Banca Popolare di Vicenza e Carige: lo spettro del bail in
Sorvegliate speciali dalla Banca centrale europea. A legare i destini della Banca Popolare di Vicenza e di Carige è il faro di Francoforte: i compiti a casa per i due istituti sono tutt’altro che finiti. Le due banche ora non hanno altre alternative: devono mettere in campo azioni volte a renderle meno deboli oppure il rischio è elevato. Per la Bpvi il pericolo immediato fa paura: il bail-in, cioè il salvataggio interno che chiamerebbe in causa azionisti, obbligazionisti e correntisti con depositi sopra i 100mila euro. Uno scenario catastrofico, che andrebbe a impattare sulla situazione già drammatica che sta vivendo la banca dopo un anno nero. Avvisate dalla Bce ora tocca ai due istituti compiere le scelte giuste.
Tre punti dirimenti: la trasformazione in Spa, l’aumento di capitale da almeno 1,5 miliardi di euro per rientrare nei parametri di solidità patrimoniale della Bce e la quotazione in Borsa. Tre sì che per la Bce sono inderogabili come ha avuto modo di scrivere, nero su bianco, in una lettera inviata ai vertici dell’istituto. “Ci servono tre sì, forse dolorosi, ma certamente necessari. Vorrei essere chiaro fino in fondo: la Bce ci ha detto, e lo ha messo per iscritto, che basterebbe un solo no per gettare la banca nel dramma di uno scenario davvero fosco: un commissariamento o, addirittura, la risoluzione”.
Per la Banca Popolare di Vicenza un anno da dimenticare. Le inchieste avviate da tre procure, il cambio al vertice che ha messo fine all’era di Giorgio Zonin, durata 19 anni, un bilancio che nel 2015 si è chiuso con 1,4 miliardi di euro di perdite. Per il professore Ugo Rigoni, docente all’università Cà Foscari di Venezia, dove dirige il laboratorio Corporate Finance and Financial Institutions, la scelta di Bpvi è obbligata: “La banca ha come unica prospettiva quella di fare l’aumento di capitale, trasformarsi in Spa e quotarsi: non ha altre alternative rispetto a questo scenario”.
L’altra banca che è monitorata attentamente dalla Bce è Carige, il cui titolo in Borsa è già stato colpito duramente nel corso dello tsunami che ha travolto gli istituti italiani a inizio anno. La storia per Carige però ora si fa più complessa. Per Francoforte gli sforzi fatti dal management non bastano: entro la fine di maggio dovrà mettere in campo un nuovo piano industriale che tenga conto del deterioramento dello scenario attuale rispetto alle previsioni fatte in precedenza. Altro impegno a cui l’istituto dovrà far fronte, e con tempi ancora più stringenti, cioè entro la fine di marzo, è un nuovo piano di finanziamento. Il quadro dipinto dalla Banca centrale europea è chiaro: per adeguarsi ai requisiti di vigilanza occorre fare due passi in più imprescindibili. L’ammonimento dell’Europa ha già portato la banca a una decisione forzata: correggere, al ribasso, il risultato del 2015. Le perdite, che prima ammontavano a 44,6 milioni, sono salite a 101,7 milioni di euro. In Borsa, oggi, il titolo ha perso il 9,6%, chiudendo a 0,57 euro. Per le due osservate speciali, Carige e Banca Popolare di Vicenza, si prospettano giorni tutt’altro che sereni.