Dal 21 al 23 ottobre 2012, si è svolto, nel campo rifugiati Sahrawi di Budjour (ex 27 febbraio), nel deserto algerino, il 7° Congresso del sindacato del popolo Sahrawi, UGTSARIO. Presenti delegazioni di sindacati dall’Europa, Africa e America Latina. L’UGTSARIO, costituitosi in clandestinità all’inizio degli anni settanta, durante la colonia spagnola, prima ancora dell’occupazione marocchina, come strumento di difesa del proprio diritto di associazione e di organizzarsi in modo libero ed autonomo, ha svolto il suo 7° Congresso con lo slogan: “ Resistenza, Liberazione, Sviluppo” e dedicando l’evento al ricordo del ragazzo ucciso nel campo di Gheimzik, il 22 ottobre del 2010, data che è diventata la giornata del lavoratore Sahrawi. Il Congresso è stato aperto dal Presidente della RASD (Repubblica Araba Sahrawi Democratica) Mohamed Abdelaziz, che ha ricordato la lotta e gli obiettivi del popolo Sahrawi, e come la comunità internazionale dimentica le proprie responsabilità e abbandona i diritti del popolo Sahrawi: 670 prigionieri politici, 2800 Km di Muro, il più grande campo minato del mondo, tre generazioni nate nei campi rifugiati. L’ultima colonia ancora esistente in Africa. Abdelaziz lancia anche un messaggio di pace al popolo marocchino, una novità nell’oratoria del Polisario; “.. la soluzione del conflitto è un primo passo per l’unità dei due popoli”. I ringraziamenti sono tutti per l’Algeria, che sostiene politicamente, ma soprattutto economicamente i campi, e, per Cuba, rimasto il mito di riferimento. Maohamed Cheick, Segretario Generale dell’UGTSARIO, ricorda come il sindacato abbia come principale obiettivo la rivendicazione nazionale, il ritorno in patria e l’indipendenza, ed a questa si sommano le rivendicazioni dei diritti del lavoro, la dignità e uguali condizioni per tutti. L’attenzione è sulle condizioni di lavoro nei territori occupati, dove i Sahrawi subiscono violazioni sistematiche nei luoghi di lavoro, discriminazioni ed umiliazioni senza che vi siano denunce e prese di posizione a livello internazionale. La stessa ONU, pur avendo come missione istituzionale la protezione e la difesa dei diritti umani, ha proprio nei territori occupati dove vivono i Sahrawi la sua unica missione internazionale priva di questo esplicito mandato. La richiesta che il SG rivolge alla platea di invitati internazionali è di richiedere alla Francia di togliere il proprio veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro il mandato alla Missione MINURSO di proteggere il rispetto dei diritti umani nei territori occupati. Al governo di Spagna di riconoscere le proprie responsabilità del passato e di rimborsare i danni causati al popolo Sahrawi nel periodo coloniale e per il passaggio del protettorato al Regno del Marocco. Alle Nazioni Unite di operare nel pieno rispetto della propria carta costitutiva. Oltre a numerosi sindacati affiliati alla ITUC-CSI, al Congresso è presente anche la FSM, che cerca di approfittare dell’assenza di risposte da parte della ITUC-CSI alla richiesta di affiliazione dell’UGTSARIO: ritardo che sta generando frustrazione e delusione. Più in generale, la stessa scelta del popolo Saharawi di abbandonare la lotta armata e di prendere senza indugio la strada del confronto politico e della soluzione negoziata del conflitto, intrapresa dal Fronte Polisario già dal 1991, non trova i riconoscimenti sperati e l’affermazione piena del diritto di autodeterminazione, erodendo speranze, soprattutto tra i giovani, e mettendo in questione alleanze e scelte di campo. Al lato del Congresso, si è realizzato un incontro con il nuovo Ministro della Cooperazione, Brahim Mojtar, in carica da poco più di un mese, a seguito dell’ultimo rimpasto di governo. Mojtar ci ha fornito un quadro politico molto interessante a cui ha fatto seguito una serie di domande/risposte, qui riportate. Aggiornamenti sul quadro politico, riportati dal Ministro della cooperazione della RASD: Si registrano degli sviluppi importanti negli ultimi quattro mesi: Il primo è la conferma dell’inviato speciale del Segretario Generale delle nazioni Unite, Christofer Ross, prima rifiutato dal Marocco, poi imposto da parte di USA e Francia. Ross ha iniziato la sua missione il 27/10, con incontri in Europa ed in Africa, per poi passare nei campi rifugiati. Il rifiuto del Marocco era dovuto alla richiesta di Ross di visitare i territori occupati, visita che è stata confermata. Il rapporto di Ross alle Nazioni Unite è previsto per metà del mese