Si è consumata ieri una brutta pagina della storia dell’azienda che getta un’ombra inquietante sulla natura stessa degli enti a partecipazione paritetica e sulla democrazia partecipativa.
359 colleghe/i nelle scorse settimane hanno inequivocabilmente espresso la propria volontà di tutelare il proprio futuro pensionistico e di partecipare attivamente alla difesa del proprio Fondo Pensione sottoscrivendo una richiesta di convocazione di assemblea – facoltà prevista dal codice civile e dallo Statuto – in cui poter discutere su 3 argomenti:
• la modifica dello Statuto in modo da chiarire senza alcun dubbio che i lavoratori ex CS oggi in GBS, ed in prospettiva quelli Cattolica che da luglio andranno in Generali Italia, continuano ad essere soci e potranno esprimersi sulle future vicende del Fondo Pensione;
• l’opportunità di presentare un interpello a Covip (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) per confermare la necessità del consenso dell’Assemblea alle modifiche previste dall’accordo sindacale del 2 febbraio scorso alla polizza in cui sono investiti i nostri contributi, con particolare riguardo a quanto già versato in passato;
• l’esigenza di richiedere un parere legale per definire i passi necessari a tutelare le prestazioni acquisite e certificate con la lettera di rivalutazione annuale inviata dal Fondo Pensione.
Nella surreale seduta del CdA del Fondo Pensione tenutasi ieri il Presidente del Fondo Pensione – eletto tra i lavoratori – ha dichiarato di ritenere “non appropriato” che l’Assemblea dei soci tratti dell’interpello a Covip e del parere legale.
Gli altri 2 consiglieri eletti tra i lavoratori hanno sostenuto invece che l’Assemblea dei Soci, in quanto massimo organo del Fondo ed in linea con quanto prevede il codice civile, può deliberare su ogni aspetto della vita associativa ed hanno chiesto di dare seguito senza indugio alle richieste dei colleghi convocando subito l’Assemblea su tutti gli argomenti.
I 3 consiglieri nominati dall’azienda a loro volta hanno dichiarato che tali materie non rientrano nei compiti né del CdA né dell’Assemblea, dopodiché hanno abbandonato la seduta del Consiglio facendo venire meno il numero legale e quindi la possibilità di proseguire i lavori.
Il Presidente ha quindi comunicato le proprie irrevocabili e immediate dimissioni dal Consiglio, seguito a stretto giro dal revisore eletto dai lavoratori (e proposto a suo tempo dallo stesso Presidente).
I consiglieri di nomina datoriale stanno cercando di bloccare le iniziative di difesa del Fondo Pensione ingessando il CdA? Temono il coinvolgimento di Covip e soprattutto che i lavoratori discutano direttamente sui loro diritti e sugli effetti di un accordo sindacale non democraticamente sottoposto ad approvazione?
La ricostituzione completa del CdA non è in ogni caso condizione indispensabile alla convocazione dell’assemblea.
Il vicepresidente – di nomina datoriale – dovrebbe procedervi senza indugio; la normativa prevede infatti, in caso di inerzia, che a provvedere sia il Presidente del Tribunale competente.
Vi terremo costantemente aggiornati sugli sviluppi e vi chiederemo anche un maggiore coinvolgimento diretto.
Noi non ci sottrarremo mai agli impegni assunti nei confronti dei colleghi!
Per dimissionari e assenteisti si tratta invece di una spudorata fuga dalle proprie responsabilità.
Giù le mani dal fondo pensione!
Milano, Roma, Verona, 18 maggio 2023
RSA Fisac CGIL Cattolica