Confessioni di un bancario
Sei verità scomode su come vengono gestiti i piccoli risparmiatori
Io lavoro per un grande gruppo bancario italiano e faccio il gestore. In parole semplici sono uno di quelli che vi trovate dietro la scrivania quando volete aprire un conto corrente, quando chiedete un prestito o un mutuo e soprattutto quando volete investire i vostri risparmi. Da quando è scoppiato lo scandalo del decreto “salva banche” nelle filiali è un continuo via vai di clienti che vogliono essere rassicurati rispetto ai propri investimenti. Sono giorni che sento i colleghi ripetere sempre la stessa storiella, che poi è quella ripetuta dai giornali, ovvero che il problema è circoscritto, che i nostri clienti non corrono nessun rischio e che alla fine coloro che hanno perso i propri risparmi li hanno persi o perché sono degli ingenui e hanno firmato senza leggere oppure perché sono stati avidi e hanno sottoscritto prodotti rischiosi per ottenere mirabolanti rendimenti.
- Le vittime dei piani di “salvataggio” sono per lo più piccoli risparmiatori. La maggior parte di questi sono pensionati con depositi fino a 100.000 euro.
- I soldi dei risparmiatori non erano stati investiti in prodotti altamente speculativi come i derivati, ma in semplici obbligazioni subordinate, ovvero obbligazioni che danno un rendimento leggermente ai “normali” bond ma che in caso di default dell’emittente mettono chi li detiene in fondo alla lista dei creditori. Per chi non è del mestiere l’aggettivo “subordinato” vuol dire poco e niente e se in banca non te lo spiegano correttamente sei convinto di comprare un titolo obbligazionario tradizionale.
- Non è vero che i prodotti venduti dalle altre banche, in particolare le grandi, sono privi di rischi. In questi anni gli istituti di credito hanno convinto, o meglio costretto, i clienti a dirottare i propri risparmi dall’amministrato al gestito. In pratica se prima la stragrande maggioranza dei piccoli risparmiatori aveva in portafoglio obbligazioni che garantivano a scadenza il capitale investito e rendimenti solitamente predeterminati (sistema “amministrato”), ora invece hanno quote di fondi che per definizione non danno nessuna garanzia (sistema “gestito”). Il risparmio è stato dirottato dall’amministrato al gestito perché quest’ultimo garantisce profitti più alti alle banche, anche se comporta rischi molto maggiori per i clienti.
- Negli istituti di credito la vendita alla clientela di prodotti non adeguati non è un fatto sporadico. In quasi 10 anni di attività raramente ho visto un cliente leggere un contratto, un prospetto o una scheda prodotto prima di sottoscrivere un investimento. In questi anni i provvedimenti adottati in tema di trasparenza hanno solo aumentato a dismisura le “carte” da siglare rendendo ancor più difficile per il cliente leggerle prima di firmare. Parliamo per intenderci di contratti di 50 e più pagine redatte in un linguaggio per addetti ai lavori. Tenete poi presente che le operazioni di investimento si chiudono mediamente in poche decine di minuti, raramente si va oltre la mezzora.
- Chi entra in banca per fare un investimento trova sopra le scrivanie la scritta “Consulenza”. Quelli che stanno dall’altra parte del tavolo però non sono consulenti indipendenti ma personale pagato per vendere quei prodotti che la banca gli ordina di vendere. Quando si va a comprare una qualsiasi cosa si è pienamente coscienti che il negoziante ha tutto l’interesse a vendere la sua mercanzia a prescindere dalla qualità e dalla convenienza della merce, ma per un inspiegabile timore reverenziale in banca non è così.
- Nonostante tutto questo non immaginatevi i bancari come persone senza scrupoli. La realtà del lavoro in banca è molto diversa da quello che ci si immagina: gli impiegati più giovani hanno retribuzioni sostanzialmente identiche ai loro coetanei del settore privato, ma sopratutto secondo numerosi studi i lavoratori del credito sono tra i più stressati. Siamo sottoposti a pressioni commerciali, tanto che molti soffrono di attacchi di panico e anche i giorni di malattia spesso sono dovuti a una qualche forma di “esaurimento”. Ormai tutta l’organizzazione interna alle banche è finalizzata al commerciale. Gli stessi direttori di filiale non decidono quasi più nulla. Se non sei in trend sulla settimana, sul mese, sull’anno nel report sul raggiungimento degli obiettivi son dolori. Invece di rafforzare gli organici operativi (da sempre caratterizzati da carenze) le banche preferiscono aumentare le figure dedicate al monitoraggio delle vendite. Si è creato così un piccolo esercito di quadri direttivi impegnati a pungolare chi non contribuisce adeguatamente ad aumentare la redditività dell’azienda. Mentre per i normali dipendenti ormai i premi sono una chimera, a questi moderni capetti, in caso di raggiungimento degli obiettivi, garantiscono incentivi che possono arrivare anche a diverse decine di migliaia di euro. Con queste prospettive di guadagno e solo una cinquantina di persone da controllare immaginate che tipo di pressioni possono esercitare su chi è poi effettivamente a contatto con la clientela. E’ proprio per sfuggire alle pressioni, ai cazziatoni e alle umiliazioni che i bancari vendono ai clienti prodotti non adeguati.
Fonte: www.clashcityworkers.org