La proposta di lettura di questa settimana è curata da Fulvia Busettini.
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Il 6 febbraio nel mondo si è celebrata la giornata contro le mutilazioni genitali. Una donna Masai, una vera guerriera, Nice Nailantei Leng’ete, lotta da una vita, da quando ha 9 anni, per restituire dignità alle bambine africane.
“Una lotta contro l’indifferenza”, dice.
Nice, oggi operatrice e ambasciatrice di Amref Health Africa, grande organizzazione sanitaria no profit, è nata in una tribù di pastori ed è cresciuta in un villaggio rurale ai piedi del monte Kilimangiaro. Nice, rimasta orfana all’età di 9 anni, fuggì con coraggio dalla zia che voleva sottoporla alla mutilazione genitale, come è tradizione nel popolo Masai. Iniziò così una dura battaglia per un cambiamento di mentalità che potesse aiutare e convincere le donne a rifiutare la terribile pratica dell’infibulazione. Da allora il suo impegno non si è mai arrestato e ha portato la causa femminile Masai fuori dal villaggio rurale, facendo conoscere al mondo la battaglia da condurre contro questa pratica.
Una lotta contraddistinta da armi come il dialogo, lo scambio, l’informazione, la cultura, per far sì che siano le ragazze stesse a decidere di non soccombere più a questa rito violento. Nice ha agito “azioni di contrasto” non in contrapposizione, ma confrontandosi con le comunità, coinvolgendo “leader autorevoli”, gli anziani, capaci di rompere una norma sociale che si nutre del timore di venire emarginate e quindi indebolite.
Il rito della mutilazione in Kenya, paese di Nice, riguarda le bambine tra i 9 e i 12 anni e segna il passaggio dalla pubertà all’età adulta. Il momento nel quale la giovane donna può essere data in sposa, promessa a qualcuno che lei non conosce, spesso un adulto che potrebbe essere suo padre. Nice ha detto NO a tutto questo, ha lottato giorno dopo giorno, tutti i giorni, per far capire al suo popolo la barbarie di questa pratica che toglie ogni dignità e ogni speranza alle giovani ragazze Masai. Nice, insieme ad Amref, e’ riuscita a proporre un rito alternativo, che conserva la tradizione, ma in cui il passaggio all’età adulta si celebra senza la mutilazione. Un rito accettato dagli anziani e dai Moran, i giovani guerrieri Masai.
L’infibulazione è una violazione dei diritti fondamentali di una donna, la violazione del suo corpo; fa della donna una sorta di proprietà esclusiva dell’uomo, priva del diritto ad una propria sessualità, priva del diritto di decidere del suo corpo. Non ci può essere alcuna convinzione religiosa, o tradizione, arcaica o moderna che sia, a giustificare tutto ciò. Condiziona la vita, la sessualità, le condizioni di salute e sociali. Una piaga difficile sicuramente da estirpare, perché si tratta di pratiche tradizionali, antiche, radicate in molte culture e società del mondo.
Secondo recenti dati OMS, nel mondo almeno 200 milioni di donne e bambine hanno subito mutilazioni genitali e 44 milioni di loro hanno meno di 14 anni. Si tratta di un fenomeno diffuso principalmente in Africa, ma che coinvolge anche Asia ed Europa.
Sono 29 i paesi africani in cui le giovani donne subiscono queste pratiche. In alcuni stati del Corno d’Africa, Gibuti, Somalia ed Eritrea, ma anche in Egitto e Guinea, l’incidenza del fenomeno rimane altissima, toccando il 90% della popolazione femminile. Le mutilazioni vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni, ma in alcuni paesi anche a bambine con meno di un anno di vita come nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi in Mali.
Con i flussi migratori che hanno interessato il nostro Paese negli ultimi decenni, anche in Italia abbiamo dovuto affrontare il tema delle mutilazioni genitali femminili e dal 9 gennaio 2006, con la legge Consolo, praticare mutilazioni genitali femminili a fini non terapeutici e’ un reato.
Un’indagine condotta dall’Università Milano Bicocca nel 2019, per conto del Dipartimento Pari Opportunità, rivela in Italia l’esistenza, al 1* gennaio 2018, di 87.600 donne che hanno subito l’infibulazione, di cui 7600 minorenni, con un report che distingue i dati a seconda della provenienza. Un fenomeno insomma tutt’altro che marginale.
Certo e per fortuna, oltre a Nice, ci sono tante donne che combattono con coraggio e determinazione contro questa violenza, perché ogni donna sia libera.
“Adesso lotto affinché ogni ragazza possa diventare la donna dei propri sogni…proprio come me”.
Nice ha scritto anche un libro “Sangue: la storia della ragazza Masai che lotta contro le infibulazioni”.
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