Da un lavoratore
Nel rileggere articoli di giornale, dichiarazioni dei nostri managers e comunicati sindacali di qualche mese fa, le cause della crisi MPS sembrano evidenti. Un mix di malaffare, incapacità manageriale e crisi economica.
Alcuni si sono anche dichiarati pronti ad appoggiare azioni di responsabilità verso i vecchi capi.
Insomma, tutti d’accordo nel dire che altri e non i lavoratori hanno prodotto il dissesto della più antica banca del mondo.
Anche gli attuali vertici hanno le loro responsabilità. E’ passato più di un anno e mezzo dall’insediamento di Viola e più di anno da quello di Profumo e l’unico risultato certo che hanno ottenuto è stato quello di dividere il sindacato e instaurare un clima di terrore e paura nelle filiali e tra i colleghi.
Hanno forse risollevato le quotazioni del titolo in borsa? Non sembra proprio. Hanno forse attuato una mirata campagna di comunicazione che riposizioni la banca come sta facendo da diversi mesi la concorrenza? Nemmeno l’ombra del più blando tentativo. Hanno forse valorizzato le professionalità interne. Tutt’altro…
Ma se le cose stanno in questi termini viene spontaneo chiedersi perché i costi di questo dissesto devono essere sostenuti integralmente dai lavoratori. Perché?
Provate a chiedere al vostro referente sindacale (indipendentemente dalla sigla) e magari anche ad altri.
Tutti si affannano a dire che è necessario risanare l’azienda e che questo risanamento non può essere sostenuto da chi è assolutamente estraneo alle cause del male.
La Fisac Cgil ha proclamato per i prossimi 27 settembre e 4 ottobre due giornate di sciopero anche per dire a Viola e Profumo che i lavoratori non sono disposti a chinare supinamente la testa. Non solo, la Fisac ha presentato una proposta alternativa che permetterebbe all’azienda di ottenere la stessa riduzione di costi senza procedere alle esternalizzazioni. Ma i vertici aziendali non ne vogliono sentir parlare.
Gli scioperi servono quindi a difendere i nostri colleghi prossimi all’esternalizzazione e premere sull’azienda affinchè riapra il tavolo del confronto e della trattativa.
E’ questo il punto focale su cui occorre porre l’attenzione.
L’esternalizzazione riguarderà 1110 dipendenti con cessione del ramo d’azienda relativo alle attività amministrative, contabili ed ausiliari del Gruppo. Il compratore, ad oggi non ancora identificato e quindi impossibilitato ad assumere impegni, applicherà il contratto del credito e dovrà armonizzare i trattamenti economici e normativi con quelli esistenti nella Banca al momento della cessione. L’azienda dal canto suo “si impegna, nel caso di crisi aziendale sopravvenuta dell’acquirente, e anche nel caso di ulteriore cessione a terzi, a garantire le soluzioni più opportune, con l’obbligo del mantenimento dei livelli occupazionali”.
Nessuna disponibilità, quindi, a sottoscrivere una lettera individuale a tutti i singoli lavoratori in cui venga garantita la riassunzione al MPS in caso di crisi occupazionale – unica vera garanzia efficace oggi e tempo per tempo – e a garantire tutele per la mobilità.
Provate a pensare che cosa potrebbe significare per voi essere esternalizzati? Provate ad immedesimarvi in coloro che magari dopo pochi mesi dall’esternalizzazione si vedranno trasferiti a chilometri e chilometri di distanza, senza contare le probabili ricadute economiche. Vite sconvolte per colpe non proprie.
Il semplice encomio che molti gli riconoscono serve a ben poco. Cosa se ne fanno della medaglia al valore che altri gli vogliono appuntare sul petto?
Far passare l’esternalizzazione significa aprire una porta che non potrà più essere chiusa.
Molti si dicono scettici sullo sciopero. “Tanto non serve a niente” è la cosa che si sente ripetere più spesso. Ma ne siamo veramente sicuri? Non è forse nostro compito combattere per il nostro futuro e vendere cara la pelle?
Il loro futuro è infatti anche il nostro. Nessuno è escluso.
Viterbo, 11 settembre La segreteria
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