di novembre. Il secondo sviluppo è dato da una serie di rapporti redatti da importanti soggetti istituzionali che confermano le violazioni dei diritti umani nei territori occupati. Il Centro Robert Kennedy, il Dipartimento di Stato degli USA, il Rappresentante speciale delle Nazioni Unite Contro la Tortura, l’Ambasciata del Regno Unito in Marocco, tutti, da punti di vista e con finalità differenti, stanno creando una nuova attenzione a livello internazionale per la ripresa dei negoziati diretti tra le due parti e per il rinnovo del mandato della missione ONU, MINURSO, a cui dovrebbe essere ampliato il mandato per la protezione dei diritti umani nei Territori Occupati. C’è da registrare, inoltre, il rifiuto da parte del Marocco della missione della Commissione per i diritti Umani dell’Unione Africana. Il terzo elemento è relativo alla questione sicurezza: dopo l’episodio del rapimento, nell’ottobre 2011, di tre cooperanti nei campi rifugiati, è stata lanciata una campagna di discredito e di allarmismo sulla pericolosità della presenza del personale espatriato nei campi. Una vera e propria campagna montata ad arte, che ha messo a rischio i progetti di cooperazione e di assistenza umanitaria su salute, educazione e servizi sociali. Con la presenza delle delegazioni sindacali e degli artisti (6° Incontro di artisti: Artifariti) i Saharawi possono dimostrare al mondo intero che i campi profughi godono di sicurezza sufficiente per poter svolgere le normali attività di cooperazione e di ricevere le missioni della solidarietà internazionale. Il quarto punto, che è però preoccupante, è dato dalla decisione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di consentire un intervento esterno per risolvere il conflitto e l’emergenza che si sta creando nel nord del Mali. Questa decisione può avere delle ricadute dirette sui campi rifugiati e sulla problematica della RASD. Per la RASD, la posizione è di difesa dell’unità territoriale esistente nel Mali, considerando la soluzione politica come unica possibile. Un quinto punto è dato dalla radicale riduzione dei fondi della cooperazione internazionale, a causa della crisi economica e finanziaria globale, con una ricaduta immediata sull’assistenza umanitaria. E’ il caso della cooperazione spagnola che ha ridotto drasticamente il proprio contributo alla RASD, del 40%, e nel prossimo anno si annuncia una ulteriore riduzione. Domande formulate al Ministro della Cooperazione e sue risposte: Quale rapporto con le primavere arabe ? R. Si sono sviluppate delle linee di contatto con la società civile di Egitto e di Tunisia. Quali relazioni con la società civile algerina ? R. Esistono relazioni consolidate e di lungo periodo. Quali relazioni con la società civile del Marocco ? R. Esistono contatti con il movimento 20F, con le Associazioni di difesa dei Diritti Umani, oltre ad alcuni partiti politici. Cosa risponde alle accuse di aver sostenuto il governo libico di Gheddafi ? R. Sono state informazioni strumentali del Marocco. Non abbiamo sostenuto Gheddafi. Gli studenti Sahrawi presenti in Libia, sono tutti rientrati ed ora dobbiamo trovare una soluzione affinché possano continuare gli studi. Al momento non abbiamo relazioni con le nuove autorità libiche. Aspettiamo che il quadro politico sia più chiaro e stabile. Perché la maggioranza del mondo arabo è favorevole al Marocco ? R. Innanzitutto paesi come Algeria, Siria, Libia, Mauritania, sono stati storicamente a favore del Popolo Sahrawi. Per molti stati esiste una specie di “solidarietà inter-monarchica”. Per la Lega Araba, invece, dovendo prendere decisioni per unanimità, e visto che è impossibile per la nostra causa, non esistono risoluzioni in merito. Per quanto riguarda la posizione dei Palestinesi, invece, occorre comprendere che ogni delegazione palestinese, deve assumere le posizioni del paese ospitante, per ovvi motivi. Cosa dice sul ruolo della donna che appare essere sempre più subalterno e relegato a ruoli tradizionali e di esclusione dalla vita pubblica ? R. Questo è un punto di vista, da rispettare ma non corrisponde alla verità. All’inizio della nostra esperienza di rifugiati non esistevano donne con incarichi pubblici, oggi, invece, ve ne sono molte. Per esempio, nel nostro parlamento, abbiamo il 22% di presenza femminile, quando la media dei paesi africani è del 20%. (nota: i parlamentari sono 51). A quanto ammonta annualmente il “saccheggio” delle risorse naturali nei territori occupati ? R. Secondo il Western Sahara