OIL: nuovi preoccupanti dati sulla disoccupazione giovanile

La disoccupazione giovanile continua ad aumentare e raggiungerà il tasso del 12,8% entro il 2018 a livello globale, prospettando uno scenario con rischi di strutturale esclusione dal mercato del lavoro, una proliferazione di posti temporanei e un aumento di giovani scoraggiati nelle economie avanzate, mentre nei paesi in via di sviluppo predominano posti di lavoro di bassa qualità, informali e al limite della sussistenza: questo il quadro delineato dal nuovo Rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sulle tendenze globali dell’occupazione giovanile (ILO’s Global Employment Trends for Youth 2013).

Il rapporto evidenzia delle differenze su base regionale. Il tasso più elevato di disoccupazione giovanile nel 2012 è stato registrato in Medio Oriente, dove il 28,3 per cento di giovani è senza lavoro, ovvero oltre un giovane economicamente attivo su quattro. In base alle nuove proiezioni, questo dato dovrebbe arrivare al 30% nel 2018.

Anche nel Nord Africa si registra un tasso di disoccupazione particolarmente alto nel 2012, con il 23,7 %.

Le giovani donne, in entrambe le regioni summenzionate, sono le più duramente colpite. In Medio Oriente è senza lavoro il 42,6% delle giovani mentre in Nord Africa il 37%.

A livello globale, il tasso più basso si trova nell’Asia dell’Est (9,5%), e del Sud (9,3%).

Nelle economie avanzate, nel 2012 il tasso di disoccupazione giovanile raggiungeva il 18,1% per cento. Per gli autori dello studio, è probabile che questo dato resterà al di sopra del 17% fino al 2015 e non è previsto un calo prima del 2016. In Grecia e Spagna, più della metà dei giovani economicamente attivi è disoccupata.

Molti giovani hanno abbandonato completamente la ricerca di un lavoro. Il rapporto segnala che se questi fossero conteggiati nelle statistiche sulla disoccupazione, nel 2012 il numero dei giovani ufficialmente disoccupati nelle economie avanzate raggiungerebbe i 13 milioni, rispetto ai 10,7 milioni degli attuali dati ufficiali.

Nelle economie avanzate, il numero dei NEET — coloro che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione — sta crescendo e si colloca in un rapporto di uno a sei, con conseguenti rischi di esclusione dal mercato del lavoro e dalla società.

Coloro che trovano un’occupazione sono costretti ad accettare il lavoro che viene loro offerto, sia esso un lavoro part-time o un contratto temporaneo. Anche la percentuale di giovani che rimangono senza lavoro per almeno 6 mesi sta aumentando. Nei Paesi OCSE, più di un terzo dei giovani disoccupati erano classificati nel 2011 come «disoccupati di lunga durata», contro un quarto dei disoccupati del 2008.

Questo aspetto è particolarmente preoccupante secondo Salazar-Xirinachs, Direttore generale aggiunto del dipartimento delle politiche sull’occupazione dell’OIL: «Le conseguenze sul lungo termine di una disoccupazione costantemente elevata tra i giovani includono la perdita di una esperienza lavorativa preziosa e l’erosione delle competenze professionali. Inoltre, per un giovane, conoscere la disoccupazione all’inizio della propria carriera può avere conseguenze negative sul salario e minare le sue prospettive di impiego e di reddito anche nei decenni successivi».

Il Rapporto formula delle raccomandazioni, sollecitando i Governi a prendere misure immediate e mirate per affrontare la crisi dell’occupazione giovanile, e chiedendo alle parti sociali azioni concertate. In particolare raccomanda di:

favorire una crescita ricca di occupazione e creare posti di lavoro dignitoso attraverso politiche macroeconomiche, occupabilità, politiche del mercato del lavoro, diritti dei giovani e imprenditorialità giovanile per affrontare le conseguenze sociali della crisi e garantire, al tempo stesso, la sostenibilità finanziaria e fiscale;

promuovere misure destinate ai giovani in difficoltà nelle economie avanzate che registrano un elevato numero di giovani disoccupati. Esse comprendono l’istruzione, la formazione, accompagnamento al lavoro e incentivi all’assunzione per i datori di lavoro;

definire strategie e programmi integrati per l’occupazione e i mezzi di sussistenza nei paesi in via di sviluppo, tra cui corsi di alfabetizzazione, formazione professionale e sviluppo dell’imprenditorialità e sostegno alle imprese.

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