A quelli che …neanche ti salutano più per paura che tu gli parli dello sciopero;
A quelli che “vista la gravità della situazione … è una questione di buon senso!” E loro, di buon senso ne hanno da vendere; soprattutto quando in vendita … sono gli altri!
A quelli che “ci devo pensare” e sai che l’unico pensiero che li guida è il loro portafoglio e quindi… si sa, lo sciopero costa;
A quelli che “purtoppo ce l’hanno loro il coltello dalla parte del manico” e intanto tirano un sospiro di sollievo perché la lama sta tagliando altrove e prima che arrivi a loro… magari si spezza!
A quelli che “io lo farei se servisse” omettendo di aggiungere ”a me”;
A quelli che non lo fanno, pensate un po’ perché? …” per fare dispetto all’azienda che se noi scioperiamo risparmia!”;
A quelli che ”un giorno, due giorni di sciopero non risolvono niente. Si dovrebbe star chiusi un mese”. Eh sì, sono per le cose in grande loro! E intanto, questi agguerritissimi combattenti, hanno la giustificazione per non fare niente;
A quelli che ”con questo papa sono fiero di essere cattolico” per poi dimenticare, subito dopo, il richiamo alla solidarietà;
A chi lo sciopero lo farebbe ma … ha paura di dispiacere a qualche ducetto arrogante.
A tutti questi, e ai tanti altri che qui abbiamo dimenticato, dedichiamo le parole di Antonio Gramsci che, nonostante il carcere, non cambiò mai idea, e non era stupido:
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera[…] Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”
Invece, a quei sindacalisti che appena ieri proclamavano che il ricorso alle esternalizzazioni:
“e’ la dimostrazione di una strategia aziendale di corto respiro, che tende a spostare i problemi più avanti, con soluzioni che penalizzano esclusivamente i lavoratori. È la dimostrazione che il “problema licenziamenti” viene scaricato ad un’altra azienda per tentare di lavarsi le mani e la coscienza. Gridiamo forte il nostro NO alle esternalizzazioni”;
e che oggi invece affermano, al contrario di ieri, “Non esistono alternative per il risanamento della banca” vogliamo esprimere ammirazione per la mirabolante giravolta del loro pensiero.
Evidentemente, per loro, la coerenza non è una virtù. Del resto, in molti affermano che solo gli stupidi non cambiamo mai idea.
Ma se cambiare idea, purchè non lo si faccia troppo spesso altrimenti si rischia di essere inaffidabili, o per tornaconto personale sennò si è opportunisti, è normale, lo è anche cambiare i propri valori?
E allora vi chiediamo:
La difesa del lavoro, la difesa dei lavoratori è ancora un valore?
Tra i lavoratori comprendiamo tutti o facciamo a forfait?
Un torto, un’ingiustizia è tale per la sua sostanza o per il numero di vittime che colpisce?
Ci piacerebbe che ancora una volta, visto che avete dimostrato di essere bravi a farlo, cambiaste idea e tornaste da quest’altra parte, dalla parte dei lavoratori, tutti .
Per noi è questa la parte giusta.
E non diteci che non l’avete mai lasciata.
Forse non ve ne siete accorti.
Capita, quando si fanno le capriole, soprattutto se vi si aggiunge un triplo avvitamento a destra, un leggero capogiro che può far confondere sulla collocazione che si assume poi nello spazio.
La prova?
Che “Non esistono alternative per il risanamento della banca” al di fuori delle esternalizzazioni fatelo dire al presidente o all’amministratore delegato.
Non potete essere voi l’ufficio stampa di Profumo e di Viola, né la loro cassa di risonanza, soprattutto se, anche per voi, le esternalizzazioni erano quello che per noi continuano ad essere: licenziamenti mascherati.
Un sindacato le alternative le deve trovare e, normalmente, diverse da quelle dell’azienda.
Abdicare alle ragioni del lavoro per sposare quelle dei “padroni” è una sciagura che dura da troppo tempo.
“Non c’erano alternative” avete detto – e in quell’occasione, ahimè, anche la FISAC si unì al coro- quando è stato firmato il CCNL che ora l’ABI, perché si sa che l’appetito vien mangiando, ha disdettato con 10 mesi di anticipo. Un contratto a perdere, per i lavoratori naturalmente, in cambio di quelli che venivano affermati come due principi cardine del contratto: nuova e stabile occupazione –avrebbero assunto i giovani e fatto l’insourcing- e tutela dell’area contrattuale
Oggi i giovani continuano a stare a casa e l’insourcing si fa esternalizzando e le tutele dell’area contrattuale…
Poi c’è stato il contratto integrativo. Anche quello a perdere e, ancora una volta, per i lavoratori.
Del resto i sacrifici è bene che continui a farli chi c’è abituato. Mica si possono far fare ai manager? Quella è gente che non ci ha pratica e non può improvvisare dall’oggi al domani.
E anche in quell’occasione ci avete detto che non c’erano alternative per poi scrivere oggi che “l’azienda avrebbe potuto portare a compimento le esternalizzazioni e la disdetta CIA a prescindere dal raggiungimento di un accordo con il sindacato”. Ci dite che era una schifezza ma, siccome l’azienda l’avrebbe fatta comunque, non ve la siete sentita di lasciarla da sola a farla e l’avete voluta condividere firmandola. Generosità, senso di responsabilità, solidarietà? Forse (vogliamo essere generosi), ma ancora una volta con la parte sbagliata.
