dal sito www.patriaindipendente.it
La nostra associazione è stata protagonista di una mobilitazione memorabile, partecipando con migliaia di iscritte, iscritti, dirigenti. E insieme alle altre realtà promotrici, si è confermata soggetto politico ineludibile sulla questione guerra, oltre che sulla difesa della democrazia e della Costituzione
È avvenuto un grande abbraccio. Chi c’era, sa. Chi ha visto la diretta sui social, sa. Chi ha letto i più importanti quotidiani del giorno successivo o ha visto le tv a reti (quasi) unificate, probabilmente non sa, o non sa bene.
Si è svolta a Roma una manifestazione di dimensioni straordinarie, con più di 100mila persone, con una sola parola d’ordine: pace. Dietro questa parola, ovviamente, una sorta di decalogo. Cessate il fuoco, trattativa e negoziato, intervento pacificatore delle Nazioni Unite, ruolo di intermediazione dell’Unione Europea, conferenza di pace, smilitarizzazione, messa al bando delle armi nucleari, stop alla corsa al riarmo, sicurezza reciproca condivisa, liberazione dalla guerra. Un percorso – oggi è di moda dire road map – che porti a una nuova coesistenza pacifica in un mondo multipolare. Questa manifestazione, promossa da Europe for Peace, è stata diretta e organizzata da un cartello di centinaia di associazioni, movimenti, sindacati dei più diversi orientamenti, con una fortissima e significativa presenza del mondo cattolico. Il Presidente della CEI, Cardinale Zuppi, ha inviato un autorevolissimo messaggio di adesione e partecipazione.
L’Anpi è stata fra le protagoniste di una giornata indimenticabile, partecipando fra l’altro con migliaia di iscritte e iscritti, attiviste e attivisti, dirigenti. Una giornata memorabile, che restituisce speranza ed entusiasmo ai tanti che sembravano rassegnati al silenzio davanti a un vero e proprio terrorismo mediatico scatenatosi fin dall’invasione. Quando chiunque si permetteva di contraddire sia pur parzialmente il verbo del mainstream dominante veniva messo alla gogna come putiniano, in un delirio bellicista teso a militarizzare l’opinione pubblica. Come se fossimo in guerra. E forse lo siamo. Lo specchio deformante è stato infranto, e questo è merito di quei centomila e passa, che hanno rappresentato un’altra Italia, quella che, proprio perché condanna senza remissione l’invasione russa e le sue sanguinose conseguenze, da tempo pensa che occorre agire diplomaticamente per far cessare l’inutile strage, avviare una de-escalation, allontanare l’ombra mostruosa di un conflitto nucleare, restituire al mondo una dimensione di umanità che sembra smarrita.
Questi i fatti. La rappresentazione dei grandi media, invece, ha ridotto il grandissimo peso politico e civile della manifestazione a una controversia fra segretari di partiti, imponendo un grottesco paragone fra il popolo che si è riversato a Roma e qualche centinaio di attivisti di partito, parlamentari e quant’altro che si è riunito a Milano in ostentata polemica con la manifestazione nazionale. In sostanza l’immagine che è stata data di un corteo grandioso e pulsante di aspettativa e dei brevissimi comizi che si sono succeduti in modo tambureggiante, con decine di migliaia di persone che non sono riuscite ad arrivare in piazza San Giovanni, tanto imponente era il corteo, ebbene, tutto ciò è stato ridotto a un confronto polemico fra Conte, Letta, Calenda, ignorando così la funzione straordinaria (letteralmente, cioè al di fuori dell’ordinario) dell’associazionismo democratico nella sua più ampia declinazione: associazioni, movimenti, sindacati. Quale funzione? La funzione fondamentale della rappresentanza democratica di quelle che la Costituzione chiama formazioni sociali, in questo caso del pensiero e della volontà di pace di una parte rilevantissima della società italiana, che sino a oggi era stato espresso soltanto nei sondaggi in clamoroso contrasto con le scelte governative, e che dal 5 novembre si conferma, per così dire, autorevole soggetto politico nel senso più ampio del termine.
L’associazionismo democratico laico e cattolico è stato e rimarrà un soggetto politico ineludibile sulla questione della pace e della guerra, ma anche – aggiungo – sui temi della difesa della democrazia e della Costituzione, oggi più che mai centrali alla luce di alcuni segnali incontrovertibili: il contrasto alla diseguaglianza, tema propriamente costituzionale come recitato dall’articolo 3, il programma semipresidenzialista del governo Meloni, il recente decreto legge cosiddetto anti-rave “portatore – com’è scritto in una presa di posizione della segreteria nazionale Anpi – di una gravissima e intollerabile ambiguità che può far emergere una propensione autoritaria”.
La scesa in campo di un nuovo movimento per la pace a Roma evoca uno scenario nuovo e allude alla possibilità che esso si replichi a Berlino, Londra, Parigi, Madrid. Per ciò che riguarda il nostro Paese, ancora bisogna evitare la trappola delle polemiche, dello scontro, peggio, delle invettive e del tifo da stadio, che fanno soltanto il gioco dei circoli più bellicisti. Perché ancora? Perché costoro hanno dato le carte per mesi, impedendo manu militari che si aprisse un vero dibattito pubblico sui temi della guerra e della pace, riducendolo al teatrino dei talk show, con tanto di aggressioni a chi si permetteva di dissentire. Costoro hanno subito il colpo del 5 novembre, ma di certo non si rassegneranno. Viceversa, occorre allargare il campo del negoziato e della pace, essere instancabili nella prospettiva unitaria, rifiutando ogni degrado della discussione, accogliendo punti di vista diversi ma convergenti sull’urgenza di un’iniziativa politica verso la trattativa.
In conclusione il 5 novembre è un punto di non ritorno e un punto di (ri)partenza, che fa onore a tutte e tutti coloro che hanno partecipato alla manifestazione, che, a costo della fatica di un viaggio spesso lungo, hanno consegnato all’intero Paese la possibilità di una speranza di pace. È avvenuto un grande abbraccio di popolo. Aggiungo qui ed ora il mio, se me lo consentite: uno speciale abbraccio alle compagne e ai compagni dell’Anpi che hanno risposto con responsabilità ed entusiasmo all’appello alla partecipazione che abbiamo lanciato. La poetessa Alda Merini ha scritto: “Ci si abbraccia per ritrovarsi interi”. Ecco, un abbraccio ai mille e mille e mille dell’Anpi. Perché così ci ritroviamo interi. Persone. Cuore e cervello. Sogni e saggezza. Avanti!
Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi
Foto © Valentina Giunta