Ha fatto molto discutere, suscitando non poche polemiche, la motivazione con la quale un PM (che peraltro si è sottolineato essere una donna) della Procura di Benevento ha chiesto l’archiviazione della denuncia di una moglie per violenza da parte del marito,inserendo tra le motivazioni la considerazione che a volte l’uomo deve «vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito tenta un approccio sessuale».
I presunti atti violenti denunciati dalla donna sarebbero definiti «fatti carnali che devono essere ridimensionati nella loro portata», anche perché commessi «in una fase del rapporto coniugale in cui» lei «ha messo seriamente in discussione la relazione, meditando la separazione».
Immediate sono partite le polemiche, anche perché – così estrapolate – queste affermazioni sembrano rimandare la nostra società indietro di oltre cinquanta anni, quando in una sentenza del 1967 la Suprema Corte scriveva che «non può raffigurarsi violenza in quella necessaria a vincere la naturale ritrosia femminile»; quando le violenze sessuali subite dalle mogli erano solo un affare di famiglia;quando era sostenuto un primato dell’uomo, come capo-famiglia, rispetto alla donna, con un presunto “obbligo coniugale”, minimizzando la gravità dei fatti di violenza familiare.
Senza voler entrare nel merito della controversia giudiziale, né della decisione del magistrato, che andrebbe necessariamente letta nella sua interezza e calata nel contesto processuale, non si può che stigmatizzare il messaggio che si è cercato di far passare, estrapolando queste singole frasi dal contesto, con un risultano improponibile ed inaccettabile.
E’ proprio questo il rischio della comunicazione veloce e scandalistica: quello di far passare messaggi pericolosi e inappropriati, per il solo scopo propagandistico e di impatto mediatico.
Al di là dell’esito che avrà la specifica vicenda giudiziaria, è necessario evidenziare e rivendicare le conquiste ottenute dalle donne nella difesa dei propri diritti di autodeterminazione, anche in materia sessuale, senza nascondersi che è ancora molta la strada da percorrere, come ci ricordano, purtroppo, quasi quotidianamente, le continue notizie di cronaca in merito a femminicidi e violenze di genere, che impongono di tenere sempre alta la soglia dell’attenzione sulla questione femminile. Ribadiamo con forza che occorre denunciare qualsiasi atto di tolleranza verso comportamenti di sopraffazione contro le donne.
Torniamo inoltre ad affermare con forza che bisogna partire dalla formazione: non solo dei magistrati, ma di tutti coloro che entrano a contatto con le vittime.
Un altro pilastro deve essere l’istruzione, partendo sin dagli asili nido a fare prevenzione, per
formare al meglio gli uomini di domani.
Ancora, è necessario agire sugli uomini maltrattanti, per prevenire violenze e recidive.
Occorre, insomma, un intervento culturale e formativo a 360 gradi, prima ancora che un cambiamento giudiziario: non mancano, infatti, leggi valide, ma il problema è – e resta – la loro effettiva applicazione.
La violenza sulle donne, che approda nelle aule giudiziarie, è già una sconfitta per tutti.
Esecutivo Donne Fisac Cgil Campania