“Giocare è un diritto di tutti, senza distinzione di razza, religione, provenienza e sesso”.
Questo dovrebbe essere un principio costituzionale garantito, un obbligo morale verso tutte le bambine e i bambini che nel gioco devono scoprire, immaginare, realizzare e sognare. Invece, nonostante ci siano donne che vanno sulla luna, scienziate che fanno scoperte, attiviste che lottano, esploratrici polari, bioinformatiche visionarie, il mondo del gioco è ancora arretrato, obsoleto, bigotto, sessista.
La maggior parte delle aziende produttrici di giocattoli e le campagne pubblicitarie con le loro strategie di marketing non vendono solo giocattoli, ma incoraggiano in modo passivo la ripetizione di ruoli sociali preconfezionati e stereotipati. Il mondo bimbe è pink, il mondo bimbi è blue; il gioco femmina è la bambola, il ferro da stiro, le collanine, i trucchi, mentre il gioco maschio è il robot, la macchinina, il videogame, la pistola; le bambine devono essere carine, affabili, amorevoli e i bambini forti, coraggiosi, decisi. Questo il modello socioeducativo che tristemente si ripropone nei microcosmi familiari e scolastici, vale a dire le agenzie educative per eccellenza nella formazione dei futuri cittadini del mondo. Esse spesso penalizzano con un’educazione sessista, piuttosto che educare alla parità di genere.
Questo apartheid forzato ghettizza e ingabbia il potenziale di opportunità e creatività che è in ognuno, preclude l’accesso ad altri immaginari. Oltretutto forzando le distinzioni nel gioco si commette un falso storico, se si considerano i ruoli sociali e lavorativi delle donne conquistati nel tempo.
“Genderizzare” è sempre, e soprattutto, una questione di educazione e aspettativa culturale, per cui si ha il dovere di agire sul fattore culturale allargando il più possibile gli stimoli e veicolando verso i sempre più comuni giocattoli gender-neutral.
Il gioco trasmette messaggi ed è doveroso che il messaggio sia sano ed onesto. Giocare vuol dire anche potersi esprimere su un territorio differente. E questo può succedere solo se si è liberi di giocare come si desidera, senza quell’indottrinamento penetrante così abituale da far sentire smarriti e alieni se si hanno gusti ludici lontani dai canoni imposti.
Seppur lentamente e a gran fatica qualcosa però si muove. Diverse associazioni in Italia, sull’esempio di quelle europee, hanno portato avanti campagne contro quei giocattoli considerati sessisti. L’associazione “ComunicAttive”, ha ideato un opuscolo per spingere i genitori a riflettere su come i giochi e i giocattoli contribuiscano a condizionare l’identità di genere; “NarrAzioni Differenti”, un blog collettivo, che sulla scia del collettivo cileno “Medusa” propone di attaccare adesivi sui giocattoli considerati sessisti, per aiutare chi compra a capire bene cosa sta acquistando; ancora il progetto “Cuntala”, cioè “raccontala”, che realizza giochi cooperativi e creativi per inventare storie divertenti insegnando in modo semplice il multiculturalismo e le pari opportunità.
Ma il traguardo è ancora lontano. La scuola italiana, purtroppo, continua a tramandare modelli di mascolinità e femminilità rigidi e anacronistici e perciò ci si scontra contro un muro scardinato ma non ancora abbattuto, quello sessista e maschilista.
Il “processo di addestramento” al ruolo maschile e femminile, così definito da Elena Gianini Belotti (scrittrice e pedagogista), produce i suoi effetti già dall’ingresso alla scuola dell’infanzia, poiché le bambine e i bambini di tre/quattro anni si sono ormai già identificati nei ruoli forniti dall’esempio familiare, dai giochi e dalla TV. E nel 2020 è un dato di fatto che le bambine e i bambini della primaria sono costretti a rapportarsi con una cultura scolastica discriminante proprio quando si aprono ai saperi e alla lettura.
Il microcosmo delle fiabe, della letteratura per l’infanzia e dei libri di testo influenzano lo sviluppo dell’identità, infatti le fiabe della tradizione propongono donne miti, figlie servizievoli, madri affettuose, casalinghe e principesse felici, oppure malvagie e streghe; da contraltare le figure maschili sono attive, coraggiose e indipendenti, valorosi cavalieri, dotti scienziati e padri severi.
Anche qui, per fortuna, bisogna constatare che negli ultimi anni in Italia si assiste ad un notevole rinnovamento dell’immaginario di genere veicolato dai libri per bambini. Basti pensare alle case editrici come la Settenove, Lo Stampatello e collane come la Sottosopra, orientate all’interscambiabilità dei ruoli maschili e femminili. Inoltre, anche dal punto di vista istituzionale, la Legge 107/2015 prevede “l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori” contro femminicidio, omofobia, transfobia.
La scuola e la famiglia sono e devono essere luogo di promozione di uguaglianza sociale.
Gardner parlava di “intelligenze multiple”, bisogna dunque orientarsi verso una formazione e verso prodotti che stimolino l’intelligenza musicale, altri che sollecitino la capacità cinetica e motoria, altri ancora l’intelligenza matematica o quella manuale e creativa indistintamente dal sesso, altrimenti si rischia di emulare atteggiamenti deviati e atavicamente impressi nel senso comune come una sorta di riflesso condizionato.