati tributari è quasi automatica. Già nel documento finale si poneva il dubbio di come “sterilizzare” le conseguenze penali in presenza di un comportamento di collaborazione davvero spontaneo, evitando però “forme velate di amnistia”. In questo senso, la via d’uscita potrebbe essere rappresentata proprio dalla certezza dei tempi e del calcolo delle sanzioni amministrative. Dal resto, su questo versante c’è molta attesa perché qualche segnale si potrebbe vedere già con i chiarimenti ormai prossimi dell’Agenzia delle Entrate sull’applicazione delle nuove penalità, riviste al ribasso, della legge europea per chi non ha compilato il quadro RW della dichiarazione dei redditi: quello in cui si indicano i patrimoni all’estero.
L’altro fronte caldo, invece, è quello del riciclaggio. E qui l’attenzione è rivolta anche ai Professionisti, che sarebbero chiamati a segnalare le operazioni sospette dei contribuenti che assistono nel rimpatrio , con il rischio che questo possa trasformarsi in un deterrente.
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