Due rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), del 28.2.22 e del 4.4.22 dedicati, rispettivamente, ad impatti ed adattamento ai cambiamenti climatici ed alla mitigazione degli stessi, lanciano un duplice messaggio. Da una parte, evidenziano che quanto si sta facendo non è sufficiente allo scopo. I progressi sull’adattamento non sono uniformi ed è sempre più ampio il divario tra le azioni intraprese e quelle necessarie per affrontare i crescenti rischi connessi alla crisi climatica. In più, ad oggi le azioni messe in campo da Governi ed Imprese non appaiono sufficienti a contenere il riscaldamento globale entro 1,5°. Dall’altro lato, si precisa che ci sono soluzioni per adattarsi ai cambiamenti, partendo dal potenziale della Natura. Tecnologie e misure per ridurre le emissioni esistono in tutti i Settori, così come sono disponibili le risorse finanziarie per colmare il gap di investimenti. Il Report è l’ultima chiamata all’azione indirizzata a istituzioni, investitori, aziende ed anche singoli individui.
Il punto di partenza è un nuovo record in negativo. Nel periodo 2010-2019, infatti, le emissioni di gas serra hanno raggiunto i livelli più alti nella storia dell’Umanità. Secondo i dati raccolti dall’Ipcc, nel 2019 la quantità di gas climalteranti emessa in atmosfera è stata superiore del 54% rispetto al 1990 e del 12% rispetto al 2010. Lontano, quindi, dal contenere l’aumento del riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°, come prevedono gli Accordi di Parigi. Per rimanere sotto la soglia di 1,5°, bisogna raggiungere l’equilibrio complessivo tra le emissioni di biossido di carbonio generate dall’attività umana e quelle assorbite (neutralità climatica,net-zero) entro l’inizio del 2050, riducendo, invece, le emissioni di gas entro l’anno 2070, la prospettiva è un aumento della temperatura di 2°. Negli scenari valutati dall’Ipcc, per limitare il riscaldamento a circa 1,5° è necessario che le emissioni globali di gas serra raggiungano il loro picco il prima possibile, e in ogni caso entro il 2025, per poi ridursi del 43% entro il 2030, puntando contemporaneamente sullo spostamento dell’occupazione dai settori a più alte emissioni ad altri a minore impatto ambientale.
Secondo il report dell’Ipcc, i flussi finanziari orientati verso progetti e tecnologie in linea con gli obiettivi di mitigazione ed adattamento sono attualmente da tre a sei volte inferiori rispetto a quelli necessari per limitare il riscaldamento al di sotto di 1,5° o 2°, da mobilitare entro il 2030. Contemporaneamente, stando alle stime e alle analisi degli scienziati del Panel, ci sono capitali globali e liquidità sufficienti per colmare le attuali carenze di investimenti. Il problema si manifesta nell’orientarli verso attività economiche compatibili con l’obbiettivo di emissioni nette zero. Un elemento positivo in questo contesto concerne la riduzione dei costi connessi alla produzione di energia da fonti rinnovabili ed al suo stoccaggio, osservata nell’ultimo decennio. Dal 2010, infatti, i costi per unità dei pannelli solari si sono ridotti dell’85% e quelli per gli impianti di produzione di energia eolica del 55%. Anche sul fronte della mobilità, l’abbattimento della spesa legata alle batterie (-85% nel periodo 2010-2019) apre prospettive interessanti per una graduale decarbonizzazione del Settore dei trasporti.
In questo quadro, emerge il ruolo fondamentale che potranno avere gli Investitori. Come evidenziato anche nel Paper del Forum per la Finanza Sostenibile Obiettivo ‘net-zero’: come raggiungerlo?, gli Operatori finanziari possono contribuire ad arrivare alla neutralità climatica finanziando soluzioni a basse emissioni di anidride carbonica e sostenendo la transizione nei settori ad alte emissioni. Nel Paper del Forum si evidenzia la necessità, per gli Operatori finanziari, di adottare un approccio che dia priorità alla decarbonizzazione dell’Economia reale, optando per l’assorbimento o la compensazione solo per le emissioni climalteranti inevitabili. In più, tenere in considerazione la neutralità climatica nelle politiche di investimento è utile per mitigare i rischi legati al clima, sia fisici, sia di transizione per es. gli effetti della decarbonizzazione sui livelli occupazionali, così come per identificare nuove opportunità di investimento in aziende particolarmente promettenti in una nuova economia a basse emissioni.
