Rendere visibile l’invisibile.
Da qualche anno con i nostri calendari dell’8 marzo stiamo cercando di ricordare e valorizzare la voce e l’azione delle donne in ogni campo (scienza, esplorazione, arte, letteratura), riportando alla memoria figure femminili di grande valore, a volte dimenticate o mai ricordate.
Quando decidemmo di dedicare questo calendario 8 marzo alle partigiane, appena qualche mese fa, non potevamo immaginare che ci sarebbe stato l’assalto fascista alla sede nazionale della Cgil, e la guerra in Ucraina.
E’ il passato che non è passato, è ancora qui. Per questo assume ancora più valore conoscerlo, quel passato, per non essere travolti dal presente.
E nel presente abbiamo visto crescere e rafforzarsi in Europa la destra più becera, nel silenzio generale: associazioni di ispirazione ultra-religiose cristiane ispirate al suprematismo bianco,sono legate a filo doppio all’estrema destra europea e statunitense.
In due paesi europei sono addirittura al governo: in Polonia con Morawieki ed in Ungheria con Orban, ma sono diffuse in quasi tutti gli stati, anche in Italia. La galassia di queste associazioni cosiddette pro-life, che in questo 8 marzo ci hanno “dedicato” un nuovo gigantesco manifesto antiabortista “Facciamole nascere”. Insieme a politici di destra ed alti prelati si riuniscono nel network Agenda Europa, che ha come obiettivo primario l’attacco ai diritti delle donne, all’aborto, alla comunità LGBT+, al divorzio, all’uso della contraccezione e della riproduzione assistita. Dall’attacco all’autodeterminazione delle donne si passa all’attacco alle libertà costituzionali, di marchio prettamente fascista.
E il fascismo non è un’ideologia, è un crimine.
C’è quindi un filo rosso che lega l’antifascismo alle donne, il rispetto della Costituzione repubblicana alle battaglie per l’autodeterminazione e la parità di genere. Noi donne siamo combattenti due volte: per la democrazia e per la parità di genere.
Le donne furono determinanti per il successo della lotta di liberazione, parteciparono in tante in tutte le attività: dal fiancheggiamento al trasporto di armi e ordini, nella propaganda e nell’azione militare. Erano sovraesposte a rischi di ogni genere perché a loro, generalmente, veniva affidato il compito di passare i blocchi nazisti e fascisti. Parteciparono per la prima volta in modo non subalterno agli uomini, arrivando ad assumere ruoli di comando militare.
Molte delle partigiane che abbiamo ricordato nel calendario furono tra le fondatrici dei Gruppi di difesa della Donna, e successivamente l’Unione Donne Italiane. Erano ribelli due volte: guardavano oltre, alla fine della guerra, ad una società nuova e democratica in cui si doveva realizzare la liberazione della donna, volevano il voto, la parità economica, sociale e civile. Un impegno che continuarono a portare avanti dopo la fine della guerra per tutta la loro vita, e lo fecero indipendentemente dall’appartenenza politica, dalle comuniste alle cattoliche, dando una lezione di intelligenza e civiltà ai loro partiti. Lezione che oggi sembra totalmente smarrita.
Hanno combattuto con grande coraggio e combattevano per avere la pace, in una guerra mondiale scatenata dagli uomini.
Oggi i venti di guerra sono tornati sull’Europa. Il movimento delle donne potrà avere, se vorrà, un ruolo importante per la risoluzione pacifica del conflitto ucraino.
Non è il primo grande conflitto nel cuore dell’Europa, pare si sia dimenticato il conflitto della ex Yugoslavia degli anni novanta, che fu accuratamente preparato riattizzando antiche ruggini di quella tormentata e complessa regione, e culminò con il vergognoso bombardamento della NATO su Belgrado (2300 attacchi aerei e 2.500 vittime civili), in cui per la prima volta l’Italia violò l’articolo 11 della Costituzione.
La grande manifestazione pacifista del 5 marzo ha chiesto a gran voce che lavorino le diplomazie. La Cgil, sempre a fianco dell’Anpi, lo ha detto subito allo scoppio del conflitto ucraino. La ferma condanna dell’invasione di Putin non può cancellare la nostra Costituzione e soprattutto non deve spegnere i nostri cervelli in una bieca ed acritica propaganda di guerra.
L’Italia nel 2021 ha destinato oltre 25 mld di euro alle spese militari di cui 8,3 per nuovi armamenti. Un record per un paese che ripudia la guerra. Nel PNRR sono destinati al riequilibrio del gap di genere solo 4,6 miliardi, comprendendo anche il 2023. Al “Fondo impresa donna”, a supporto dell’imprenditoria femminile, solo 400 milioni. Briciole e con i soldi provenienti dalla UE, non un impegno concreto e costante nel nostro bilancio dello Stato.
Del resto, il governo aveva già annunciato il superamento della soglia dei 26 miliardi d spese militari per il 2022, con un trend di aumento anno per anno. Lo scorso settembre Draghi aveva detto: “Ci dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora” nell’approvazione generale di tutte le forze politiche e nel silenzio della stampa, impegnata nel chiacchiericcio sul Quirinale.
Oltre all’articolo 11 della Costituzione, ci siamo dimenticati che esiste un’altra legge, la legge 85/1990, che proibisce all’Italia di inviare armi a paesi belligeranti. Siamo inoltre l’unico paese ad aver messo il segreto su quante e quali armi invieremo. Armi che saranno prima di tutto un pericolo per la stessa popolazione civile perché, come accadde nella ex Yugoslavia (in particolare durante l’assedio di Serajevo) finiranno prima di tutto in mano alla criminalità e agli sciacalli, cosa che sta già accadendo. Violenze e saccheggi sono assicurati.
In questo fosco scenario noi donne dobbiamo darci un compito importante: sostenere con tutta la nostra voce la necessità della risoluzione del conflitto ucraino non a suon di bombe, ma usando le armi della democrazia e della trattativa. Trattative che si stanno tenendo, per ora con scarsi risultati, sui tavoli a cui siedono solo uomini.
Ma possiamo fare molto con un’altra nostra arma pacifica, un’arma che hanno sempre cercato di togliere alle donne: la parola.
Una voce che dica che non esistono profughi di serie A e serie B, bambini di serie A e serie B, morti di serie A e serie B. Esiste una sola umanità in fuga dalle guerre e dalle carestie dovute dagli sconvolgimenti climatici, all’inquinamento provocato dai paesi ricchi.
Che siano di nazionalità ucraina piuttosto che siriana, palestinese, afgana, africana, che abbiano gli occhi azzurri o la pelle nera, l’umanità che fugge dovrebbe trovare sempre accoglienza ed aiuto. In questi giorni stiamo sentendo affermazioni razziste senza precedenti e senza vergogna.
Per la memoria delle nostre antenate finite sul rogo, non possiamo accettare questo clima di caccia alle streghe, che criminalizza le persone, che vuole cancellare la cultura, in una sorta di damnatio memoriae che umilia non un capo di governo, ma un popolo intero. Oltre ad essere una campagna mediatica insensata e odiosa, di certo non aiuta la risoluzione pacifica dei conflitti e la cooperazione tra i popoli, garanzia di pace duratura. Ma forse è proprio questo che si vuole evitare.
Raccogliendo il filo rosso delle nostre partigiane continueremo ad essere combattenti per la pace, per il disarmo, per il superamento delle disuguaglianze, contro il patriarcato oppressore e guerrafondaio.
Ora e sempre resistenza.
Esecutivo Donne Fisac nazionale