Oplà n°25 – Rappel 2023


NUOVO MODELLO OP: Insurtech e distribuzione tradizionale


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Insurtech e/o distribuzione tradizionale?

Da qualche anno, nel mercato delle assicurazioni, stiamo assistendo ad un progressivo ed apparentemente inesorabile cambio di approccio distributivo. Il tradizionale canale di vendita delle agenzie sparse sul territorio, dotate da sempre di personale qualificato e di lunga esperienza, è stato dapprima supportato da strumenti digitali (hardware e software), in grado effettivamente di semplificare la complessa macchina della gestione amministrativa, assuntiva e relazionale di un punto vendita. Una cosa certamente gradita ai più. Molti aspettavano da tempo, infatti, che l’innovazione tecnologica mettesse piede nel mondo assicurativo, tradizionalmente conservatore e tendenzialmente resistente a profondi cambiamenti.
In realtà, a fianco di e dopo questa prima, primissima ventata di rinnovamento, si è assistito ad un vero e proprio delirio generalizzato: un innamoramento verso l’insurtech che ha colpito praticamente tutti i management board dei grandi gruppi assicurativi. Una cieca fede verso l’innovazione digitale a tutti i costi che ha stravolto il tradizionale rapporto con la clientela, producendo spesso effetti opposti a quelli desiderati.
Ma che cos’è l’insurtech? E come ha fatto a diventare la parola d’ordine di tutti i principali player del mercato italiano? Quale sarà il futuro dell’attività commerciale tradizionale? Procediamo con ordine.

Insurtech: un processo di rinnovamento reale?

Insurtech” è un neologismo della lingua inglese che rimanda alle parole “insurance” e “technology”.  Esso nasce in assonanza ad un altro termine piuttosto noto in tempi recenti, quello di “fintech” (“finance” più “technology”). Quest’ultimo rimanda al complesso movimento di rinnovamento digitale che ha coinvolto il settore bancario e finanziario. Così come per le banche, anche per le assicurazioni sarebbe dovuto arrivare il momento della rivoluzione digitale: il tradizionalismo del modello di distribuzione agenziale avrebbe necessariamente dovuto rinnovarsi, pena la sua definitiva scomparsa.

Le prime innovazioni sul mercato delle assicurazioni si affacciano attorno alla metà degli anni Novanta, quando nascono le nuove compagnie telefoniche, antesignane dell’all digital: Genertel è del 1994, Genialloyd (oggi Allianz Direct) e Linear (gruppo Unipol), del 1996. Nel biennio 1998-1999 Genertel, Genialloyd e Linear iniziano tutte a vendere le prime polizze su internet.

Il caso Genertel

Il gruppo Generali crede fortemente nel progetto, tanto da ingaggiare Oliviero Toscani nel 2004 per dare una immagine forte all’azienda dedicata alla vendita diretta. Partnership, quella con il noto e controverso fotografo, che durerà diversi anni. Concentrata esclusivamente sulla distribuzione di polizze auto, Genertel si rinnova a partire dal 2009, con il varo di GenertelLife, compagnia gemella dedicata al ramo vita. Un processo di investimenti costantemente in crescita, sia sul piano dell’innovazione dei processi, sia su quello dell’innovazione dei prodotti. Su quest’ultimo punto val la pena di sottolineare – tra le altre – due novità sulla carta dirompenti:

  • un piano pensione (PIP) senza costi di caricamento;
  • un piano di risparmio 100% in Gestione Separata senza costi di caricamento né di riscatto (trascorsi 24 mesi dalla sottoscrizione).

A fronte di caricamenti medi, sui PIP delle principali compagnie assicurative, del 4/5%, averne uno allo 0% dovrebbe definitivamente chiudere la partita. Lo stesso per i piani di risparmio, generalmente anche più caricati e con maggiori annualità vincolanti. E invece no. Se analizziamo con attenzione gli ultimi dati statistici forniti da ANIA sui canali distributivi per il Ramo Vita, le cose non stanno proprio così.

Alcuni dati ANIA

Come riporta la relazione annuale ANIA, nel 2020 – annus terribilis della pandemia – su 100 PIP solamente 17 sono stati venduti dai canali diretti (all’interno dei quali dovrebbero rientrare anche i canali a distanza), contro ben 37 dalle “vecchie” agenzie. Proporzioni che si replicano anche nel 2021. Sulle polizze di ramo I la forbice è più ristretta (su 100 polizze, sono 17 quelle vendute in agenzia, contro le 11 emesse dai canali diretti) solo perché qui, da tempo, a far da padrone vi sono gli sportelli bancari. E non c’è vera storia neanche con le Unit (ramo III), ove il divario è piuttosto consistente sempre a favore delle agenzie: 9 a 4 nel 2020, 10 a 5 nel 2021. Questi sono i dati nazionali, che considerano cioè tutte le compagnie. Non abbiamo motivo per credere che il trend di Genertel e GenertelLife si discosti molto dall’andamento generale del canale di vendita diretta.