Gli investimenti sostenibili potranno inoltre supportare, anche attraverso strumenti di blended finance, come le partnership pubblico-privato, i percorsi di Amministrazioni e Governi verso l’obiettivo net-zero. Ad oggi, nel mondo, almeno 826 Città e 103 Regioni si sono date obiettivi di neutralità climatica, che per essere raggiunti avranno bisogno di una mobilitazione collettiva e di una collaborazione tra i diversi attori.
Come illustrato nel Paper stesso, le strategie di investimento net-zero dovrebbero perseguire alcuni obiettivi chiave a livello di portafoglio, quali ridurre la carbon footprint e l’intensità di biossido di carbonio/emissioni cioè il rapporto tra emissioni e fatturato, mitigare i rischi legati al clima e garantire la diversificazione.
Queste strategie sono diverse, ognuna con punti di forza e di debolezza. Una delle più immediate consiste nell’aumentare gli Investimenti in Aziende a basse emissioni (per esempio nel settore delle Comunicazioni) ed in soluzioni climatiche (come le energie rinnovabili). Tale approccio rischia, però, di perdere le opportunità insite nelle Aziende che riescono a decarbonizzare il proprio business pur operando in Settori in cui è difficile ridurre le emissioni (ad esempio nella produzione di acciaio, cemento e prodotti chimici). In più, le Aziende nei settori a basse emissioni vanno valutate in termini di emissioni prospettiche nell’intera catena del valore, al fine di prendere in considerazione i rischi di transizione.
Una strategia che può rivelarsi molto efficace nel processo di transizione delle Aziende a maggiore impatto ambientale è l’engagement. Attraverso il dialogo costruttivo, gli Investitori possono chiedere dati più accurati od incoraggiare le Società investite ad adottare percorsi di riduzione delle emissioni che perseguano obiettivi basati sulla Scienza. Le azioni di engagement dovrebbero tenere conto del Settore in cui operano le Aziende, includendo obiettivi che consentano agli Investitori di verificare l’efficacia della loro azione. Quando l’engagement non ha successo, la strategia del disinvestimento totale o parziale può rappresentare una soluzione.
Un ritiro graduale degli investimenti da alcune attività critiche, come i nuovi progetti di estrazione di combustibili fossili e le centrali a carbone unabated, cioè quelle che non si impegnano a ridurre le emissioni, deve essere una pietra miliare verso la neutralità climatica. Disinvestire assicura una rapida riduzione delle emissioni di gas serra a livello di portafoglio e può anche essere efficace come segnale al mercato, soprattutto se incluso in iniziative più ampie come reti di investitori. Allo stesso tempo, bisogna considerare che il disinvestimento totale implica la rinuncia alla leva dell’engagement e non si traduce sempre in una riduzione delle emissioni nell’economia reale, in quanto non è detto che le aziende target intraprendano percorsi di decarbonizzazione.
Le sfide che gli Investitori si troveranno davanti nel definire queste strategie net-zero comprendono l’insufficienza dei dati divulgati dalle Aziende, il monitoraggio delle emissioni lungo le catene del valore delle Imprese investite (si pensi alle carenze informative sulle emissioni di Scope 3) e la gestione dei vincoli di portafoglio, con il necessario bilanciamento tra obiettivi Esg ed esigenze finanziarie. La risposta a queste sfide dovrà accompagnarsi ad azioni sinergiche di collaborazione con Aziende e Decisori politici. Tra gli strumenti fondamentali si confermano le azioni di engagement, che attraverso il dialogo costruttivo e l’esercizio del voto in assemblea possono contribuire ad accelerare il percorso delle Società investite verso l’azzeramento delle emissioni nette e l’adozione di modelli di produzione più sostenibili.