Pubblichiamo il N.2 della nostra rubrica con un articolo di Anna Maria Romano.
Buona lettura.
MENOPAUSE POWER
La menopausa, fase naturale della vita di ogni donna, è ancora un tabù sia sul piano culturale che, peggio, professionale e rischia di essere una nuova causa di discriminazione per le lavoratrici, con il rischio che un pezzo di vita delle donne venga trascurato, nascosto e, talvolta, perfino rinnegato.
Mentre parliamo con meno timidezza del ciclo mestruale, che inaugura la fase giovanile della nostra vita, da donne adulte spesso sorvoliamo sui numerosi fastidi della cosiddetta mezza età, contribuendo inconsapevolmente a farla passare come un periodo difficile tra tanti, rinchiuso nella stretta sfera personale.
La menopausa è un fenomeno naturale, arriva per tutte, ma dà segnali di disagio a volte molto forti, che spesso non si raccontano, lasciando spazio a preconcetti e tabù che inducono le donne a sopportare molti disturbi correlati con il calo degli ormoni, pur di non affrontare il tema pubblicamente.
Secondo i dati Censis, dieci milioni di italiane sono in menopausa, incluse le oltre 16.000 donne fra i 45 e i 55 anni in ‘peri-menopausa’, l’inizio del processo. Solo il 13% del totale non accusa fastidi, mentre, per tutte le altre, vampate, sudorazioni, insonnia, peso in aumento, sbalzi di pressione sono sgraditi sintomi. A ciò si può aggiungere il calo del desiderio sessuale, la secchezza vaginale, così come vertigini e difficoltà di concentrazione.
E tutto succede mentre si è ancora nel pieno della vita professionale, magari nella fase apicale. Ci si destreggia tra le pressioni lavorative e le esigenze familiari, alla ricerca di quell’equilibrismo conciliativo che non abbiamo bisogno di approfondire qui con le sue conseguenze ben note.
È un tema che riguarda i diritti delle lavoratrici a non subire discriminazioni, ricacciate nel privato di fronte ad un problema che è, invece, collettivo.
Ancora una volta, lo sguardo internazionale ci aiuta a definire meglio la questione in termini politicosindacali.
Dal Times leggiamo che i datori di lavoro inglesi sono stati sollecitati ad aggiornare le loro policy per sostenere le donne in menopausa. Secondo il Times, negli ultimi quattro anni le cause di lavoro che fanno riferimento alla menopausa sono aumentate di quasi il doppio, e ciò perché le donne si sentono discriminate sul lavoro, a causa dei sintomi della menopausa. Nei primi sei mesi del 2021 la menopausa è stata citata in ben 116 cause presso i tribunali del lavoro inglesi, mentre erano stati soltanto 5 i casi giudiziari che vi avevano fatto riferimento negli ultimi nove mesi del 2018.
Di sicuro la menopausa è un’esperienza fisicamente spiacevole, con gradazioni molto diverse, per ogni donna, talvolta percepite come motivo d’imbarazzo. Questo può avere un impatto sia sulle prestazioni lavorative sia sull’atteggiamento nei confronti del lavoro da parte delle donne che si trovano in questa fase o, peggio ancora, dei datori di lavoro e dei colleghi.
Dalle cause arrivate sui banchi della giustizia inglese si evince che ci sono addirittura casi in cui diventa la motivazione principale che costringe le donne a lasciare il posto di lavoro.
Un’altra volta? La discriminazione di genere parte con la capacità di concepire (biologicamente o meno) e si perpetua, accentuandosi nuovamente, alla fine dell’età fertile.
Restiamo sull’analisi riportata dal Times. Nella quasi totalità delle vicende arrivate in tribunale in UK, la donna afferma che il suo capo l’avrebbe umiliata di fronte a colleghi e clienti. Nei casi più estremi si arriva al licenziamento causato dallo sviluppo di depressione e ansia, quali effetti collaterali. In una vicenda conclusa dai giudici inglesi a favore della ricorrente, il risarcimento per la lavoratrice è stato quantificato in 28.000 sterline.
