L’ufficio di Vigilanza della Banca d’Italia ha recentemente diffuso i dati trimestrali relativi alla situazione degli sportelli bancari suddivisi per regione. In soli tre mesi, dall’ 1.1 al 31.3.2012, sono stati chiusi 156 sportelli e nei 3 anni precedenti il totale delle chiusure ammontava a 708.
Si tratta di dati significativi ma che rischiano di essere poca cosa rispetto alle previsioni e agli annunci dei piani industriali: Il gruppo Intesa chiude 1000 sportelli, il Gruppo MPS 400, Bper 250, ecc.
Si tratta di un ridimensionamento della rete senza precedenti per quantità e modalità (pure e semplici dismissioni e non più scambio o vendita di pezzi di rete come fatto fino a pochi anni fa).
Una tendenza forte, legata specificamente a due obiettivi comuni a tutto il sistema:
la riduzione dei costi che va concentrandosi sempre più sul costo del personale e quindi anche sui costi di gestione della rete. Rete che fino a mesi fa si voleva capillare e quale strumento di concorrenza con le altre aziende e che oggi , invece, si scopre essere “costosa”. Rete che, paradossalmente, fino poco tempo assorbiva parte del personale delle strutture di retro sportello o delle direzioni che veniva a tal fine riconvertito.
il rafforzamento del modello di banca come negozio finanziario, leggero, teso prevalentemente alla funzione di vendita di servizi e prodotti finanziari, stante la decisione di tutti i gruppi e le aziende bancarie di ridurre dal 10 al 20% il ruolo e il peso della classica intermediazione creditizia.
Due scelte che la stessa ABI incoraggia spingendo verso “modalità di offerta più mobili, sofisticate e on line “ e sostanziando questa tendenza con i dati della UE:
in Italia ci sono 56 sportelli ogni 100.000 abitanti, in Germania ce ne sono 48, la media UE a 15 paesi ne conta 42, ma tralascia, invece, che la Francia ha 60 sportelli per centomila abitanti…
Insomma la necessità di ridurre i costi, a partire dalla rete, e il modello di banca “trader” rappresentano parte cospicua dei “Piani Industriali fotocopia” con cui il sindacato sta confrontandosi azienda per azienda.
Sembra passata un’eternità, ma solo pochi mesi fa manager e banchieri si stracciavano le vesti per “la banca del territorio”, “la banca vicina al cliente” , “la banca amica”, ecc. Slogan che appartengono a un passato recentissimo svanito al primo insorgere della crisi.
Eppure dietro la banca del territorio c’era una diversa progettualità, una scelta di radicamento nell’economia dei singoli territori, una capacità, almeno prospettata, di orientamento e sostegno delle attività produttive e dei servizi.
Oggi quello slogan è uscito definitivamente dall’orizzonte dell’intero sistema. Ma si tratta di un “modello” che il Sindacato deve avere la capacità di riprendere e rilanciare, perché attraverso esso passa la difesa dei posti di lavoro e anche un diverso e migliore modo di fare banca. Rilanciare la necessità di un altro modo di fare credito, e conseguentemente di un altro modello di organizzazione del settore creditizio, diventa sempre più un’urgenza da affrontare non azienda per azienda, ma con risposte generali e di sistema.
Il fenomeno nel Mezzogiorno
I dati citati sulla chiusura degli sportelli hanno anche una declinazione “meridionale”:
in 3 anni dal 31.12.2008 al 31.12.2011 nel Mezzogiorno sono stati chiusi il 35,3% dei 708 sportelli dismessi
con punte del 5,6% in Calabria, 4,6% in Sicilia, 4% in Sardegna, 3,2% in Puglia
Si tratta di dati non assoluti, ma percentuali che vanno completati però di due ulteriori informazioni:
gli sportelli presenti nel Meridione sono solo il 21,3% del totale, a fronte invece del 35,3% del totale delle dismissioni;
il rapporto sportelli bancari per numero di abitanti è di uno a 2.948 al Sud e di uno a 1.794 al Centro-Nord.
Dovrebbe essere ovvio, quindi, che ogni sportello chiuso al Sud “pesa” su una condizione di partenza più difficile e arretrata e certamente non aiuta a superare quel gap tra i territori che anche una politica del credito diversificata contribuisce ad allargare.
L’analogia del comparto assicurativo
Il fenomeno di una diversa politica dei costi delle polizze, spesso pur a parità di condizioni di rischio, adottata dalle compagnie assicurative è fatto noto.
A tutto ciò da tempo si sta accompagnando anche la scelta dell’abbandono di questo territorio attraverso:
la revoca del mandato agli agenti
la riduzione del portafoglio
la chiusura degli uffici liquidazione sinistri con il conseguente spostamento del lavoro e/o dei lavoratori altrove.
Tutti processi che hanno comportato il proliferare del ricorso ai contratti di solidarietà e alla cassa integrazione in deroga.
Secondo le stime delle nostre strutture regionali meridionali entro il 2013 potrebbero chiudere ulteriori 200 agenzie (di cui almeno la metà in Sicilia e in Campania). Un fenomeno che interessa complessivamente tutte le Compagnie, dalle più grandi alle più piccole.
Inoltre l’estrema polverizzazione delle agenzie, l’impiego di una manodopera soprattutto femminile, le difficoltà incontrate a rinnovare il CCNL (a tutt’oggi la metà della rappresentanza datoriale non riconosce il rinnovo, SNA) rendono ancora più difficile la difesa di questo pezzo del mondo del lavoro che comunque raggiunge complessivamente le 70.000 unità.
Brevi conclusioni
La chiusura di sportelli bancari e agenzie assicurative è fenomeno di natura nazionale, ma l’incidenza sul territorio meridionale di tali processi assume, ancorchè solo in percentuale, una dirompenza sociale ed economica molto rilevante.
La necessità di un confronto più stretto e metodico tra il Dipartimento Mezzogiorno e le strutture di coordinamento aziendali di banche e assicurazioni può e deve accendere un riflettore permanente per poter meglio indagare e contrastare tali processi.
Roma. 10 luglio 2012
Dipartimento Mezzogiorno
Fisac/CGIL