Donne di tutto il mondo: oppressioni dimenticate, le donne del Myanmar

Questa settimana Alessandra Cialdani propone la traduzione di un reportage del canale giornalistico tedesco DW, che getta una luce inedita sul ruolo delle donne nelle proteste successive al colpo di stato dello scorso anno in Myanmar.
In un contesto di oppressione segnato da continue violenze, in cui la popolazione resistente (tra cui i sindacalisti e chi partecipa agli scioperi) è perseguitata, sta prendendo forza un nuovo movimento di emancipazione femminile.

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Le Donne del Myanmar guidano la resistenza ai militari

La tematica dell’uguaglianza di genere in Myanmar è nuovamente sotto i riflettori. Le donne sono oggi in prima linea nelle proteste contro il colpo di stato avvenuto nel paese un anno fa, quando la giunta militare ha espulso i civili dal governo.

Da quando l’esercito birmano ha iniziato a reprimere con la violenza le proteste di massa seguite al golpe del 1 febbraio, sono stati organizzati numerosi flash mob nelle città principali, tra cui Yangon e Mandalay, per opporsi alla presa del potere da parte dell’esercito.

I dimostranti, principalmente giovani, dispiegano striscioni, cantano slogan e camminano per le strade prima di essere rapidamente dispersi nelle vie laterali.

Chi protesta rischia la vita: le forze di sicurezza spesso aprono il fuoco senza preavviso, o guidano deliberatamente i propri veicoli sui manifestanti per investirli. Tuttavia, i video delle manifestazioni mostrano sempre le donne nelle prime file.

Htet Htar, 25 anni, afferma che le proteste in strada non sono più sufficienti. Lo scorso giugno si è unita alle cosiddette “People’s Defence Forces” (Forze di difesa del popolo), che capeggiano la resistenza armata al regime. “Che altra possibilità ho? I militari ci hanno tolto tutto. Mi sono unita alla resistenza per liberare il mio paese” ha detto al canale giornalistico tedesco DW. “Continuo a pensare a un Myanmar libero”, ha aggiunto.

 

Una società patriarcale

E’risultato da subito evidente che le donne e la loro posizione sociale hanno giocato un ruolo speciale nelle rivolte.

Nel febbraio e marzo 2021, quando si sono svolte proteste di massa in tutto il paese e la giunta ha inizato a reprimerle nel sangue, le dimostranti hanno utilizzato l’arma della superstizione contro i militari.

Hanno teso le gonne tradizionali delle donne, i lonji, sulle strade o sulle barricate, e le hanno usate come bandiere. Nel paese una superstizione ancora viva vuole che l’uomo che passa sotto abiti femminili appesi perda la propria virilità fisica e spirituale. L’espediente, se non ha potuto bloccare i militari, ha tuttavia indotto parte delle truppe a fare una deviazione, dando ai manifestanti più tempo per mettersi in salvo.

Il Myanmar è storicamente un paese conservatore in cui sono gli uomini a prendere le decisioni, anche se vi sono sempre state donne dotate di particolare autorevolezza, come Aung San Suu Kyi. Ma si tratta principalmente di eccezioni.

I militari sono portatori di un modello impostato sulle tradizioni più reazionarie, e si rappresentano come i difensori del “vero” Myanmar, in cui le minoranze etniche e le donne sono relegati a uno status inferiore.

“I militari non hanno mai sostenuto le donne”, dice a DW Naw Hser Hser, segretaria generale della  Women’s League of Burma (WLB), la Lega dele Donne Birmane.

Il generale Min Aung Hlaing, a capo del colpo di stato, ha affermato alla stampa a inizio marzo 2021 che le dimostranti “indossavano abiti indecenti, contrari alle tradizioni birmane”, che secondo molti è un riferimento alle manifestanti in pantaloni. “Simili atti attentano alla moralità del popolo, quindi sono necessarie azioni legali”, ha aggiunto il capo dell’esercito.

 

Una Costituzione maschilista

Anche la Costituzione del paese, redatta dai militari nel 2008, riflette l’attitudine paternalistica dell’esercito.

L’articolo 352 afferma che nessun cittadino dovrebbe essere discriminato per razza, nascita, religione o sesso. Tuttavia, l’articolo è immediatamente contraddetto: “Nessun contenuto di questa Sezione può impedire la nomina degli uomini alle posizioni adatte solo per gli uomini”.

L’Unione per la Solidarietà e lo Sviluppo, che è considerato il partito dei militari, ha presentato meno del 6% di candidate donne alle elezioni del 2015.

