JOBS ACT: PUBBLICATO IL DECRETO SUI CONTROLLI A DISTANZA
Gli ultimi decreti attuativi del Jobs Act sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 settembre scorso e sono entrati in vigore il giorno successivo. Tra questi figura il decreto contenente le misure in materia di controllo a distanza dei lavoratori, che ha sollevato numerose polemiche e critiche durante tutto l’iter istituzionale.
All’articolo 23 del decreto 14 settembre 2015, n. 151 “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità” l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (legge 20 maggio 1970) viene così modificato: “Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.
La violazione di tale disciplina è sanzionata penalmente.
Tuttavia, tali disposizioni, e si arriva al passaggio oggetto delle contestazioni, non si applicano “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. Le informazioni così raccolte “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto” dal Codice in materia di protezione dei dati personali.
Quest’ultima norma ha attratto numerose critiche.
Il Garante per la protezione dei dati personali con una lettera pubblicata l’8 settembre scorso ha espresso perplessità in particolare per “l’utilizzabilità dei dati raccolti mediante i controlli a distanza (previa concertazione o meno) per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” poiché “si tratta di un’ innovazione non irrilevante” soprattutto “rispetto all’indirizzo giurisprudenziale che, ad esempio, ha escluso l’utilizzabilità dei dati ottenuti con controlli difensivi per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratore. E rispetto alla Raccomandazione del 1° aprile del Consiglio d’Europa che in particolare auspica la minimizzazione dei controlli difensivi o comunque rivolti agli strumenti elettronici; l’assoluta residualità dei controlli, con appositi sistemi informatici, sull’attività e il comportamento dei lavoratori in quanto tale; il tendenziale divieto di accesso alle comunicazioni elettroniche del dipendente.”
Anche la Camera ha espresso parere contrario alla normativa perché “la disposizione in esame contrasta radicalmente con i principi costituzionali e, ancor prima, con le regole democratiche ed etiche che il nostro paese si è storicamente dato” in quanto “gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” sono anche quegli strumenti elettronici (smartphone, tablet, schede per la navigazione in internet, computer con collegamento ad internet e una casella di posta elettronica, GPS e qualsiasi altro strumento che abbia un microchip) che possono rilevare e monitorare anche la posizione, l’identificazione, l’uso e le scelte del dipendente e che, quindi, solo teoricamente, sono utilizzabili per soddisfare esigenze organizzative, produttive, d i sicurezza del lavoro o di tutela del patrimonio aziendale.
Anzi la prescrizione che rende le informazioni così raccolte “utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” e, quindi anche dal punto di vista disciplinare, fa si che tale norma non si limiti ad introdurre semplici controlli difensivi ma prefiguri forme invasive nella sfera anche personale dei lavoratori.
Insomma, già all’atto del concepimento, questa normativa, frutto di un frenetico colpo di mano dell’esecutivo, nasce con numerosi e fondati dubbi di legittimità. Ciò che porrà moltissimi problemi operativi già in sede di predisposizione dell’adeguata informativa che l’azienda deve ai lavoratori e di coordinamento della disciplina degli impianti di controlli a distanza con la cogente normativa prevista dal Codice in materia di protezione dei dati personali.