Articolo di Gianluca BOZZELLI – Avvocato Cassazionista
Fondatore di BG&P e di COMP.R.ESA Compliance & Responsabilità d’Impresa
scritto per www.riskcompliance.it
Dall’analisi dei contenziosi giudiziali e dai Registri delle imprese, emerge che nella maggior parte dei casi i creditori procedenti nelle aste sono rappresentati da Svc, Società commerciali a responsabilità limitata con capitale sociale minimo di € 10 mila, facenti parte o controllate da Soggetti o Gruppi residenti all’estero o da Fondi di investimento stranieri.
Il percorso, la destinazione e la titolarità effettiva del denaro recuperato dai Servicer per conto delle Svc nelle procedure di espropriazione immobiliare rappresenta un argomento da sottoporre all’attenzione di chi si occupa della materia, per scongiurarne l’origine o la destinazione occulta a fini di evasione fiscale, riciclaggio di denaro sporco o del compimento di altri gravi illeciti; oppure anche solo per comprendere certe attuali dinamiche del Sistema creditizio. La verifica della titolarità effettiva dei rapporti bancari e conti correnti di provenienza e destinazione delle somme recuperate, nell’ambito delle procedure di espropriazioni immobiliari nonché quella della provenienza del denaro, dovrebbero pertanto rispondere ad un’esigenza di chiarezza delle fonti dalle quali provengono i fondi. Secondo il sistema Aml, la finalità è quella infatti di tutelare l’integrità del sistema economico e finanziario e la correttezza dei comportamenti degli operatori tenuti alla loro osservanza. L’opportuna verifica dovrebbe estendersi all’identificazione della persona fisica del titolare effettivo, secondo i criteri graduali previsti dall’art.20 della norma: proprietà(comma2), controllo(comma 3), residuale di rappresentanza legale, amministrazione o direzione (comma 5).
La quotidianità del contenzioso bancario e finanziario fa constatare l’assenza, nei fascicoli giudiziali, di attestazioni di compliance da parte dei servicer che agiscono per conto delle Svc e neppure che la verifica Aml venga eseguita da parte degli ausiliari del giudice. In definitiva, non vi è traccia nei fascicoli delle aste del modulo di adeguata verifica. Appare, dunque, lecita la domanda se nelle procedure esecutive immobiliari le verifiche antiriciclaggio risultino necessarie, oppure non ci si curi affatto di verificare se — per caso — in tale ambito stia tentando di far penetrare azioni illecite.
Deve infatti superarsi, in ottica di effettività, il presupposto dogmatico, secondo il quale le operazioni che accompagnano l’esecuzione immobiliare, essendo già predeterminate secondo principi di legalità, determinano il venir meno del presupposto stesso della normativa antiriciclaggio, identificato nel rischio di uso del sistema finanziario per fini illeciti.
Non è da escludere che una delle ragioni dell’interesse di soggetti esteri nel sistema Npl italiano sia rappresentato anche dalle zone grigie di applicazione della Normativa Aml, che costituisce un vulnus del sistema, esponendola al rischio di azioni illegali. In tal senso, giocano un ruolo l’esclusione delle Svc dagli obblighi di vigilanza creditizia e da una porzione della disciplina antiusura nonché l’assenza di un’Autorità di settore.
La speculazione nei mercati finanziari pertanto offre attualmente i maggiori margini di profitto per le organizzazioni criminali, con la possibilità di riciclare il denaro sporco proveniente dalle attività illecite, acquistando i debiti delle imprese sovra indebitate ed, in prospettiva, quote di proprietà nelle compagini societarie.
Tali profili di rischio (riciclaggio, evasione fiscale e tutela dei mercati creditizi e finanziari)richiede una grande attenzione da parte della Magistratura procedente nelle esecuzioni immobiliari, oltre che da parte delle Strutture investigative in quanto il gate d’ingresso più pericoloso nell’economia da parte della criminalità organizzata è costituito oggi dai mercati finanziari, con il rischio rappresentato dall’acquisto di crediti deteriorati delle imprese che gravano sugli asset bancari. Pericolo che, se era già presente prima della pandemia, aumenta in modo esponenziale nell’era del COVID-19 e che confina il classico reato di usura ad un’epoca datata e ad una realtà oggi residuale rispetto alle proiezioni degli affari della criminalità organizzata e ai loro volumi.