Inform@fisac ottobre 2015 n.1

 

Il contratto dei bancari può essere un modello nazionale

 

Il segretario della Cgil Susanna Camusso ha chiuso la tre giorni della Fisac ad Assisi. Al centro del suo intervento la necessità di sperimentare nuove forme di contrattazione, per essere ancora in grado di “modificare le condizioni materiali delle persone”

“Noi abbiamo bisogno che le esperienze positive che facciamo diventino buone pratiche al servizio dell’organizzazione. Il contratto dei bancari è stato senz’altro una buona pratica. Per questo rappresenta un valore per la confederazione”. Con queste parole, Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, ha chiuso i lavori del Forum della Fisac Cgil nazionale, che si è svolto ad Assisi da mercoledì 23 a venerdì 25 settembre.

Tre giorni di confronto e dibattito che sono ruotati attorno al tema della contrattazione, del “mestiere del sindacato”, e che hanno visto la Fisac e la Cgil confrontarsi con manager e dirigenti dei principali gruppi assicurativi e bancari del paese. Dirigenti come Eliano Omar Lodesani (Intesa San Paolo), Paolo Cornetta (Gruppo Unicredit), Carlo Cimbri (Unipol Sai), Giuseppe Corni, Stefano Verdi e Andrea Prandi (BPER), che oggi 25 settembre, hanno partecipato al dibattito conclusivo, coordinato da Roberto Mania, giornalista de “La Repubblica”, nel quale si sono confrontati con Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, e Susanna Camusso, segretario generale della Cgil.

E proprio a Camusso sono spettate le conclusioni della tre giorni Fisac, nelle quali il segretario Cgil ha insistito molto su un punto: “Il sistema delle imprese non ha una propria ipotesi di nuovo modello contrattuale”. E in mancanza di un modello capace di sostituire quelli ormai superati, la ricetta che si finisce per riproporre è sempre la stessa: la contrazione dei costi, attraverso il contenimento dei salari. E questo avviene – ha aggiunto il segretario Cgil – in un contesto in cui si sono “furiosamente” allargate le diseguaglianze (100 manager guadagnano come 13mila lavoratori, come ha ricordato Agostino Megale).

Di qui la necessità di aprire una fase nuova, nella quale anche il sindacato deve andare oltre la sua capacità, comunque importante, di contrattare, anche con grande fantasia, in difesa dei posti di lavoro e dei diritti dei lavoratori. “Ci sono stagioni in cui bisogna sperimentare – ha detto Camusso – naturalmente senza mai mettere in discussione i valori fondamentali, ma nemmeno pensando che tutto si deve ripetere nel tempo. Noi in questi anni abbiamo sperimentato tanto sull’occupazione, ma pochissimo sulle condizioni di lavoro e sull’inclusione”.

Servono “meno architetti e più costruttori” ha insistito Camusso, che su questo ha richiamato anche la necessità di sollecitare Cisl e Uil, che appaiono invece più refrattarie all’idea di “rompere gli schemi”. Il punto, per il segretario Cgil, è dare corpo alla contrattazione inclusiva. “I lavoratori in appalto – ha osservato Camusso – sono ormai la più grande categoria che c’è nel mondo del lavoro e sono figli di nessuno. Allora, la contrattazione inclusiva non è solo una bella parola – ha concluso Camusso – ma è l’unico modo che abbiamo
perché contrattare continui a rappresentare il nostro strumento per modificare le condizioni materiali delle
persone”.

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