Poco prima delle elezioni, sotto la pressione esercitata dai buddisti più conservatori, hanno imposto una legge tesa a regolamentare il matrimonio delle donne buddiste con uomini non buddisti. Prima di sposarsi, la coppia è obbligata a registrarsi presso l’autorità e dichiarare, tra le altre cose, che le donne non sono incoraggiate a convertirsi, e che i figli sono liberi di praticare la religione. Gli uomini buddisti che sposino donne non buddiste, invece, non sono tenuti a questo tipo di dichiarazione.

Le cose non andavano molto meglio nel partito di Aung San Suu Kyi, il National League for Democracy party, che a sua volta aveva solo un 15% di componenti donne nel 2015. L’NLD ha in effetti compiuto pochi progressi in termini di parità di genere tra la sua vittoria alle elezioni nel 2015 e il colpo di stato del 2021.

 

La nuova immagine delle donne

Ma qualcosa è cambiato in seguito al golpe, dice Naw Hser Hser della Women’s League of Burma. La rete delle donne, per esempio, è cresciuta considerevolmente dal 1 febbraio 2021. Se prima era composta soprattutto da donne delle minoranze etniche dalle aree marginali del paese, che da anni manifestano dissenso verso la giunta, molte donne e associazioni femminili dal centro del Myanmar hanno ora stretto una forte collaborazione con la WLB. Naw Hser Hser stima che circa quattro donne su cinque si oppongono alla giunta, anche se non tutte lo manifestano apertamente, o osano attuare forme di resistenza esplicita.

Parti della resistenza sono organizzate e condotte principalmente dalla donne. Il movimento di disobbedienza civile (CDM), uno dei primi movimenti a insorgere contro il golpe, è partito dagli ospedali, per allargarsi alle scuole. Le donne rappresentano un’alta percentuale dei lavoratori nei settori della sanità e dell’istruzione . La ONG Gender Equality Network stima che tra il 70% e l’80% dei leader del CDM siano donne.

Le attiviste Esther Ze Naw Bamvo ed Ei Thinzar Maung, oggi viceministro per le donne, i giovani e i bambini del governo in esilio, che sono state cruciali nell’organizzare le prime proteste in tutto il paese, sono state nominate tra le 100 persone più influenti dell’anno dalla rivista Time nel settembre del 2021.

“Nel 1988 i leader erano uomini. Stavolta sono donne. E’esaltante”, ha affermato Daw Khin Ohmar, un’attivista dello storico movimento studentesco 88 Generation.

Nel 1988 in Myanmar ebbe luogo una sollevazione popolare contro il regime, che fu soffocata dai militari.

Le donne non hanno giocato un ruolo importante solo nel movimento di resistenza civile, ma hanno anche ricoperto ruoli chiave in politica, dice Naw Hser Hser.

Il governo in esilio, o Governo di Unità Nazionale (National Unity Government – NUG), appare più inclusivo di qualsiasi precedente governo. Oltre a Suu Kyi, che i militari hanno messo agli arresti domiciliari ma che continua simbolicamente a ricoprire il ruolo di Consigliera di Stato, una donna, Zin Mar Aung, è ministra degli esteri. Quest’ultima, in precedenza, ha sostenuto i diritti delle donne e delle minoranze etniche.

 

Il dibattito dal basso

“Va bene. Ma ancora non abbiamo raggiunto l’obiettivo. Vogliamo che le donne partecipino a tutte le decisioni, a ogni livello”, dice Naw Hser Hser.

L’attivista dichiara di essere contenta nel vedere la parità di genere tra i pilastri della nuova costituzione che il NUG sta redigendo. Sottolinea come le donne abbiano iniziato ad essere percepite in modo diverso nei villaggi e nei mercati dopo lo scoppio del colpo di stato.

Prima, sostiene l’attivista, argomenti come parità di genere e diritti delle donne trovavano spazio quasi esclusivamente nelle ONG o nella società civile. Ma dopo il golpe, con le donne che ricoprono ruoli attivi e visibili, questo dibattito si è molto diffuso. “A un livello di base, le persone hanno iniziato a parlare delle donne come parte attiva della rivoluzione, e di come debbano avere voce in capitolo in futuro.”

Reportage di Annie Zaman e Shamil Shams per Deutsch Walle (DW)

https://www.dw.com/en/myanmar-women-take-the-lead-in-resisting-the-military/a-60620116

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