Ambiente: termini scaduti per aria, rifiuti ed industria

L’Italia è in notevole ritardo nell’adeguamento del proprio ordinamento giuridico alle recenti norme di matrice comunitaria, per quel che concerne la tutela dell’ozono, la prevenzione della produzione di rifiuti pericolosi, il controllo delle industrie inquinanti ed il contrasto alla deforestazione illegale.

Sono infatti scaduti tra il giugno 2011 ed il marzo 2013 i termini per l’allineamento a quattro provvedimenti dell’Unione Europea. A registrare il ritardo maggiore è l’adeguamento al regolamento 1005/2009/Ce che limita la fabbricazione, la vendita e l’impiego di sostanze ed apparecchiature che riducono lo strato di ozono atmosferico: il provvedimento UE imponeva, infatti, fin dal 30 giugno 2011 l’adozione di sanzioni nazionali per la violazione dello stesso. E’ invece scaduto il 2 gennaio 2013 il termine per recepire la direttiva 2011/65/Ce recante nuove restrizioni sull’impiego di sostanze altamente inquinanti come cadmio, cromo, mercurio e piombo nella fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ancora, avrebbero dovuto essere tradotte sul piano nazionale entro il 7 gennaio 2013, le regole previste dalla direttiva 2010/75/Ce in materia di Integrated Pollution Prevention and Control (Ippc), regole meglio note al nostro Paese con l’acronimo di “Aia” (Autorizzazione Integrata Ambientale), infatti le nuove disposizioni estendono l’applicazione della gravosa disciplina sull’autorizzazione unica agli impianti di combustione con potenza termica compresa tra 20 e 50 Mw, così come agli impianti industriali di produzione e conservazione del legno. Infine, è scaduto il 3 marzo 2013 il termine per adottare sanzioni nazionali a tutela delle nuove norme sulla lotta al disboscamento selvaggio.

L’Italia non è nuova al mancato rispetto delle scadenze imposte dall’Europa, soprattutto in campo ambientale, basti pensare alle sanzioni relative alla legge quadro sulle acque ed alla condanna della Corte di Giustizia Europea nel 2010 per il “disastro rifiuti in Campania”. Dunque, sono numerose le sanzioni imposte dall’Ue che siamo costretti a pagare, questo perché i governi che si sono susseguiti negli ultimi anni non hanno messo in atto una politica programmatica e lungimirante, volta al miglioramento delle condizioni ambientali ed alla loro sostenibilità. 

La CGIL ha più volte denunciato tali mancanze da parte degli organi deputati, e rilancia ancora una volta l’appello verso una politica che sia in grado di guardare al futuro ed in linea con l’Europa, il cui scopo prioritario sia la salvaguardia dell’Ambiente e la Salute dei cittadini. Inoltre, non è da sottovalutare l’enorme ricaduta occupazionale che una politica sì fatta produrrebbe, con il rilancio economico ed infrastrutturale ad essa legato.

In allegato la tabella con i ritardi italiani.

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