dal sito fisacgruppointesasanpaolo.it
L’adeguamento della normativa aziendale alle modifiche di legge in tema di genitorialità (di cui vi abbiamo dato conto ieri), che aggiorna l’accordo del 20 maggio scorso (ne avevamo parlato qui), per la FISAC è stata occasione importante per ribadire all’Azienda la necessità di affrontare in modo più ampio e completo tutto il tema dei diritti e doveri che derivano dalla scelta di diventare genitori e in ottica di pari opportunità per tutti.
L’estensione di molte previsioni (di legge e contrattuali) anche a unioni civili, unioni di fatto, figli del coniuge e adesso anche agli affidatari, allo scopo di tutelare i minori e in generale i figli nel modo più ampio, rappresenta un punto di avanzamento di grande rilievo.
Tuttavia siamo consapevoli che molto c’è ancora da fare, dimostrando da parte aziendale maggiore coraggio ad esempio nell’ampliamento a tutti i soggetti interessati di tutte le previsioni di legge, compresi il congedo di paternità alternativo e i permessi per allattamento che ad oggi l’accordo non ricomprende.
Sempre in tema di modifiche legislative, la recente normativa che ha sancito che la fruizione di permessi per congedi parentali facoltativi non deve comportare riduzione di ferie, riposi, tredicesime (ad eccezione degli emolumenti connessi all’effettiva presenza al lavoro) né bloccare il computo dell’anzianità di servizio, dovrebbe a nostro avviso riflettersi analogamente sugli accordi aziendali in tema di PVR e inquadramenti professionali: è nostra intenzione lavorare per una modifica di tali accordi al fine di cancellare la penalizzazione delle persone (di solito donne) che usufruiscono di tali permessi.
Inoltre, rispetto al valore della condivisione paritaria del lavoro di cura all’interno delle coppie, emerge chiaramente, dai dati sulla fruizione dei permessi, che ci sono ancora ostacoli di natura culturale per cui l’onere di conciliare lavoro di cura e lavoro retribuito ricade sempre o quasi sempre sulle madri (o su chi nella coppia riveste il ruolo di primo genitore), alimentando così il circolo vizioso della discriminazione indiretta, che genera disparità di trattamento in termini di retribuzione e avanzamento di carriera.
La fruizione dei 6 giorni di permesso per nascita figlio che la contrattazione aziendale riconosce al padre (o al secondo genitore), a condizione che si siano utilizzati i 10 giorni di congedo straordinario di paternità previsti dalla legge, si ferma a poco più della metà dei nostri colleghi neopadri al 30 giugno scorso. I congedi parentali facoltativi (che oltretutto nel nostro Gruppo vengono retribuiti al 40% anziché 30% quando a prenderli sono i padri o secondi genitori) non arrivano al 30% degli aventi diritto.
Le misure di azione positiva (maggiorazione della retribuzione e aumento del numero dei giorni di congedo facoltativo insieme ai 6 giorni di permesso) che abbiamo conquistato per favorire le assenze di entrambi i genitori ed evitare che solo e soltanto le donne vengano individuate come gli unici soggetti da cui attendersi assenze dal lavoro quando arriva un bambino o una bambina, sono dunque insufficienti a creare anche un ambiente di lavoro che faciliti, sensibilizzi, induca a prendersi cura dei figli qualsiasi sia il proprio ruolo.
Riteniamo, e lo abbiamo chiesto all’Azienda, che sia necessario informare puntualmente ad ogni nascita ogni neogenitore di quali siano i diritti e i doveri di legge e contrattuali, con una specifica comunicazione individuale, anche allo scopo di pianificare le assenze da parte dell’interessato.
Insieme alle altre sigle abbiamo richiesto di coinvolgere in modo continuo ed effettivo le lavoratrici e i lavoratori su queste tematiche, attraverso preventivate e regolari convocazioni del Comitato Welfare e conseguentemente del tavolo di trattativa.
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