Se poi andiamo ad analizzare la distribuzione nei rami danni, ciò che emerge è quantomeno singolare. Se l’insurtech è il futuro, se non si può non adeguarsi al mantra generalizzato per cui il canale distributivo tradizionale è obsoleto e dev’esser radicalmente rinnovato, com’è possibile che:

 

  • nel 2020, quando tutti – giocoforza – comprano online, la vendita assicurativa a distanza di prodotti danni retail è pari al 4,5% del totale, mentre le agenzie hanno una quota di mercato del 74,2% ?
  • nel 2021, la vendita a distanza ha addirittura una flessione, attestandosi ad una quota del 4,1%?
  • negli ultimi cinque anni il mercato delle agenzie è cresciuto dello 0,6%, mentre quello a distanza solamente dello 0,2%?

“Follow the money”

 

Uno dei motivi centrali che sta dietro alla grande spinta in favore dell’innovazione digitale “costi quello che costi” è molto probabilmente l’appeal che l’innovazione 4.0 suscita verso i grandi investitori finanziari. In ogni campo, in ogni area merceologica, parlare di “intelligenza artificiale”, “Internet of Things”, “big data”, ecc. significa far muovere a proprio favore masse consistenti di danaro. E a dirlo è un insospettabile: Michele Grazioli. Grazioli è un giovanissimo “[…] imprenditore nell’ambito delle applicazioni di intelligenza artificiale con all’attivo il varo di diverse aziende in tutto il mondo. A fronte di questa esperienza, Grazioli è considerato tra i massimi esperti nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale, applicata al Proactive Decision Making, e dell’Intelligenza predittiva. Nel 2019 entra nella classifica Forbes Under30 nella top 5 dei 100 giovani innovatori italiani più influenti d’Italia.” In un suo intervento recente all’Olivetti Day Grazioli ha irriverentemente trattato il tema dell’IA, definendola letteralmente “una cagata pazzesca”. Il motivo per cui se ne parla tanto è perché anche solo l’idea attrae finanziamenti consistenti…

Anche il settore assicurativo ha ovviamente beneficiato di questa tendenza. Lo scorso anno sono stati contati ben 15 unicorni a livello planetario: un “unicorno” è – nel linguaggio finanziario – una startup che supera il miliardo di dollari di valore di mercato. Tra queste, la maggioranza sono statunitensi: nove su quindici. Anche in Italia però la corsa verso l’insurtech è stata notevole: gli investimenti nel 2021 hanno segnato un +460% rispetto all’anno precedente, per un totale di 280 milioni di euro.

Ma qualcosa sta cambiando. Secondo GlobalData, gli investimenti nel settore dell’innovazione assicurativa hanno avuto un calo assai brusco nell’anno in corso: -79,6%. Evidentemente andare avanti – per anni – con perdite sempre più consistenti, sta facendo fare retromarcia a qualcuno.

Quando i risultati di raccolta della vendita diretta sono al palo e la tanto decantata trasformazione digitale del canale tradizionale non decolla, qualche domanda converrà pur farsela.

 

Quale futuro per le agenzie?

Non sappiamo quando, ma è molto probabile che – prima o poi – questa sbornia finirà. E qualcuno, si spera, dovrà renderne conto. Perché da anni – lo sappiamo – non si investe più nella distribuzione capillare sul territorio e non si investe più nella formazione tecnica dei consulenti. Si decanta la customer centricity, ma è chiaro come questo sia solo un concetto vuoto, che nasconde un progetto di disintermediazione sempre più consistente.

l cliente non è al centro solo perché lo si rende capace di aprirsi un sinistro da solo, chattando con un bot. Anzi. Il cliente è al centro perché riceve di tanto in tanto una telefonata dal proprio consulente, perché lo si va a trovare anche solo per prenderci un caffè. Perché egli sente il rapporto fiduciario. Perché si fida di te. Tutto questo non può essere sostituito da una app o da una chat.

Ciò significa che il modello tradizionale è destinato a riconquistarsi la fiducia del management e delle compagnie? È solo un auspicio, che può però essere assecondato e trasformato in fatto concreto anche grazie all’aiuto dell’attività sindacale.

Riccardo Cantini – AmicoAssicuratore.it

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