Le origini di questa giornata, mista tra leggenda e realtà, risalgono ad un evento tragico: l’incendio divampato in una fabbrica in cui morirono centinaia di operaie e ogni anno si ricorda il sacrificio di quelle donne per fare il bilancio dei traguardi raggiunti e dei diritti che ancora oggi alle donne sono negati. Una giornata di riflessione, quindi, non una festa.
Perché…non è una festa quando pensiamo a quante donne perdono la vita per mano di uomini violenti.
Non è una festa per le molestie che tante donne sono costrette a subire sul lavoro, così come in tanti altri contesti della vita pubblica e privata.
Non è una festa quando ancora oggi l’esercizio di alcuni ruoli e di alcune professioni conferisce una diversa autorevolezza a seconda che si tratti di un uomo o di una donna in quel determinato ruolo o professione.
Non è una festa quando le prime a delegittimare le donne e il loro ruolo nella società sono le stesse donne…e l’elenco potrebbe continuare all’infinito perché ci sono mille ragioni per cui una donna che sente sulla propria pelle le ingiustizie subite non può percepire l’8 marzo come una festa.
Non lo è soprattutto quando la pratica della retorica che mal si concilia con il cuore ed il sentire autentico, diventa l’unico strumento per rivendicare maggiori diritti e parità di genere.
Non lo è quando, proprio i luoghi in cui alcuni principi dovrebbero trovare riconoscimento (a difesa della dignità delle donne) diventano gli stessi in cui viene decretata la loro negazione.
Non lo è per la sofferenza che una guerra inaspettata sta provocando nelle donne in Ucraina e in Russia, in un grido di dolore che, proprio nella giornata dell’8 marzo, non può non essere quello di tutte le donne del mondo che sceglierebbero la pace, se solo la decisone dipendesse da loro.
Buon 8 marzo…di pace e rispetto nel mondo.
Paola Boccardo