Resource Watch, il gettito di entrate al Marocco, derivante dallo sfruttamento di fosfato, pesce e sabbia, raggiunge i 4 Miliardi di Euro l’anno; ricordo che solamente con il 10% di questa somma potremmo mantenere la popolazione nei campi profughi, senza chiedere aiuti alla comunità internazionale. Il 23 ottobre, approfittando della presenza di numerose delegazioni sindacali, provenienti da Africa, Europa e America latina, l’UGTSARIO ha organizzato la 6a Conferenza di Solidarietà Sindacale con il Popolo Sahrawi. A seguito del dibattito, intenso e partecipato, si è prodotta una dichiarazione che riprende il documento redatto a Lisbona (5^ Conferenza di Solidarietà Sindacale, ottobre 2011), con gli aggiornamenti degli ultimi mesi e gli impegni che i sindacati, a livello internazionale, intendono riaffermare (vedi dichiarazione in spagnolo, in allegato). In effetti, dal dibattito riemerge la critica all’incapacità di dare continuità ed efficacia all’azione di pressione nei confronti delle istituzioni e della comunità internazionale, vista la resistenza e le forti pressioni che le organizzazioni internazionali ed i governi ricevono dal Marocco. In questi termini, si rende necessario approfondire l’azione di documentazione e di denuncia delle violazioni dei diritti del lavoro nei Territori Occupati, per obbligare il Marocco a dare risposte nelle sedi internazionali, in primis, l’OIL, come forma di tutela dei diritti umani che dovrebbe vedere la convergenza di opinioni e di impegno da parte di tutti i sindacati e delle stesse istituzioni. Proprio il tema della violazione dei diritti umani è prioritario, e per questo si è accordato di mettere al primo punto della dichiarazione la richiesta di assicurare un giudizio equo, con diritto di difesa per i 24 Saharawi accusati di resistenza alle autorità per essere stati alla testa della protesta pacifica di Geimsik, tra l’ottobre e novembre 2010, e che sono giudicati da un tribunale militare. Queste persone erano i negoziatori, che rappresentavano al Ministero dell’Interno del Marocco le richieste dei giovani accampatisi per protesta, richiedendo pane e dignità. Il loro arresto, nell’ambito della brutale repressione dei manifestanti nel “campo della dignità”, conferma il mancato riconoscimento da parte del Marocco di alcun ruolo di rappresentanza e di libertà di espressione e di organizzazione per i Saharawi. L’UGTSARIO propone, a sua volta, di realizzare la prossima conferenza sindacale di solidarietà nel continente africano, per conseguire una maggiore presa di coscienza e di partecipazione dei sindacati africani. La proposta è stata accolta positivamente dal sindacato della Nigeria, per l’inizio del 2015. E’ emersa una proposta di istituire una giornata mondiale di solidarietà con il popolo Saharawi, per la ricorrenza dell’invasione o marcia verde dei marocchini nei territori saharawi: 10 novembre. La conclusione del Congresso L’assemblea dei 400 delegati, provenienti da ogni angolo dei campi, ed una delegazione di 30 rappresentanti dai territori occupati ha confermato la fiducia al Segretario Generale uscente, Maohamed Cheick, ed al responsabile delle relazioni internazionali, Kasisa. Per il resto, pochi cambiamenti: rimane una buona presenza femminile nell’Esecutivo, tre donne su otto membri. Lascia il segno, però, il fatto che il Primo Ministro, salutando il nuovo gruppo dirigente eletto, non stringa la mano alle donne: un segnale dell’ingresso della dimensione religiosa in atti pubblici. La questione della sicurezza nei campi rifugiati Le misure di sicurezza messe in atto dopo il rapimento dei cooperanti nell’ottobre 2011, sono tese a prevenire nuovi episodi simili. Vi è un controllo molto attento dall’arrivo all’aeroporto di Tindouf. Le visite ai campi ed alle wilahya avvengono con scorte militari. Dalle 24 alle sei del mattino è in vigore il coprifuoco. Polizia e militari svolgono ronde e controllano il territorio e le case dove sono ospitati gli espatriati. Non esiste però un coordinamento tra ong ed espatriati, istanza che andrebbe organizzata con urgenza da parte delle ong presenti in loco. Inoltre, il personale in missione andrebbe preparato alla nuova situazione e dotato di strumenti minimi, ma indispensabili per queste situazioni (telefoni con schede locali, riferimenti e contatti locali, ….). Andrebbero, inoltre, definiti protocolli di sicurezza e di comportamento omogenei tra cooperati e autorità RASD.
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