Coordinamento come forma di auto-organizzazione delle donne e rapporto con i luoghi misti dell’organizzazione
Nel corso dell’ultima riunione del Coordinamento Donne si è posta all’attenzione di noi tutte la necessità di confrontarci sulla scelta e sul ruolo del Coordinamento Donne, oltre che sul rapporto con i compagni e con gli altri luoghi dell’organizzazione.
È capitato che, nel corso degli ultimi anni, come donne della Fisac siamo state sollecitate a ridiscutere l’esistenza del Coordinamento Donne, e ogni volta ne abbiamo confermato la validità e la necessità.
Tutte le altre categorie attive della CGIL non lo hanno, sebbene abbiano altre forme di gestione delle politiche di genere. Perché noi siamo così affezionate a questo luogo?
Per avviare questo confronto, vorremmo passare da un po’ di memoria storica, dagli statuti, e da come e con quali obiettivi questo esecutivo ha interpretato fino a ora la dialettica tra luogo dedicato e luoghi misti.
LA NOSTRA MEMORIA STORICA
Senza voler ripercorrere tutta la memoria storica del rapporto tra le sindacaliste e la CGIL dalla fondazione ad oggi, che meriterebbe l’approfondimento di un seminario, riteniamo utile sottolineare i passaggi più importanti, omettendo solo per brevità tante battaglie sostenute dalla CGIL per la parità di genere sulla spinta interna delle compagne.
È Giuseppe Di Vittorio, al I° Congresso Cgil dell’Italia liberata del 1945, a dichiarare che “un difetto essenziale dei nostri sindacati è l’assenza delle donne”. Per compensare questa assenza quel Congresso delibera l’istituzione di una Commissione Femminile Nazionale.
Nei primi anni Sessanta, il miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne spinge la Cgil a considerare esaurita l’esperienza delle Commissioni Femminili. Si passa all’istituzione di un Ufficio Confederale di Settore, non elettivo, affiancato da una Consulta Centrale in cui figurano militanti di base e donne dirigenti delle diverse categorie.
Le battaglie del ’68 coinvolgono molto le donne, anche nel sindacato, in cui crescono di numero, ma non trovano adeguata rappresentanza. Nel Comitato direttivo della neonata Federazione Cgil-Cisl-Uil non vi è neppure una donna. Al congresso di Bari, nel 1973 le donne elette nel Consiglio Generale CGIL sono 12 su 211; 2 su 64 nel Comitato Direttivo.
In questo quadro, si impone l’esperienza del Coordinamento donne della FLM – Federazione Lavoratori Metalmeccanici – nato nel 1976, in una fase in cui alle conquiste del movimento dei lavoratori si affianca una grande vitalità del pensiero femminista. La legislazione italiana è in rapida evoluzione: divorzio, Statuto dei diritti dei lavoratori, nuovo diritto di famiglia, istituzione degli asili nido, nascita dei consultori familiari.
In quel contesto le donne prendono coscienza che le conquiste del movimento dei lavoratori non avrebbero prodotto naturalmente il superamento del divario di potere e di condizione tra uomini e donne.
La conquista da parte delle donne di uno spazio autonomo di pensiero e di elaborazione politica è la condizione per aprire nel sindacato una tensione dialettica che permette la messa in discussione di alcuni dati generalmente accettati come scontati: ad esempio, il fatto che le donne non prendessero la parola in assemblea e che solo pochissime facessero attività in un sindacato caratterizzato, come altri luoghi di lavoro, da una rigida divisione dei ruoli.
La messa in discussione di questi dati “scontati” implicava anche la presa di coscienza che l’accettazione di un ruolo subordinato e della limitazione dei propri spazi di libertà non avevano origine solo nell’organizzazione economica, sociale e lavorativa, ma si radicavano nella cultura e nei meccanismi di costruzione dell’identità femminile.
Bisognava perciò costruirsi come soggetto politico consapevole di queste contraddizioni, capace di individuare obiettivi che tenessero conto sia delle esigenze della produzione che della riproduzione e di lottare per una trasformazione che migliorasse insieme la propria condizione, quella degli uomini e quella della società nel suo complesso.
Nel dicembre 1977, nel corso della manifestazione dei metalmeccanici, il Coordinamento Donne FLM organizza un grande corteo di sole donne, insieme all’UDI ed ai movimenti femministi.
Il confronto con questa nuova realtà mette profondamente in discussione l’approccio della Cgil ai temi di genere e la sua capacità di dare alle donne un’adeguata rappresentanza interna. La Conferenza nazionale delle donne dell’aprile 1981 prende atto delle novità e sollecitazioni portate in tutta Italia dall’esperienza dei Coordinamenti donne della FLM, e pone l’esigenza di introdurre anche in Cgil una analoga forma di rappresentanza delle donne.
L’XI congresso della CGIL del 1986 modifica lo Statuto per inserire i Coordinamenti Donne come organi statutari, riconoscendoli come strumento di elaborazione autonoma, consultazione, proposta e iniziativa specifica.
I Coordinamenti Donne nascono quindi dal rifiuto di considerare il maschile come universale, dalla necessità di affermare la specificità di genere e rafforzare la presenza delle donne nel sindacato. Dieci anni dopo, dal XIII congresso del 1996, per realizzare un sindacato di donne e di uomini, la ‘Norma antidiscriminatoria’ assume un carattere vincolante.
