Banca Reale: la nebbia della guerra

Cosa sta succedendo nel cuore della vecchia Europa? Cosa c’è in ballo nella crisi Ucraina?
Da una parte ci sono le aspirazioni di Kiev che, affrancatasi dall’orbita russa con una sanguinosa rivolta nel 2014, oggi vorrebbe entrare a far parte della UE e soprattutto della NATO.

Tuttavia, se ciò si avverasse, i russi patirebbero una ulteriore espansione ad est dell’Alleanza Atlantica, con tutti i connessi problemi di sicurezza. Dal canto loro, né la UE né la NATO hanno fatto mistero di non avere alcuna intenzione di accogliere l’Ucraina al loro interno, certo a causa dell’instabilità del Paese e anche per la potente fonte di problemi che questo potrebbe portare ad entrambi. Per l’Europa la cosa è seria: attualmente rischia un conflitto armato alle proprie porte, con conseguenze catastrofiche ed inaccettabili nel XXI secolo sul piano umanitario. Dal punto di vista economico ci sarebbero ripercussioni gravissime, a partire dal fatto che la maggior parte del grano utilizzato dall’Italia è ucraino, il 90% del gas è russo, e quasi il 100% degli scambi commerciali che facciamo con la Cina transitano per il territorio controllato da Mosca. Allora di cosa stiamo parlando? Se nessuno vuole un conflitto e nessuno è preparato a combatterlo, perché c’è questa crisi?

Non è semplice rispondere a questa domanda ma alcune cose ce le possiamo dire: nessuno agita più la PACE e la parola GUERRA è tornata ad essere accettabile, uno dei tanti strumenti per offendere la libertà degli altri popoli e un mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Esattamente il contrario di ciò che afferma la nostra Costituzione. La GUERRA è diventata un fatto spaventoso ma tutto sommato normale. E forse non aiuta il fatto che gli USA vorrebbero sostituirsi alla Russia per le forniture del gas, con costi inimmaginabili per noi, visto che verrebbe portato nei nostri porti via mare.

C’è un silenzio assordante da parte dell’ONU, quell’illustre consesso internazionale che le Nazioni Unite vincitrici nel 1945 avevano voluto per proteggere il mondo dai conflitti. Nei gli anni ’90 avevamo assistito ad un forte protagonismo dell’ONU, pure con tutte le difficoltà e le contraddizioni, ma da tempo ormai è silente, marginale.

Allo stesso modo, la Commissione Europea presieduta oggi da Frau Ursula von der Leyen si è dimostrata totalmente inadeguata, incapace di intercettare i bisogni dei suoi cittadini e di dirimere i problemi fra gli Stati che ne fanno parte. Cos’è dunque oggi l’Europa? Una istituzione politicamente debole, inefficace, una Unione Monetaria valida ma certamente non i famigerati Stati Uniti d’Europa di cui i liberali del continente vanno favoleggiando da anni, anche in Italia.

Le cancellerie europee, allo stesso modo, si sono dimostrate incapaci di intervenire: solo pochi mesi fa si parlava di un ruolo trainante di Roma, soprattutto a seguito dell’insediamento di Olaf Scholz al posto di Angela Merkel a Berlino e il “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata” siglato il 26 novembre scorso da Mattarella e Macron al Quirinale. Non si diceva a più voci che Mario Draghi avrebbe preso le redini dell’Europa al posto di Merkel?

Che ne è poi del pensiero critico, del ruolo della stampa, cane da guardia del potere? Perché non leggiamo nessun attacco alla debolezza dei leader, dei partiti, delle istituzioni, della diplomazia internazionale? Questi sono i risultati di una classe dirigente che convince da anni ad andare alle urne appena il 50% degli elettori.

Che ne è dell’Opinione Pubblica, soprattutto? Cosa facciamo noi in questo momento? Ce ne stiamo tutti alla finestra, ad aspettare e guardare impotenti cosa succede, come se non potessimo fare nulla. E invece qualcosa si può fare, a partire dall’affermare in ogni occasione possibile che la guerra fa schifo e non la vogliamo, che essere contro la guerra non vuol dire essere pacifisti tout court o in cerca di pericolosi appeasement.

Ognuno di noi usa diversi social network: fra una foto e l’altra, fra un post e l’altro, non rinunciate a scriverlo, che sia chiaro a tutti, che i giornali ne parlino, che si formi la voce di una pubblica opinione. Noi non vogliamo questa guerra e da un conflitto armato non possono che arrivare lutti, disgrazie, gravissimi danni per le popolazioni civili e per tutto il continente.

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