La liberazione di Roma

 

4 giugno 1944 – Liberazione di Roma

Carla Capponi così racconta nel suo bellissimo “Con cuore di donna”, pubblicato del 2000 (il Saggiatore), le prime ore dopo la Liberazione di Roma:

“Finalmente ci ritrovammo tutti insieme, i sopravvissuti di quella lunga notte che era stata l’occupazione tedesca di Roma.
Arrivò Paolo ( ) e la scena degli abbracci ricominciò. Tutti volevano sapere l’uno dell’altro e quale fortunata coincidenza li avesse salvati dalla morte, ma nessuno aveva voglia di parlare di ciò che era già superato dagli eventi. Tutti facevamo progetti e pensavamo a come costruire il futuro, il giornale, il partito. C’era già aria di rinnovato entusiasmo, volontà di fare presto, di cancellare le tracce della devastazione, di recuperare la vita che a molti di noi era stata negata.

…Seguì ininterrotto il rito del ritrovarsi, dell’abbracciarsi e sorprendersi di essere ancora vivi, lieti di essere usciti salvi dalla tragedia della guerra. Ma ne mancavano troppi che non sarebbero tornati. D’improvviso qualcuno mi chiamò “compagna” ad alta voce e lo ripeté per due volte, gridando per farsi udire nel chiasso che facevamo tutti insieme. Era la prima volta che qualcuno mi diceva “compagna” ad alta voce e allora mi resi conto che finalmente potevamo persino gridare, parlare, dire i nostri veri nomi, e quella parola,”compagna”, mi dava la misura e il senso della libertà conquistata. Una grande gioia mi invase e sentii che erano finiti la paura, la necessità di parlare sotto voce, le severe regole della clandestinità che ci costringevano a evitare di riconoscerci quando ci incontravamo per strada, a ignorare persino i nostri nomi, e a dimenticare gli indirizzi per tacerli in caso di cattura. L’incubo era finito, era come risvegliarsi dopo un sogno angoscioso e terribile, dopo una lunga malattia, per ritrovarsi in una realtà rassicurante, con gli amici.

…Sapevo che cosa ci aspettava, ancora una vita difficile, forse ancora miseria, eppure c’era finalmente una certezza: l’avvenire non era un muro contro cui imprecare, una prigione dello spirito e della carne, ma una finestra che, finalmente aperta, spaziava sul mondo, e tutto era in quello spazio immenso ad attendere che ricominciassimo a volare. Come nei sogni di bambina, quando volavo sopra il giardino, sopra i cavoli dell’orto, sopra le rose e i glicini.”

W la Resistenza!

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