In quegli anni, quindi, molte donne lottano in fabbrica, inventando e imponendo i propri obiettivi, lottano nel Sindacato, per cambiarne il modo di essere, esplorano percorsi di ricerca culturale e intraprendono strade di trasformazione personale, mettendo dolorosamente in discussione i propri equilibri affettivi e familiari…
Oggi, noi donne, nel Sindacato e nel lavoro ci siamo più di ieri, occupiamo settori prima esclusivamente maschili, riusciamo a volte a raggiungere posizioni di potere, in molti casi ruoli pubblici e prestigio professionale e sociale riconosciuti, ma non abbiamo ancora raggiunto la piena parità. Oggi, nella crisi pesante che ci attraversa, viviamo una regressione economica e sociale, che rischia di azzerare le conquiste raggiunte e di precipitare tante donne in povertà. Lo sappiamo bene.
La specificità della condizione femminile non è stata ancora risolta e noi abbiamo ancora il compito di rappresentarla. Perciò non crediamo sia giunto il momento di dismettere il Coordinamento Donne come nostro luogo di confronto autonomo, distinto e peculiare.
I NOSTRI STATUTI
L’art. 8 dello Statuto Cgil – Struttura organizzativa – stabilisce che:
- l’azione della Cgil è volta…a favorire l’autorganizzazione delle donne a tutti i livelli …
- spetta ai comitati direttivi dei centri regolatori definire le regole di costituzione e riconoscimento, stabilendone contestualmente i poteri, le prerogative e le risorse.
L’Art. 23 dello Statuto Fisac – Forme di organizzazione delle donne – recita che:
La FISAC in materia di organizzazione delle donne a tutti i livelli, adotta nazionalmente la forma del Coordinamento, restando ferma la possibilità a livello decentrato di adottare altre forme. In entrambi i casi, il loro funzionamento dovrà prevedere regole democratiche e trasparenti.
Tali organismi hanno diritto di avanzare proposte in merito:
- ai contenuti contrattuali rivendicativi, di politica economica e sociale;
- ai criteri e alle scelte nominative che attuino il riequilibrio della rappresentanza; • agli argomenti da mettere all’ordine del giorno degli organismi dirigenti.
I Coordinamenti sono la sede di relazione politica e di confronto sia tra donne, sia con le varie forme di aggregazione che le donne stesse si danno; sono luogo di costruzione dei progetti politici e di mediazione.
Vediamo, quindi, che la Fisac ha deciso di identificare nel Coordinamento la forma di autorganizzazione delle donne a livello nazionale, affidando a questo luogo importanti diritti di proposta politica e organizzativa e questo ha permesso che negli anni la nostra sia stata l’unica categoria, oltre allo Spi, ad avere una presenza femminile forte, visibile, incisiva e organizzata, che certamente ha favorito l’applicazione della norma antidiscriminatoria, la crescita e la presenza delle compagne a tutti i livelli della categoria.
COME E CON QUALI OBIETTIVI ABBIAMO INTERPRETATO FINO A ORA LA DIALETTICA TRA LUOGO DEDICATO E LUOGHI MISTI
Questo esecutivo, sin dall’inizio, ha scelto di tenere ben presente l’importanza di affiancare all’elaborazione del pensiero e alla costruzione delle proposte, che costruiamo insieme nei nostri luoghi privilegiati, una dialettica costante con tutta l’organizzazione.
Lo abbiamo fatto nel tempo con le tante iniziative aperte a cui abbiamo esteso e sollecitato la partecipazione dei compagni, con i tanti interventi nei luoghi misti – direttivo, assemblea e commissioni contrattuali – con l’interlocuzione costante con i segretari generali e le segreterie nazionali che si sono succeduti.
Il tema se rendere le riunioni del Coordinamento Donne un luogo misto fu affrontato e discusso, dal Coordinamento Donne stesso, l’ultima volta quattro anni fa. Il Coordinamento si espresse per lasciare questo luogo come espressione delle compagne, libera da qualsiasi condizionamento, palestra che favorisse la crescita politica e il rafforzamento della sicurezza e dell’autostima delle compagne. Tutto ciò senza nessuna chiusura o auto-ghettizzazione, e ci sentiamo di affermare senza timore di smentite che questo non è avvenuto da allora fino a oggi, e che continuiamo a essere ottimiste per il futuro.
Continuiamo, inoltre, a pensare che la scelta giusta sia quella fatta sino a ora, di farne un luogo aperto alla partecipazione di tutte le compagne, anche se non elette nell’organismo, con il solo limite posto dalla possibilità di reperire le risorse da parte delle strutture di appartenenza.
Crediamo di aver motivato con questo intervento le ragioni di questa scelta, che – volendo riassumere in breve – chiameremo la perdurante necessità di uno spazio autonomo di pensiero e di elaborazione politica delle donne della Fisac.
Ovviamente, ascolteremo con grande attenzione il vostro pensiero su questo tema, perché abbiamo l’obiettivo ambizioso di lavorare perché questo sia e resti sempre un luogo in cui tutte noi possiamo riconoscerci. Sempre.