Quasi come una tradizione obbligatoria e “politicamente corretta” ogni 8 marzo, tra le mimose e altre amenità, ricordiamo la giornata internazionale della Donna, con iniziative, convegni, scioperi e manifestazioni: iniziative utili e necessarie perché, almeno per una volta l’anno, gran parte del mondo si concentri sui 3,64 miliardi di bambine, ragazze, donne che abitano la Terra, sui loro diritti spesso negati, sulle loro speranze troppo spesso ignorate, quando non soffocate dalla violenza.
Cosa c’entra allora la guerra in Ucraina con l’8 marzo?
C’entra tanto, perché la guerra, ogni guerra rappresenta la massima violenza possibile per chiunque, ma in particolare per le donne: che perdono padri, mariti e figli.
Che subiscono violenze e stupri.
Che disperatamente cercano di sopravvivere e si fanno carico, ancora e sempre, della cura degli altri.
Che inseguono la vita diventando profughe in altri Paesi, perso tutto, tranne la speranza di un gesto d’aiuto.
Che combattono e resistono e muoiono, in battaglie mai decise da loro.
I media ci hanno fatto vedere le donne in guerra, abbiamo visto le soldatesse curde resistere all’Isis, le afgane oppresse da usi medioevali, le bambine somale rapite e sposate a forza, le siriane nei polverosi campi profughi della Giordania: a molti faceva male, a molti non importava, spesso la preoccupazione, alimentata da politici ignobili, era “l’invasione dell’Europa” da parte dei profughi, comunque visti come altro da noi.
Oggi invece ci guardiamo allo specchio, i profughi sono europei e sono bianchi: potremmo essere noi.
E le vediamo: le donne ucraine che scappano coi figli e le poche cose salvate; le donne ucraine che restano e si preparano a resistere.
Domandiamoci quale sarà il futuro di queste donne e delle loro famiglie, se già tra i politici europei comincia a serpeggiare la preoccupazione per i profughi, se si comincia già a sussurrare che potrebbero diventare troppi…
Il solo augurio che oggi possiamo fare a tutte noi è che si lavori perché le guerre non esistano più: è utopia? Forse, ma “i problemi del mondo non potranno essere risolti da scettici o cinici che si limitino a delle realtà evidenti, ma da donne e uomini capaci di immaginare ciò che non è mai esistito” (J.F.Kennedy).
No, non approverò mai.
Vere sono le mie maledizioni.
Non perdonerò. Non vivrò in abbracci di ferro…
Non lasciate che il cuore dimentichi: Non c’è mai stata una guerra giusta E mai ci sarà.
(Z.Gippius, poetessa russa)