La lotta all’evasione fiscale internazionale sta compiendo passi in avanti. Il Fisco italiano tiene alta la guardia sul fronte estero, come ha confermato ieri il Direttore dell’Agenzia delle Entrate: “Ci sono fatti concreti, c’è un movimento internazionale, stiamo cercando di portare a casa i quattrini che sono all’estero ed i segnali ci arrivano. Bisogna trattare senza sconti particolari, bisogna smussare qualche angolo”. Parole che arrivano pochi giorni dopo quelle del Premier (vedi nostra nota precedente) che aveva annunciato un piano articolato sul tema della legalità e dei capitali all’estero).
Ovviamente non si parte da zero. Il nostro Paese infatti è parte attiva nel processo di costruzione di sistemi di cooperazione e scambio automatico delle informazioni tra Amministrazioni fiscali fondati sull’architettura normativa ed informatica del FACTA (The Foreign account tax compliance act). La firma del patto bilaterale Italia-Usa potrebbe avvenire entro poche settimane (con avvio Primo luglio 2014) mentre in sede Ue sarà accelerato l’iter normativo relativo allo scambio multilaterale che dovrebbe debuttare dal Gennaio 2015.
Sul piano nazionale, invece l’Agenzia delle Entrate sta mettendo a punto una nuova procedura di regolarizzazione e di volontaria “desclosure” sulle “attività economiche e finanziarie illecitamente detenute all’estero da contribuenti nazionali”. In questa ottica il Governo ha chiesto di riaggiornare rapidamente le conclusioni del lavoro svolto l’anno scorso. In particolare, il Gruppo di Lavoro si è occupato dei fenomeni di riciclaggio e di autoriciclaggio che in molti casi presuppongono casi di evasione fiscale.
I contribuenti che vorranno “sbloccare” i propri fondi trasferiti all’estero in maniera illegale dovranno presentare un’autodenuncia (vedasi scheda). In cambio di una collaborazione tempestiva (non varrà il meccanismo per chi ha già subito verifiche o ricevuto questionari) e piena, il contribuente, che dovrà comunque pagare imposte ed interessi su tutte le annualità accertabili, potrà ottenere vantaggi sul piano tributario e cioè uno sconto sulle sanzioni fino alla metà del minimo (art.7, comma 4 del Dlgs. 472/97).
Sul piano penale, invece, la questione è più complessa. E’ chiaro che scatterebbero la denuncia alla Procura e conseguenze di tipo penale solo al superamento di determinate soglie. Per il contribuente che si autodenuncia potrebbe allora trovare applicazione la circostanza attenuante prevista dall’articolo 13 del Dlgs. 74 del 2000, con la riduzione della pena fino alla metà e lo sconto sulle pene accessorie se “prima della dichiarazione di aperura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante pagamento”. Lo sconto aggiunto al riconoscimento delle attenuanti generiche e all’eventuale scelta del patteggiamento potrebbe ridurre al minimo la sanzione detentiva (da uno a tre anni) permettendo la commutazione in una sanzione pecuniaria.
E’ chiaro che, però, sarebbe preferibile un intervento legislativo che sciogliesse tutti i nodi aperti sul fronte penale. Ferma restando la volontà politica di non dar luogo a procedure di condono tipiche dello scudo fiscale, si discute, ad esempio, sull’estensione della tipologia dei reati tributari ammessi ad eventuali benefici (come le fatture false), alle condizioni per accedervi, e al valore da assegnare all’autodenuncia da parte di interventi legislativi. Se fosse un semplice esimente, occorrerebbe comunque la denuncia, se si arrivasse ad una depenalizzazione, come indicato dal Gruppo di Lavoro, si dovrebbe affrontare altre questioni strutturali come l’inquadramento giuridico dell’auto-riciclaggio.
TABELLA DEL PERCORSO
I contribuenti che vorranno sbloccare i propri fondi trasferiti all’estero in maniera illegale, dovranno presentare un’autodenuncia.
In una prima fase (denominata “no name” i professionisti, dopo aver effettuato le verifiche antiriciclaggio, saranno ammessi a chiedere chiarimenti preliminari all’UCIFI in modo da avere tutti gli elementi tecnici per consigliare i propri assistiti salvaguardandone l’anonimato.
Anonimato che verrà meno se si firmerà l’autodenuncia. In questa seconda fase, l’amministrazione finanziaria valuterà la domanda alla luce di una serie di requisiti soggettivi (potranno essere ammessi i titolari dei capitali sottratti a tassazione, anche pro-quota.
La “confessione” dovrà essere “tempestiva” (vale a dire che la potranno esercitare solo coloro che non hanno ancora subito verifiche o ricevuto questionari), piena e veritiera.
La confessione varrà anche per il futuro. Il contribuente dovrà dire al Fisco come intende gestire i capitali emersi e anche ciò sarà oggetto di valutazione (una cosa è volerli lasciare in un trust all’estero, alta cosa sarà il reimpiego nella propria azienda.
La denuncia dovrà anche essere allargata alle modalità e ai canali utilizzati per esportare ed amministrare i beni.
I VANTAGGI
In cambio di una collaborazione tempestiva e piena il contribuente (che dovrà comunque pagare imposte ed interessi su tutte le annualità accertabili), potrà ottenere vantaggi sul piano tributario con uno sconto sulle sanzioni fino alla metà del minimo (art. 7, comma 4, Dlgs 472/97).
Sul piano penale, invece, la questione è più complessa. Per il contribuente che si autodenuncia potrebbe trovare applicazione la circostanza attenuante prevista dall’art.13 del Dlgs74 del 2000 con la riduzione fino alla metà.
Lo sconto aggiunto al riconoscimento delle attenuanti generiche ed all’eventuale scelta del patteggiamento potrebbe ridurre al minimo la sanzione detentiva e permetterne la commutazione in una sanzione pecuniaria.