Da uno studio condotto in Gran Bretagna si apprende che, dei cinque milioni di donne lavoratrici di età compresa tra 40 e 55 anni, l’80% manifesta una menopausa sintomatica durante il lavoro.
Uno studio del 2020 citato dal giornale statunitense Washington Post ha mostrato che più problemi hanno le donne con la menopausa più le loro prestazioni lavorative ne risentono.
Le donne riferiscono abitualmente più stress sul lavoro rispetto agli uomini, non solo a causa di una maggiore difficoltà nel coniugare l’attività lavorativa e la vita privata, ma anche per quanto riguarda le interazioni con clienti e colleghi.
Sempre il Washington Post ha riportato studi che riferiscono che la valutazione delle competenze sul posto di lavoro per le donne non finisce mai e che le conseguenze della menopausa influiscono negativamente sulla valutazione stessa (anche perché, troppo spesso, chi valuta è un uomo), mentre per gli uomini queste competenze sono più frequentemente date per assodate.
A ciò si aggiunge la discriminazione in relazione all’età, a cui la menopausa è strettamente legata. Uno studio sulle pratiche di assunzione, realizzato dalla no profit statunitense National Bureau of Economic Research del 2017, ha rilevato che le donne più anziane hanno maggiori probabilità di subire discriminazioni nel processo di assunzione rispetto ai loro coetanei maschi e che i segni dell’età più visibili dal punto di vista fisico potrebbero esserne la causa. Si legge nel report della ricerca che “I dati raccolti evidenziano che l’aspetto fisico è più importante per le donne e che l’età influisce sul modo in cui una persona è percepita più per le donne che per gli uomini”.
Le donne in età menopausale ora rappresentano da sole l’11% della forza lavoro del G7 e il numero di persone interessate aumenterà a livello globale, con l’invecchiamento della popolazione e con l’allungamento dell’età lavorativa.
La menopausa diventa un problema a causa del mancato supporto da parte del contesto lavorativo.
Parlarne è fondamentale, perché, come sappiamo bene, ciò che non si nomina non esiste e si ricaccia nella sfera individuale un tema che, invece, è collettivo e legato alla salute e al benessere delle lavoratrici.
Un semplice esempio: l’effetto delle divise oppure dell’areazione dei luoghi di lavoro possono essere fonte di un aggravio dei sintomi. Questa è materia di benessere lavorativo e non un problema della singola lavoratrice.
Sebbene Paesi come, per esempio, Gran Bretagna e Stati Uniti abbiano intrapreso iniziative per cambiare le cose – per citarne alcune, la flessibilità di programmazione per le lavoratrici e i gruppi di supporto sponsorizzati dall’azienda – ancora in troppi luoghi di lavoro l’argomento è tabù e, d’altro canto, la discriminazione in base all’età rimane estremamente difficile da dimostrare.
La menopausa è un problema chiave sul posto di lavoro. È una questione di uguaglianza, oltre che di salute e sicurezza e avrà un impatto su tutte le donne ad un certo punto della loro vita. Questo è il motivo per cui i sindacati anglosassoni hanno indirizzato e continuano a guidare le richieste di politiche sul posto di lavoro a sostegno delle donne che attraversano la menopausa, per aumentare la consapevolezza che la menopausa è un tema di organizzazione del lavoro.
È interessante leggere come veri e propri movimenti di opinione stiano nascendo in diversi paesi occidentali in nome del menopause power.
Per ciò che riguarda noi, donne del sindacato, dobbiamo scardinare anche qui i numerosi luoghi comuni sul tema anche raccontando i sintomi, le difficoltà perché ciò ci aiuterà a trovare anche nuove soluzioni.
In un mondo che commercializza elisir di eterna giovinezza, in cui gli stereotipi ci impongono di essere sempre sessualmente appetibili secondo canoni preconcetti, per rendere il nostro corpo sempre di più merce, noi combattiamo, affrontando, con serenità e insieme, i sintomi del passare degli anni, caldane incluse.
Quindi, buona menopausa a tutte noi.
Le pari opportunità passano anche da qui.
A cura di Anna Maria Romano