Poi, anche sul vostro nuovo ruolo di Enti Certificatori di Qualità, pur se dispiaciuti di non avere ottenuto il vostro marchio DOP sul nostro sciopero, come abbiamo scoperto dal titolo del vostro comunicato “C’è SCIOPERO e sciopero…” nutriamo molte perplessità.
Non capire le ragioni dello sciopero indetto dalla FISAC sembra più pretestuoso che reale; sembra un tentativo di difesa, un alibi per sfuggire alle colpe che probabilmente sentite di avere.
Poi dove sarebbe la “politica di intolleranza” portata avanti dalla Fisac nei vostri confronti?
Nell’avervi lasciato soli a mettere la firma su il nuovo scarno contratto integrativo? Nel non aver firmato le esternalizzazioni? Nell’aver indetto lo sciopero?
E se invece avessimo fatto un volantino come il vostro “ C’è SCIOPERO e sciopero… ?
E’ legittimo non aderire ad uno sciopero ed è legittimo spiegarne le ragioni.
Peccato che voi non l’abbiate fatto.
Non siete stati capaci di andare oltre un attacco alla Fisac, liquidando le nostre ragioni come “illusioni” accusandoci di strumentalizzare i lavoratori e di dividerli, di guidarli ad una sterile contrapposizione, proclamando scioperi senza prospettive.
Verrebbe da chiedervi chi ve l’ha dettato un testo simile; non sembra poter essere stato scritto da sindacati o, almeno, non da sindacati dei lavoratori.
L’azienda comunque, non sappiamo se commossa, sicuramente vi ringrazia.
Che confusione!
Anche la nuova attività da voi intrapresa, biologi studiosi del genoma della CGIL, ci sembra più dettata da livore che da una seria ricerca scientifica. Sono altre le mutazioni genetiche delle quali fareste bene a preoccuparvi ed occuparvi e senza, peraltro, dover uscire di casa.
Poi, sull’ultima fatica partorita dalla fine penna del segretario FABI di Viterbo, che dire?
Sicuramente si è impegnato tanto, non fosse altro per la lunghezza dell’elaborato, ma il risultato è il solito brodo a cui ci ha abitato. Forse più lungo e quindi, se possibile, anche un po’ più disgustoso.
Questi suoi, ormai ricorrenti, soliloqui assomigliano sempre di più ad un ossessione.
La FISAC è la sua ossessione? Oppure che sia uno stratagemma, una tecnica diversiva per distogliere l’attenzione da atteggiamenti equivoci, posizioni difficili da spiegare, da silenzi imbarazzanti?
Meglio buttarla in caciara così che non ci si accorga che “il re è nudo”?
E allora, quando non si ha panem da dare, si prova a dare il circenses.
Con saccente protervia, con i doppi sensi, le illazioni, le Alpi e le Piramidi, la rava e la fava, il peccato originale e la fine del mondo, la deriva dei continenti e il riscaldamento atmosferico e così via, di palo in frasca, con un unico obiettivo: buttare merda sulla FISAC e la CGIL tutta.
Del resto, la botte dà il vino che ha ed è più facile ridicolizzare le ragioni altrui, che spiegare le proprie; soprattutto, poi, se di ragioni non se ne hanno.
Quello che rimane è una sensazione di disgusto ma anche di pena, di compassione.
Proviamo pena per come il livore, il rancore possano accecare sino a dare il peggio di se, sino a portare gli uomini a svelare una meschinità ed una grettezza che non dovrebbe esistere ma che, in caso contrario, ci si dovrebbe vergognare ad esibire.
Suggeriamo, all’estensore del documento, di andare a leggere, o rileggere, la metafora evangelica : ” Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”.
Precisiamo che può essere estesa anche a chi non è fratello e neanche parente alla lontana o addirittura a quelli che considera suoi nemici; noi della CGIL.
Ma anche sulla scelta dei nemici potremmo suggerirgli altri nomi ma un sindacalista dovrebbe averli già individuati da solo e già da un pezzo se questa ossessione per CGIL non gli avesse offuscato la vista.
Invece di fare della FISAC il suo bersaglio preferito, non potrebbe rivolgere l’attenzione all’azienda che la merita tutta e soprattutto in questo momento?
Miglior causa sarebbe degna di cotanta energia spesa; per esempio, la difesa dei lavoratori.
Ed a questi, a tutti i lavoratori che in mezzo a tanta miseria non hanno perso la speranza e non hanno rinunciato a continuare il viaggio con chi con loro lo aveva cominciato e che vogliono proseguirlo insieme, tenendosi per mano perché nessuno si perda durante il cammino, diciamo grazie.
Sappiamo che le battaglie si possono perdere ma solo se si combattono insieme le potremo vincere.
Da soli siamo niente; insieme siamo 30.000 e ad essere soli sono loro.
I sogni rimangono tali se sognati da soli, ma se condivisi diventano realtà.
E allora per un futuro migliore del presente, buona lotta a tutti per un sogno sognato insieme che diventi realtà.
Viterbo, 25 settembre 2013 La segreteria
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