Il Consiglio europeo del 27 e 28 giugno scorsi ha finalmente preso atto che c’è un problema gravissimo nel continente: la disoccupazione, in modo particolare la disoccupazione giovanile.
Di certo, non è ancora abbastanza, e resta ancora molto da fare sul versante degli investimenti per la crescita, ma – su spinta dei governi progressisti, dei sindacati e della società civile – nell’Unione europea sta crescendo la consapevolezza che bisogna uscire dalle politiche di miope, e cieca, austerità.
Le conclusioni del Consiglio europeo del 27-28 giugno segnano l’avvio di un cambiamento di rotta, così riassumibile:
- il Vertice ha deciso un aumento (all’interno del quadro finanziario 2014-2020) del Fondo per la lotta alla disoccupazione giovanile (da 6 a 9 miliardi): l’Italia beneficerà di una quota rilevante, pari a un miliardo e mezzo di euro;
- il “Consiglio ha convenuto di varare un nuovo Piano per gli investimenti” e fa, intanto, una serie di precisazioni (adottare entro il 2013 i vari programmi Ue per realizzare la strategia Europa 2020; impiegare i fondi strutturali, ecc.);
- il Vertice invita ad attuare il Patto per la crescita e l’occupazione, adottato nel 2012 e sostenuto da un finanziamento di 120 miliardi di euro;
- il Vertice fa un riferimento “all’importanza fondamentale di una solida base industriale europea quale componente essenziale dell’Agenda Ue per la crescita e e la competitività”;
- il Vertice fa un riferimento alla necessità di considerare la dimensione sociale come un fattore chiave nel completamento dell’Unione economica e monetaria; in merito le Conclusioni di questo vertice precisano quanto segue:
“la dimensione sociale dell’UEM dovrebbe essere rafforzata. Innanzitutto è importante monitorare meglio e prendere in considerazione la situazione sociale del mercato del lavoro in seno all’UEM, in particolare utilizzando indicatori sociali e dell’occupazione nel quadro del semestre europeo. E’ altresì importante assicurare un migliore coordinamento delle politiche occupazionali e sociali pur rispettando pienamente le competenze nazionali. E’ inoltre fondamentale il ruolo delle parti sociali e del dialogo sociale, anche a livello internazionale. Tra breve, la Commissione presenterà una Comunicazione sulla dimensione sociale dell’UEM”.
Ovviamente resta da vedere se (e come) tutti questi buoni propositi saranno tradotti in realtà.
Circa il nuovo Piano europeo di investimenti per la crescita e lo sviluppo, si tratta di una richiesta forte del sindacato europeo, che i sindacati nazionali hanno articolato con le proposte per i singoli Stati, come il Piano del Lavoro della Cgil o la proposta di nuovo piano Marshall per l’Europa del sindacato tedesco Dgb, di cui si discuterà il 9 luglio a Roma in un seminario presso la CGIL.