da Repubblica – di Maurizio Bologni. da Repubblica – di Maurizio Bologni. Ciao ciao, addio al sogno di fare di Fidi Toscana una piccola Iri in house della Regione, un motore di sviluppo delle imprese che oltre a garantire credito e concedere micro prestiti faccia private equity entrando nel capitale di aziende promettenti, emissione di mini bond, altra finanza innovativa.
Il progetto di portare in house la finanziaria regionale, ovvero sotto il controllo totalitario della Regione, sarebbe uno dei capitoli di spesa da sacrificare sull’altare della necessità di colmare il disavanzo di bilancio da 170 milioni che la Toscana ha accumulato nel 2021, a causa delle spese sanitarie straordinarie determinate dall’emergenza Covid. Perché fare di Fidi una piccola Iri in hose costa troppo per le casse della Regione: per realizzare il progetto, cominciando con il riscatto delle quote di minoranza di Fidi Toscana dai soci – ovvero le banche con in testa Mps che vogliono uscire – alla Regione servirebbero tra i 10 e i 15 milioni di euro. Altri soldi sarebbero poi necessari per strutturare la ripartenza, far fronte a bilanci ancora incerti. Troppe risorse. E allora si cambia rotta. Ma per andare dove non è chiaro.
Al dossier lavora ormai da tempo il consulente bolognese Prometeia. Sul tappetto starebbero prendendo quota due ipotesi meno ambiziose. La prima è la privatizzazione di Fidi Toscana, che significherebbe traferire il pacchetto di controllo della società ad un soggetto finanziario da intercettare sul mercato, cosa difficile: non c’è la fila dei pretendenti. La seconda è quella di fondere Fidi Toscana in Sviluppo Toscana, altra società della Regione, che si occupa di rendicontazione degli stanziamenti comunitari, un’attività che con il Pnrr dovrebbe crescere.
Nel recente passato, per alleggerite i costi della società, 15 addetti di Fidi, che attualmente occupa 55 persone, erano migrati a Sviluppo Toscana, che ha in pancia 75 addetti più altri a termine. Un unico soggetto societario, dunque. E ciao ciao a sogni di trasformazione in una piccola Iri in house di Fidi Toscana, che ha 110 milioni di patrimonio ma fa fatica a chiudere bilanci in pari: per il 2021 ci riuscirà grazie a partite straordinaria, ma fisiologicamente è destinata a perdere 2-3 milioni all’anno.
Quale futuro, dunque, per la finanziaria regionale? La strada che sarà imboccata non è chiara. Si attende il piano industriale. E preoccupa un certo clima di smobilitazione. Lunedì il direttore generale della società, Italo Romano, giunto a fine mandato, ha fatto la tradizionale telefonata di commiato ai suoi interlocutori, che non se l’aspettavano, e ha lasciato ad interim il ruolo a Carmen Vitalone, arrivata nel dicembre 2020 in Fidi come quadro. È una situazione di stallo che spaventa il sindacato. « L’indeterminatezza sulle prospettive future e sulla missione di Fidi crea incertezze tra i lavoratori che il decisore politico deve fugare al più presto – dice in proposito Daniele Quriconi, segretario generale in Toscana della Fisac, la divisione bancari della Cgil – Dall’insediamento della nuova giunta regionale il confronto ( in verità arenatosi) ci ha messo di fronte a scenari sempre diversi.
È ora di assumere un orientamento che mi permetto di dire dovrebbe riguardare anche altre società partecipate a partire da Sviluppo Toscana a loro volta con governance in “prorogatio” da tempo».
I primi ad essere preoccupati sono i lavoratori della società. « Ma cosa succede in Fidi Toscana? – si domandano i loro rappresentanti interni di Fisac-Cgil e Unisin – La confusione regna sovrana. Durante tutta la campagna elettorale e durante i primi mesi della legislatura il presidente della giunta regionale e l’assessore alle attività produttive hanno prospettato varie ipotesi con al centro l’idea che Fidi dovesse essere il perno del rilancio e della gestione dei fondi finalizzati alla ripresa, affiancando efficacemente imprese e lavoratori in un quadro di valorizzazione delle grandi competenze professionali presenti in azienda.
Sulle differenti ipotesi tecniche funzionali al rilancio non sembra sia stata raggiunta una ipotesi conclusiva, mentre l’uscita di scena del direttore generale e di alcuni stretti collaboratori lascia di fatto l’azienda senza governance e i lavoratori senza interlocutori. Siamo consapevoli che stiamo vivendo un periodo del tutto eccezionale, con la pandemia ancora in corso, che ha stravolto l’economia e reso ancor più complessa la gestione dei bilanci della stessa Regione, ma riteniamo sia arrivato il momento di dare risposte. Non c’è più tempo da perdere! Questa situazione non è più tollerabile, anche perché con il passare del tempo la situazione non potrà che aggravarsi».